di ANNA TRAPASSO
L'eretico, il corsaro, il luterano. Ma anche "il profeta", il "polemista", "l'anticonformista".
Così lo hanno tratteggiato, rispettivamente, Francesco Mazza, Milly Curcio e Luigi Tassoni, in dialogo su PierPaolo Pasolini per uno degli appuntamenti di Spazio Coriolano Paparazzo dedicati a "Leggere il contemporaneo", a Catanzaro.
Pubblico folto, tanti soprattutto i liceali accorsi all'evento che hanno partecipato con grande attenzione all'incontro su "PPP".
"La sua è una figura straordinaria, nessun aggettivo può definirlo, non un regista, non un giornalista, sceneggiatore o poeta, Pasolini è stato "quel che serve": un uomo che ha contestato, che ha assistito al suo tempo senza rimanere inerte, mettendo a rischio la sua quotidianità, esponendosi contro le ingiustizie. Amo definirlo "il profeta" perché aveva previsto tutto quello che oggi stiamo vivendo, ha avuto la capacità di visione in un momento storico in cui tutti volevano vedere altro e la maggior parte dell'umanità si è lasciata prendere dallo sviluppo". Ad aprire il dibattito su Pasolini, con queste affermazioni, è stato proprio il "padrone di casa", Francesco Mazza, che ha moderato i due prestigiosi ospiti, critico e storico della letteratura oltre che docente Milly Curcio, critico e semiologo, professore ordinario di Letteratura italiana e di Semiotica all’Università di Pécs Luigi Tassoni.
Ad entrare subito nel merito della questione, Curcio, anche autrice dello scritto “L’Eretico, il Corsaro, il Luterano”, finito di stampare nel dicembre 1988 ed estratto della sua tesi di laurea, ha per prima raccontato il suo rapporto con le vicende e gli scritti pasoliniani.
"Rimasi sconvolta dalla morte di questo poeta e, quando dovetti scegliere un autore del 900 su cui scrivere la mia tesi, mio padre mi suggerì proprio Pasolini. La tesi mi fu rifiutata ma pur di portare avanti il mio lavoro su Pasolini andai a chiederla fuori Facoltà. Non mi diedero la lode ma mi chiesero un estratto a scopo divulgativo poiché ancora non se ne parlava abbastanza. Ed ecco il libretto. Oggi non andrebbe così, non lo scriverei di nuovo così", racconta Curcio.
"Giornalista polemista, aveva condotto le sue battaglie più importanti con molto coraggio facendo del giornalismo una battaglia civile, avendo il coraggio di identificare chi fosse responsabile della strategia della tensione, per questo motivo ebbe non pochi nemici e processi. Trentatré processi, per l'esattezza, al termine dei quali però non fu mai condannato".
Pasolini oggi potrebbe esistere? A rispondere al quesito posto da Mazza, proprio Luigi Tassoni: "Pasolini è uno scrittore così tanto diverso da quello che pensavo, ma non per la protesta o per il desiderio di cambiare il mondo, comune in realtà a tutte le giovani generazioni, quanto perché la mia formazione era totalmente diversa. Amavo Ungaretti, avevo un altro tipo di vocazione, ma Pasolini si imponeva alla nostra attenzione perché proponeva un modello di scrittore francamente anticonformista, che non voleva gli si appiccicasse l'etichetta di scrittore. Oggi già questa sarebbe una piccola rivoluzione. Poichè oggi la gran parte di chi scrive anche cose di pochissimo conto si ritiene già candidato al Nobel", sorride Tassoni.
Uno sguardo, poi, al cinema pasoliniano. "Quando i film di Pasolini uscirono nelle sale, la reazione del pubblico fu quella di urlare, con parolacce e offese all'indirizzo di Pasolini. Turba così tanto le coscienze da non lasciare contenere la violenza espressiva.
E poi in Pasolini c'è il "problema" del sesso. Non si tratta di eros, non è uno scrittore che dia una suggestione di eros e dunque di piacevolezza. In Pasolini si affronta il sesso, argomento così tabù in Italia allora e in parte anche ora, che invece per Pasolini doveva essere un fatto assolutamente naturale come la politica, doveva rientrare nel vissuto dell'umanità e come tale non si doveva considerare un fatto a parte, facendo capo alle stesse dinamiche dell'umano e, quindi, di incontro, di violenza, di accettazione e così via".
"Pasolini, visionario anche in questo, aveva colto un segreto importante: stupire lo spettatore per sconvolgerlo, in senso positivo però. Mentre molti film e romanzi e horror di oggi puntano tutto sullo stupore violento, Pasolini la pensa in un modo diametralmente opposto . Bisogna stupire rompendo schemi consuetudinariamente accettati, rompendo la banalità della consuetudine" spiega Tassoni.
Cosa direbbe Pasolini dei nostri giovani? A rispondere è Milly Curcio: "Pasolini si scaglia contro i giovani del suo tempo. Polemizza contro i ragazzi, non li difende, e ciò sembra strano, ma in realtà lo fa per una questione sociale. Ne "Il PCI ai giovani" solidarizza con i poliziotti contro i giovani perché i poliziotti erano figli del sottoproletariato italiano, figli di poveri costretti a guadagnarsi da vivere, e avevano davanti i giovani borghesi che, a suo avviso, giocavano a fare la rivoluzione. La poesia venne del tutto travisata poichè venne pubblicata con un titolo fuorviante". "Ecco - continua Curcio- anche oggi si scaglierebbe contro il conformismo dei giovani, in Italia e ovunque, così come all'epoca scrisse contro i giovani con i capelli lunghi che si sentivano rivoluzionari ma in questo essere tutti con i capelli lunghi perpetravano un conformismo che era quello dei padri".
E ancora, Pasolini il profeta. Suona come una triste profezia, infatti, la lettura di "Alì dagli occhi azzurri" (una lettura speciale, poichè dal pubblico si è offerto di leggere il maestro Aldo Conforto, attore e regista teatrale). Una poesia profetica, che commuove e sembra predire esattamente le vicende del naufragio di Cutro.
"Pasolini - aggiunge Tassoni - è una figura talmente unica, che difficilmente oggi troverete uno scrittore che contemporaneamente faccia il regista, il polemista, e che alla base di tutto abbia una solida formazione da poeta. Non c'è al mondo. E questo conferisce a Pasolini una dimensione tutta differente ancora oggi, a 50 anni dalla sua morte. Io l'ho sempre considerato uno scrittore con una macchina da presa in mano, molto attento ad un fattore importante: il linguaggio. Non sempre siamo coscienti di adoperare codici linguistici differenti. Anche lui non era cosciente, ma intuitivamente aveva capito (in "Empirismo eretico") che avrebbe dovuto lavorare su linguaggi di tipo differente. Ecco allora che utilizza un dialetto molto informato, il dialetto di Casarsa. Riesce nel darci il documento di un dialetto quasi medievale ma vissuto da un uomo contemporaneo che ne riproduce un tipo diverso. La fruizione e il rilancio del dialetto si deve, fino al '75, a figure come Pasolini. Grazie a lui, dal '75 in poi, un gruppo di poeti italiani hanno dato grandissima dignità al dialetto: tra questi Zanzotto, Biagio Marin ed il "nostro" Achille Curcio, fautori di una autentica rivoluzione che ha dato i suoi frutti nel nostro presente".
Tra stupori, dubbi e curiosità del pubblico, le conclusioni dell'incontro sono affidate a Mazza: "Nel nostro intento c'è di dedicare all'umano tutti gli incontri che facciamo. Ecco, Pasolini ci fa vivere una certa umanità. Ed è ciò di cui abbiamo bisogno per rallentare questa corsa a cui tutti partecipiamo in questo mondo ormai post-umano".
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