Omicidio dell'avvocato Ciriaco: la Pg chiede la conferma delle condanne per i presunti killer

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L'avvocato Torquato Ciriaco nel riquadro
  11 novembre 2024 16:41

di STEFANIA PAPALEO

Trent'anni di reclusione per i fratelli Vincenzino e Giuseppe Fruci e 7 anni e 4 mesi di reclusione per il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi. Non fa sconti il sostituto procuratore generale Salvatore Di Maio al nuovo processo in Corte d’Assise d'Appello a carico dei presunti killer dell'avvocato Torquato Ciriaco, freddato il 1° marzo 2002 in un agguato nei pressi dello svincolo dei Due Mari.

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Conclusa la requisitoria rimasta a metà a causa dell'allontanamento improvviso di un giudice popolare dall'aula durante una pausa all'udienza scorsa (LEGGI QUI), oggi il magistrato ha tirato le somme, partendo da una richiesta di condanna all'ergastolo rideterminata a 30 anni per i Fruci, tenendo conto del rito abbreviato scelto fin dall'inizio dagli imputati, per poi procedere con la richiesta per Michienzi, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e dell'attenuante speciale legata alla collaborazione con la giustizia. La parola adesso passerà ai rispettivi difensori, gli avvocati Anselmo Torchia e Giuseppe SpinelliSergio Rotundo e Luca Cianferoni, e Maria Claudia Conidi per le arringhe finali previste per il 20 gennaio e di cui terrà conto la Corte, presieduta da Antonio Battaglia, nel momento di emettere la sentenza definitiva in questa drammatica annosa vicenda giudiziaria.

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Era il primo marzo del 2022 quando, giunto al bivio di Maida alla guida del suo fuoristrada, fu raggiunto da tre colpi di arma da fuoco partiti da una Fiat Punto che venne poi trovata carbonizzata. Da lì anni di indagini intrise di dubbi e interrogativi fino a quando nel 2014, grazie alle dichiarazioni del pentito Michienzi, fu ricostruito l’agguato messo a segno con i fratelli Fruci, per impedire che Ciriaco acquisisse un’impresa edile destinata ad altri.

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Concorso in omicidio volontario, aggravato dall’art. 7 legge 203/91, l'accusa con la quale furono arrestati  gli imputati per l'agguato eccellente che scosse il foro e che, tuttavia, in primo grado fu annientata per mano del gup distrettuale che, a settembre del 2017, ha assolto tutti gli imputati, con un sentenza emessa con il rito abbreviato e tempestivamente impugnata dal sostituto procuratore generale Luigi Maffia che, al primo processo in Corte d'assise d'appello, chiese l'ergastolo. E fu in quella sede che i giudici di secondo grado ribaltarono la sentenza impugnata, procedendo con le condanne poi annullate dalla Corte di Cassazione con rinvio al nuovo processo ormai in dirittura d'arrivo (LEGGI QUI).

 

 

 

A giugno 2021 (19 anni dopo il delitto “eccellente” ), come si ricorderà, la Corte d’assise d’appello ribaltò il verdetto di primo grado quando i quattro imputati erano stati tutti assolti. In secondo grado, poi, per tre dei quattro imputati, la Corte d’assise d’appello (presidente Gabriella Reillo; a latere Francesca Garofalo) aveva condannato i fratelli Vincenzino e Giuseppe Fruci, di 52 e 45 anni, di Curinga e il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi, di Curinga, e assolto Tommaso Anello, 53 anni, ritenuto il boss di Francavilla Angitola (il pg aveva chiesto l’ergastolo per lui e i fratelli Fruci).

 

I fratelli Fruci in appello erano stati anche condannati a risarcire i familiari di Ciriaco (moglie, figlie e fratelli) che si sono costituiti parte civile con gli avvocati Pietro e Gianfranco Agapito e Eugenio Battaglia.

Omicidio Ciriaco, la testimonianza chiave di Angela Donato

Dopo l’assoluzione di settembre del 2017, il pm Luigi Maffia impugnò la sentenza di primo grado, emessa dal gup al termine del processo celebratosi con il rito abbreviato e al processo d’Appello il pg chiese e ottenne l’audizione anche della teste Angela Donato, madre di Santino Panzarella (scomparso a luglio 2002, 4 mesi dopo il delitto Ciriaco), che fin dal 2005 raccontò di aver visto in un capannone prima dell’omicidio una Fiat Uno bianca, come l’auto utilizzata dai sicari per l’omicidio, sospettando che alla guida dell’auto la sera del delitto ci fosse stato il figlio (Santino Panzarella, scomparso nel 2002) che fu seguito dalla madre dopo il delitto.

Come si ricorderà, l’avvocato Ciriaco fu ucciso 20 anni fa, nella tarda serata dell’1 marzo 2002 in località Calderaio di Maida quando una Fiat Uno bianca (poi ritrovata e risultata rubata a Reggio Calabria, ma anche una Lancia Thema risultata rubata nel 1996 a Vibo ritrovata completamente bruciata in località Cutura di Feroleto Antico era stata utilizzata per l’omicidio) con a bordo almeno due sicari affiancò il fuoristrada condotto dal professionista, trucidato con diversi colpi di fucile a pallettoni.

 

La svolta alle indagini dodici anni dopo il delitto: oltre alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Michienzi, che aveva svelato la pianificazione dell’omicidio a cui lui stesso disse di aver preso parte, l’accusa si era avvalsa poi anche della testimonianza di Angela Donato. Secondo le accuse, sarebbe stato Anello a ordinare l’eliminazione dell’avvocato per l’acquisto di una cava di inerti poiché avrebbe voluto che finisse ad un imprenditore già sottoposto ad estorsione.

Ora la Cassazione ha rimesso tutto in discussione. La difesa è stata sostenuta dagli avvocati Sergio Rotundo e Luca Cianferoni per Giuseppe Fruci e Anselmo Torchia e Giuseppe Spinelli per Vincenzino Fruci.

 

 

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