Operazione Scott-Rinascita, "La cosca aveva saputo che lui era gay": ecco perché Filippo Gancitano viene fatto uccidere

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Il procuratore Nicola Gratteri (la conferenza stampa Operazione Scott-Rinascita )
  19 dicembre 2019 20:01

di TERESA ALOI

Ci sono delle regole della malavita che diventano legge. La loro legge.

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Non tollerare di avere un associato gay,  è una di queste. Un capitolo dell’ordinanza scaturita nell’operazione Scott-Rinascita, è dedicata all’omicidio e all’occultamento del cadavere di Filippo Gancitano.

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E’ il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, cugino di Gancitano,  ad  auto accusarsi  dell'omicidio  di  quest’ultimo,  reo di essere  omosessuale e di essere andato a convivere, a casa del padre con il compagno. E’ lui a raccontare i dettagli, le fasi prodromiche del delitto, le modalità con cui lo stesso è avvenuto, “anche attraverso – ricostruiscono gli inquirenti nell’ordinanza - il coinvolgimento inconsapevole dei fratelli costretti a occultare il cadavere della povera vittima”.

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Dichiarazioni, quelle di  Mantella  più volte oggetto di un giudizio di credibilità soggettiva. "Ed infatti - si legge nelle carte -  pur considerandosi le dichiarazioni riportate, dettagliate, precise, logiche, rese da un collaboratore sul quale più volte - e anche in diversi processi - è stato espresso un giudizio di credibilità soggettiva, dichiarazioni alla stregua della quali è emersa la responsabilità del Mantella, nei cui confronti si deve riconoscere il coinvolgimento nel delitto ,  con riferimento agli altri indagati mancano, ai fini di ritenere raggiunta la soglia della gravita indiziaria, i riscontri esterni individualizzanti, alle pur puntuali dichiarazioni del pentito".

  Ed è sempre  secondo le regole della ‘ndrina,  che doveva essere Mantella ad effettuare l’omicidio considerato il legame di sangue con la vittima.  Tuttavia, dal momento in cui viene investito di tale compito   - “mi dissero che non ci sarebbe stato altro rimedio, facendomi capire che doveva essere ammazzato e, poiché era mio cugino, dovevo essere io a farlo” -   sarebbero stati diversi , ma tutti vani, i tentativi di far desistere i boss dalla decisione.

Mantella ricorda  di aver provato a risolvere la situazione facendolo cacciare  ottenendo come risposta “che queste cose "non devono esistere", che "noi dobbiamo dare conto a San Luca" e  - si legge nelle carte - non ci potevamo permettere di avere o di aver avuto un gay nella cosca”.   O ancora, quale tentativo estremo   « chiesi di farlo diventare uomo di merda togliendogli la carica di camorrista”. Nulla.  L’omicidio, secondo la ricostruzione di Mantella venne organizzato  anche con il coinvolgimento inconsapevole  dei fratelli Domenico e Nazzareno Mantella  che poi interromperanno i rapporti con Andrea.

“Il fatto è avvenuto di sabato perché la domenica dovevamo fare il pranzo”. Ricorda Mantella.  Perché, evidentemente,  per la ’ndrangheta la domenica va rispettata.

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