Infaticabile e pieno di idee, Paolo Fresu con Daniele Di Bonaventura, venerdì 8 novembre sarà di scena al Teatro Comunale, alle ore 21, nell’ambito della stagione catanzarese di Ama Calabria, diretta da Francescantonio Pollice. Un incontro quello con il musicista sardo che ci fa conoscere da vicino uno dei jazzisti italiani più apprezzati nel mondo.
Nel 2015 un album, “In Maggiore”, con Daniele Di Bonaventura che avete portato anche in concerto. Quanto è stata diversa questa esperienza da quelle vissute precedentemente?
“Con Daniele ci conosciamo da tantissimi anni ma poi, ironia della sorte, ci siamo ritrovati in Corsica quando abbiamo collaborato con “A Filetta”, un gruppo polivocale di nostri amici, con i quali abbiamo inciso un cd per la ECM. La nostra è una collaborazione molto proficua. Inutile dire che amo molto suonare con lui perché mi piace l’idea di questi due strumenti così insoliti, il bandoneon e la tromba, che ci permettono di spaziare affrontando un repertorio molto vasto, passando da Puccini a Bach, arrivando fino in Sud America”.
Da Chico Buarque a Puccini, è un fatto insolito eseguire un repertorio così vario.
“Il nostro è un concerto che può arrivare a tutti, per le sonorità degli strumenti, ma anche per il repertorio. Da “O Que Sera” di Chico Buarque a “Non ti scordar di me”, c’è un denominatore comune in tutta la musica che suoniamo seppur nella sua diversità. Il nostro intento è quello di coinvolgere il pubblico con una fruizione diretta e semplice della nostra musica. Tutto ciò ci consente di affrontare cose molto diverse che assumono una personalità che non è così eterogenea ma che è riconoscibile”.
Spesso Le capita di spostare la sua attenzione sulle collaborazioni, perché sia nei concerti che nella produzione discografica c’è una tendenza ad instaurare un rapporto con altri musicisti. È la ricerca di nuove sonorità o la ricerca di vivere, in tali situazioni, esperienze diverse?
“Direi entrambi. Molte delle mie collaborazioni nascono in modo spontaneo. Magari ci si incontra a cena, o dopo aver ascoltato un disco apprezzato. Si sta bene insieme e si decide di suonare fare qualcosa insieme. Le mie collaborazioni sono nate tutte con queste modalità. Anche i miei gruppi. Sono tutte cose che nascono dall’esigenza di suonare con qualcuno. Capita anche che le cose non vadano bene allora in questo caso si lasciano”.
Ce ne sono alcune che non sono andate bene?
“Con qualcuno non si è creata la giusta empatia. Suonare con altri musicisti significa imparare molto, a relazionarsi con loro, ma anche imparare a suonare con il loro linguaggio, dando al tempo stesso qualcosa a loro. Significa affrontare nuovi repertori e metterti in una posizione di ascolto nei confronti dell’altro. Tutto questo è molto importante. Spesso sono progetti molto piccoli dietro ai quali c’è uno sforzo importante. Queste sono tutte cose che ti permettono di crescere e non solo di andare avanti. E’ una scuola importante di musica ma anche di vita. Per cui a me piace l’idea di collaborare con tanti perché collaborazione e sinonimo di varietà e di ricchezza non solo creativa”.
Questo dovrebbe essere il sale della vita: il confronto.
“Io credo che la musica non sia diversa da ogni altra cosa. E’ un linguaggio artistico ma le cose che mettiamo in atto nella musica sono le cose di ogni giorno, una relazione tra noi e gli altri. Nella musica, soprattutto nel jazz, si parla di interplace, ovvero la possibilità di parlare tra di noi, cosa che sul palcoscenico è molto importante. E’ una cosa che dovremmo utilizzare tutti ogni giorno nel quotidiano. Nella musica ci sono dei processi di apprendimento e di sviluppo che non sono diversi da quelli della nostra indole e della nostra capacità di metterci in relazione con il prossimo”.
Lei oltre ad essere un musicista è anche una persona che la di là della musica si è dato da fare per promuovere la musica più in generale. Ha creato un museo della cultura popolare e presiede la Federazione del jazz. Che segnale può dare un’attività di questo tipo alla musica popolare italiana? Ha dichiarato, ad esempio, di voler suonare con gli Stadio.
“Io sono convinto che nella musica non ci siano confini, il jazz insegna questo. La storia del jazz ci insegna che è sempre stata una musica aperta, la più aperta per antonomasia. Quindi mi è stato insegnato da questa musica il bisogno quotidiano di stabilire dei rapporti, delle relazioni. Detto ciò ci sono anche delle relazioni parallele tra il jazz e le atre musiche, quella contemporanea, ma anche quella classica. C’è anche un rapporto della musica con gli altri linguaggi come la letteratura, il cinema, il teatro. L’idea della federazione è un bisogno di una politica culturale molto importante. È una responsabilità importante. Io credo che ognuno debba impegnarsi in questo e quando lo si fa utilizzando lo strumento della musica direi che è una grande soddisfazione perché ci si rende conto che la musica è uno strumento potentissimo non solo per comunicare ma anche per costruire, per suggerire, per denunciare”.
Ha conosciuto Chet Baker, che ricordo ha di lui?
“L’ho incontrato nel 1983 a Sanremo. Ero giovane e anche molto agitato e la sera dopo il concerto venne verso di me per farmi i complimenti. Questa è una cosa che io racconto sempre perché, come dire, si scontra con il ritratto di un Baker sempre molto introverso. Oltre ad essere un fantastico musicista era un uomo dai mille volti. Adesso sto facendo un lavoro teatrale su Chet Baker che purtroppo ancora non arriverà nel Sud Italia. Quello è stato un incontro per me illuminante sotto certi versi. Perché l’ho conosciuto sotto un’altra veste e credo di essere stato molto fortunato”.
Cosa c’è nel futuro di Paolo Fresu? Cosa ci dobbiamo aspettare?
“Il 18 di ottobre è uscita la Norma di Bellini che è un progetto molto importante presentato in anteprima a Milano e spero di poterla portare in concerto in un futuro prossimo. Ma tutto il 2020 sarà un anno ricco sia dal punto di vista discografico che dei concerti. In attesa del 2021 anno in cui compirò 60 anni e mi inventerò qualcosa. Per i miei 50 anni ho fatto 50 concerti in 50 posti diversi della Sardegna con 50 gruppi diversi. Per i 60, chissà”.
Il concerto di Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura, organizzato AMA Calabria in collaborazione con il CIDIM Comitato Nazionale Italiano Musica, rientra fra gli eventi promossi dall’Associazione con il sostegno del Fondo Unico dello Spettacolo del MiBACT Direzione Generale dello Spettacolo con il cofinanziamento della Regione Calabria Assessorato alla Cultura nell’ambito del piano di Azione e Coesione 2014/2020 Asse 6.7.1 TRIENNIO 2017/2019 Azione 1° Grandi Festival ed Eventi Internazionali.
I biglietti per assistere al concerto potranno essere acquistati presso la biglietteria del Teatro Comunale di Catanzaro, sito su Corso Mazzini, 82, aperto tutti i giorni dalle 17:00 alle 21:00, presso la sede di AMA Calabria sita in Via P. Celli, 23 a Lamezia Terme dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 16: alle 19:00. Il sabato dalle 9:00 alle 13:00, e i biglietti sulla biglietteria on line www.amaeventi.org/stcz1920. Per ulteriori info sui singoli spettacoli è disponibile il numero WhatsApp 339 160 1953.
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