Orlandino Greco (Italia del meridione): "La politica dovrebbe applaudire prima e non dopo"

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  29 ottobre 2023 09:44

"All’assemblea nazionale dell’ANCI tenutasi in Liguria, alla quale ho partecipato unitamente a migliaia di sindaci ed amministratori di tutta Italia, si respira una voglia di cambiamento diffusa ma anche tanta delusione, manifestatasi attraverso le parole di uno strepitoso De Caro, per la poca considerazione delle politiche governative nei confronti dei Comuni. Alla presenza anche del Presidente Mattarella sono stati molti gli accorati appelli rivolti ai vertici dell’ANCI e del Governo, al fine di ripristinare una governance degli Enti Locali che quotidianamente viene minata alle fondamenta, a causa di tagli iniqui e scarsità di risorse che comportano tagli ai servizi per i cittadini e impossibilità di rinnovare e innovare la macchina amministrativa. Un quadro che verrà ulteriormente aggravato, esautorando la funzione dei sindaci, dai tagli previsti nella Legge di Bilancio 2024".

Lo scrive in una nota Orlandino Greco, Italia del meridione.

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"Verrà, infatti, reintrodotta la spending review, con tagli corrispondenti a 350 milioni di euro annui per le Regioni, 200 milioni annui per i Comuni e 50 milioni annui per Province e Città Metropolitane. Insomma, un’assemblea ricca di spunti importanti anche se mi sarei aspettato un cenno sull’eliminazione della Spesa Storica.

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Ma dato che queste, purtroppo, sono ormai vicende annose, vi è un’altra che in particolare mi ha colpito: la presenza, accolta con fragorosi applausi, del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Un ritorno sulla scena politica di uno dei tanti amministratori perbene che è stato costretto per ben due anni a sospendere l’attività di sindaco, salvo poi riprendere il mandato affidatogli dai cittadini in quanto la Cassazione ha annullato la condanna per abuso d’ufficio.

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Ora, non sta a me entrare nel merito della vicenda ma è sempre più evidente ed insopportabile, come giustamente ha sottolineato anche il Presidente dell’ANCI Decaro, quanto i tempi della giustizia, declinati in una legge Severino che andrebbe rivisitata, creino vulnus democratici e disincentivino l’impegno politico dei più, unitamente ai processi mediatici sommari che sviliscono il principio ordinamentale, sia italiano che europeo, della presunzione di innocenza. Principi che in molti continuano a svilire, ripercorrendo quel solco tracciato nell’ultimo trentennio post-tangentopoli da larga parte della politica.

Non c’è più tempo da perdere: in un paese nel quale, in media, i processi si trascinano per anni, urge il primato della politica attraverso un’assunzione di responsabilità che si tramuti in processi di riforma della giustizia e in un cambio di atteggiamento in direzione del garantismo. Sono tante, troppe le archiviazioni e i proscioglimenti, narrate alla fine da minuscoli trafiletti di cronaca, avvenute a seguito di indagini partite con grande clamore e con effetti tali da incidere sugli scenari politici e amministrativi, oltre che sulla vita delle persone.

Parafrasando il pensiero di Cicerone, noi umani siamo nati per la giustizia e quindi il diritto non è stato costituito dalla convenzione bensì dalla nostra natura. Il fondamento della giustizia è dato dalla lealtà a cui improntare il rapporto tra le persone nella dimensione civile e sociale. Dunque, la Costituzione o la giustizia non possono essere per i partiti un orpello da sfoggiare solo in fase referendaria o a seconda delle convenienze. La Costituzione è quello strumento che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità per coesistere insieme, in armonia e nel rispetto reciproco. La vicenda Falcomatà è l’ennesimo monito: auspico un domani nel quale la politica torni ad avere consapevolezza ed autorevolezza mediante più formazione, che non si spelli le mani ad applaudire dopo che i drammi sono stati consumati ma che inietti maggiori anticorpi al nostro sistema democratico per far sì che venga rispettata la sacralità della separazione dei poteri nel nostro Paese".

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