Operazione Blizzard-Folgore, Curcio: "I tentacoli della cosca Arena sul territorio nazionale"

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images Operazione Blizzard-Folgore, Curcio: "I tentacoli della cosca Arena sul territorio nazionale"

  25 marzo 2025 15:09

di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA

“I tentacoli della cosca Arena di Isola di Capo Rizzuto sul territorio nazionale”.

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A sostenerlo è il procuratore della Repubblica di Catanzaro Salvatore Curcio nel corso della conferenza stampa svolta questa mattina nella sede della Procura del capoluogo di Regione per rendere nota l’operazione Blizzard-Folgore che ha portato all’arresto di 17 persone sull’ordinanza firmata  dal Gip del Tribunale di Catanzaro, sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai reati rispettivamente  di associazione di tipo ‘ndranghetistico e altri reati tra cui estorsione, usura, armi tutti con l’aggravante mafiosa

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“Il locale di Isola di Capo Rizzuto è uno dei più antichi della Calabria. La prima sentenza che riconosce l’esistenza dell’organizzazione criminale di tipo semplice risale al 9 gennaio 1975 quando ancora non esisteva il 416 bis a carico di Francesco Arena e tra gli altri anche di Carmine e Nicola Arena che assurgerà al vertice di tale sodalizio criminale. Questa attività dimostra capillarità su tutto il territorio nazionale e transnazionale della cosca. Un locale sopravvissuto a due guerre di ‘ndrangheta. La prima alla fine degli anni Settanta e la seconda alla fine degli anni Novanta. Nonostante questo, si è rigenerato e trasformato e ha avuto una sua evoluzione. E poi come emerso nell’operazione Ghibli successivamente all’uccisone di Carmine Arena e alla risposta del clan avverso con l’uccisione di Pasquale Nicosia venne stipulata una tregua che regge fino ai giorni nostri. Oggi fanno parte della cosca vecchi appartenenti ai cartelli contrapposti che costituiscono la spina dorsale della cosca di Isola Capo Rizzuto”. 

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Poi osserva: “Un’indagine di Eurispes di vent’anni fa stimava gli introiti della ‘ndrangheta nell’anno 2007 intorno ai 44 miliardi di euro. Il problema vero della ‘ndrangheta non è come continuare a fare soldi ma come investire tutti quelli che ha fatto. Capitali immessi in attività finanziarie anche in altre attività che consentono il riciclaggio dei narcoproventi e l’occultamento anche nei modi tradizionali con la classica buca di latta”.

Vincenzo Capomolla, procuratore della Repubblica di Cosenza: “Questa operazione si pone sulla scia delle precedenti Jonny, Tisifone (famiglia Capicchiano), Golgota, Glicine (in fase di giudizio) sulle cosche del crotonese e sottolinea quanto sono importanti le regole di ndrangheta. È un’organizzazione criminale con proiezioni sul territorio nazionale con interessi di carattere economico finanziario che si realizzano in altri luoghi del territorio nazionale come dimostra la collaborazione con le Procure di Trento e Venezia. Sono emersi interessi su aspetti societari che, con meccanismi sofisticati, consentivano di produrre profitti illeciti e praticavano prezzi estremamente concorrenziali per accaparrarsi appalti sulla base degli illeciti che venivano coordinati dalle carceri grazie ai colloqui con familiari e all’uso illecito dei telefonini”. 

E raggiunge: “Pasquale Manfredi, già detenuto, era in grado di dare direttive operative attraverso canali di comunicazione con l’esterno e ciò dimostra quanto sia importante mantenere l’impermeabilità tra interno ed esterno del carcere”.

Dal canto suo, Sandro Raimondi, Procuratore della Repubblica di Trento i video conferenza: “Un onore lavorare con voi, abbiamo dimostrato una sinergia operativa e abbiamo avuto la possibilità di scoprire gli aspetti finanziari e quindi quello che è il reimpiego dei proventi illeciti della ‘ndrangheta che oggi fa finanza. Crea società inesistenti, false partite Iva, dichiarazioni fraudolente ai fini delle imposte, cessioni dei crediti e reimpiego di profitti che diversamente non sarebbero in grado di impiegare, per rafforzare la compagine territoriale di Isola capo Rizzuto. Abbiamo lavorato insieme ai Ros. L’avevamo già scoperta a Trento e oggi la riscopriamo anche a Bolzano” 

Massimiliano D’Angelantonio colonnello dei Ros: “Rituali legati al Crimine di Polsi, passaggi di dote e quant’altro. Abbiamo trovato un manoscritto importante con le formule rituali databili al 1976. Parrebbe arcaica ma sviluppa tutta la sua forza in iniziative imprenditoriali con complessi meccanismi di frodi perpetrate in maniera sistemica. È emersa una struttura di ‘ndrangheta in Lombardia chiamata Lombardia e di una struttura sovraordinata che mette insieme più organizzazioni mafiose in quel territorio. Milano, Veneto, Trentino c’è una presenza stabile della ‘ndrangheta dove è possibile fare business. 

E ancora: “Una conversazione intercettata rivela l’esistenza di un consorzio che ha messo insieme sul territorio milanese Cosa nostra, Camorra, ‘Ndrangheta e criminalità pugliese. Nasce parecchi anni fa per volontà di alcuni esponenti della ‘ndrangheta reggina come i De Stefano e dimostra come questi soggetti arrestati oggi siano parte di un sistema assai più ampio. L’operazione è stata denominata Folgore per una nostra scelta perché era il nome di battaglia del colonnello Gabriele Mambor appartenente al Ros. Questa indagine l’abbiamo iniziata con lui e gliel’abbiamo dedicata. Mentre Blizzard è il vento del nord”.

Nicola Fasciano, capitano dei carabinieri: “Grande presenza di armi comuni da guerra, occultamento ed uso finalizzato all’esercitazione, reati di usura verso imprenditori in grandi difficoltà finanziarie che si rivolgono a questi soggetti. Possesso e utilizzo di dispositivi telefonici nelle carceri. E poi, un’estorsione che si determina ad un imprenditore creditore di un altro imprenditore che ottiene un pignoramento di un cespite. Fino ai qui tutto legale. Poi, subentra l’interesse di un associato e le dinamiche cambiano. Si passa a meri rapporti di forza e di fronte all’imprenditore recalcitrante si schiera tutta la ‘ndrangheta crotonese fino all’ultimo livello che mette la parola fine con l’intervento di quello che era considerato il capo crimine di Crotone”.

Raffale Giovinazzo comandante dei carabinieri di Crotone: “Attività complessa che ha toccato più procure e si è sviluppata in un’area sensibile di Isola Capo Rizzuto. Il comando di Crotone ha lavorato in piena sinergia. La provincia criminale di Crotone è pienamente operativa e ha disponibilità di armi e può colpite ad alti livelli. Isola capo Rizzuto sebbene si regga su una pace è in realtà una pentola a pressione”. 
 
Sono intervenuti anche Antonio Forte, colonnello provinciale di Bolzano, Nicola Darida, tenente colonnello dei carabinieri, Alexander Platzgummer, tenente colonnello dei carabinieri e Cosimo Mancini capo centro Dia di Padova  

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