Ancora prima che il “nemico invisibile e senza volto” apparisse sul palcoscenico globale con un copione invasivo, mai visto, carico di morte e di paura, già la nostra società di massa, postmoderna, era avvolta nel buio, nell’ansia, nel totale isolamento. II mito di Edipo aveva ceduto il ruolo di protagonista ad Antigone! La società liquida – come teorizzata da Bauman – ha sradicato le ideologie abbattendo così il principio di “razionalità” e di conseguenza il principio di “realtà”. Il lavoro da materiale diventa immateriale; l’uso dei social consente di comunicare in ogni parte “ora e subito”; la globalizzazione, dislocando il potere, mette in ginocchio il sistema della democrazia rappresentativa. Abbiamo votato per governi che non avevano più il “potere di fare”. Il potere è slittato di livello sottraendosi alla volontà e alle istanze dei cittadini. Si tratta di una questione già molto cara a Rousseau: se il policymaker non ha più “il potere di prendere decisioni adeguate”, perché il potere si è globalizzato, le soluzioni locali rappresentano solamente un palliativo poiché non esistono più, non essendo neanche calibrate in relazione alla complessità dei problemi e dei bisogni odierni.
Edoardo Genovese
Masse omologate, avide di un consumismo che appare il solo mezzo in grado di compensare l’assenza di classi sociali, dei ruoli di genere definiti, dei rapporti interpersonali disinteressati, di una fitta rete di relazioni virtuali, falsificano gli indicatori oggettivi della realtà, compromettono il senso di responsabilità e frantumano la nostra identità. In questo quadro di riferimento, l’individuo rifugge in un egoico narcisismo dalle mille maschere, tutto proteso a raggiungere il successo e la visibilità. Un Io imperante che cerca attraverso la cultura del “cacciatore” di mantenere solo per sé il terreno di caccia; un tale Io non si accorge di essere diventato preda! Costi quel che costi, il Suo è un disperato tentativo di darsi dei confini certi, ora che quelli considerati “tradizionali” non assolvono più alla loro funzione. Lo spazio e il tempo si contaminano. Il potere è altrove; potremmo affermare, citando Marc Auge, che ci troviamo improvvisamente catapultati in un “non luogo”. Tale condizione vanifica le lotte fatte per i diritti e le identità delle minoranze; quelle minoranze chi ci hanno preceduto e che hanno scritto pagine della nostra memoria, ora improvvisamente perduta. Un’Europa che da maestra di civiltà ha perso il suo primato mondiale: la povertà aumenta, i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Si assiste alla “spoliazione del ceto medio”, il quale assiste alla dissoluzione delle certezze rappresentate dal riconoscimento della professionalità, dalla meritocrazia, dal risparmio, dalla protezione sociale, dai diritti acquisiti, dalla pensione e dalla famiglia.
Luigi Bulotta
Paradossalmente, la povertà viene pian piano riconosciuta come “status”. La povertà è l’unica “cosa solida”, scriveva Bauman, che ha forma, che non scorre alla ricerca di un contenitore. Essa prende forma in un ambiente deturpato, sfruttato, dove giovani vengono additati come “bamboccioni” e “fannulloni”. Si tratta di un circolo vizioso di sentimenti contrastanti. Da un alto vediamo la paura, il buio, la solitudine , la ricerca ad ogni costo di un nemico da combattere; dall’altro assistiamo all’emersione di un senso oceanico di potenza: “eclissando il padre”, simbolo dell’autorità, ogni regola e ogni limite sono abbattuti. A questo punto la responsabilità è solo dell’altro; la ricerca del capro espiatorio non conosce freni. Parafrasando Dostoevskij, ove non ci sono limiti tutto è possibile, perché meravigliarsi? Se l’unico fine è il “principio del piacere”, al “disagio della civiltà”, descritto da Freud, si sostituisce il “disagio della modernità”
Valentina Pirrò
Si persegue la felicità al ogni costo. Non importa se siamo diventati degli “imbecilli cognitivi”, se esiste solo il presente e nessun futuro o se le esigenze individuali prevalgono su quelle collettive. Barattare le certezze dei vincoli identitari con una libertà apparentemente assoluta non può che generare un’ impotenza altrettanto assoluta. Assistiamo a quel disorientamento che Spinoza identificava “epoca delle passioni tristi”, da intendere non come pianto infinito, ma come frantumazione e disorganizzazione della propria esistenza.
Il pensiero non serve, quello critico ancor meno se nulla è prevedibile. Tutto è incerto e allora basta l’immagine, un profilo inventato: le descrizioni e le rappresentazioni si sostituiscono alla comprensione dei processi. La famiglia tradizionale entra in crisi, non costituisce più un modello valido. Non si comprende più di quale famiglia parliamo. Le responsabilità individuali e collettive escono dall’Agorà del Sapere, cedendo il posto ad una società mutevole, indifferente, sorda e cieca davanti alle crescenti fragilità di chi non ha voce. La violenza comportamentale e verbale si fa legge e modello da imitare. Il codice morale si frantuma lasciando il posto a tanti e mutevoli codicilli che si contraddicono tra loro e si dissolvono velocemente, creando solo confusione e senso di non appartenenza alla comunità. Il “porto sicuro” di bowlbyana memoria è venuto meno.
Simona Montuoro
La società occidentale è fortemente in crisi, non solo a causa di una crescente disagio economica e per l’incessante consolidamento dello strapotere di forze occulte e finanziarie, ma perché è venuta meno quella coscienza individuale fondata sul rispetto del sé e degli altri, uguali e diversi allo stesso tempo. Solo insieme possiamo costruire una nuova strada, la sola in grado di non lasciare gli individui isolati, e porli come nodi di una rete fatta di condivisioni, diversità e identità. È questa l’unica via per rendere le persone capaci di dialogare e crescere insieme. La solidarietà, la giustizia sociale e il sorriso dell’Altro ci appartengono e ci spingono a creare e lavorare per una comunità che sia solo protesa per il bene comune, una società che garantisca quei diritti umani e sociali normati, ma troppo spesso negati.
Ma ecco il “coronavirus”, ora il nemico c’è davvero. Non corrisponde a quel genere di nemico prodotto per abbattere la solitudine, le inquietudini nascoste da non far trasparire. Il Covid-19 ci incute non solo più paura, ma ci procura più angoscia. Improvvisamente la nostra libertà ci viene negata, le nostre abitudini interrotte bruscamente e così la nostra solitudine esce finalmente allo scoperto. Le nostre emozioni finalmente si manifestano, crolla il mito dell’invincibilità. Nell’era della globalizzazione scienza e competenza sono state messe fortemente in crisi dal populismo negativo le denunce ambientalistiche e climatiche evitate e negate, allarmi sociali e servizi sanitari screditati, allarmi psicologici ignorati, le fragilità sociali negate. Ma proprio la presenza del Coronavirus ha riscoperto l’importanza della scienza, che forse è la sola che può salvarci. Ma unitamente alla rivalutazione del sapere scientifico ritorna forte il richiamo alla fede e alla spiritualità! Una catastrofe si è abbattuta a livello planetario, una catastrofe epidemica che è al contempo economica e produttiva. La salute non è solo assenza di malattia e la morte, come la violenza, non è solo quella fisica! Le catastrofi, come le crisi, seppur dolorose e devastanti, significano la rottura di un equilibrio esistente, di per sé non ci dicono nulla sul futuro. Di certo siamo cambiati ed è un cambiamento epocale perché ha investito tutte le popolazioni della terra, senza differenza di etnie, di genere, di religione, di appartenenza sociale o politica.
Ma quando gireremo l’angolo, perché finirà, quale prospettiva ci aspetta? su quale modello strategico vogliamo ripartire e ricostruire? Quanto sta accadendo ci ha fermati, ci ha distanziati l’uno dall’altro, ci ha messo di fronte ai limiti della nostra esistenza; tuttavia, al contempo, ci ha consentito di riflettere sul senso della vita, sull’importanza degli affetti, dei legami che contano, su come una carezza possa farci sentire felici, su come è solo insieme che possiamo abbattere questo Nemico! Pensavamo di essere vicini e invece eravamo distanti, ora che siamo distanti, non siamo mai stati così vicini: l’Io è diventato il Noi!
Ora tutti i nodi stanno venendo al pettine. Ci si accorge di come tutto ciò che era stato conquistato dai nostri padri faticosamente pian piano negli anni è stato eroso in nome delle leggi del mercato e della concorrenza globale: tagli alla sanità, ai servizi sociali, alla scuola, alla cultura, alla ricerca, alle nuove tecnologie, alla tutela dell’ambiente, alla promozione delle innovazioni, alla tutela del nostro patrimonio.
A cosa serviva investire in questi settori se non corrispondeva un immediato profitto? È qui il grande snodo: le crisi, come già detto, sono solo una rottura di un equilibrio esistente per cui possiamo scegliere di ritornare come eravamo, sprofondando in un baratro profondo, dove potremmo rimettere da parte le competenze e le nostre emozioni, privandoci così dell’anima, oppure possiamo veramente “rinascere”. Dobbiamo creare lavoro per i nostri giovani, sbloccare i cantieri, sostenere tutto il nostro tessuto produttivo a tutto campo e in tutti i settori, potenziare la ricerca, innovare la formazione, sostenere le famiglie, educare alla mediazione e alla non violenza, consentire accessi alle facoltà universitarie senza numeri chiusi, valorizzare le professionalità, abbattere quella burocrazia che ha cambiato il suo volto. Quest’ultima, infatti, da processo volto a garantire il sano fluire degli apparati Statuali, come descritto da Durkheim, si è trasformata in un mostro, una trappola capace di ingenerare solo immobilismo e corruzione.
Bisogna dare spazio alla meritocrazia, alle competenze e a chi vuole governare il cambiamento non per fini economici o per interessi individuali. Occorre riformare la giustizia, dare voce ai giovani, ristabilire il patto intergenerazionale. Ma serve, anzitutto, dare valore alla morte, perché solo così capiamo che nulla è dato per sempre e che nulla è scontato, che la vita di ciascuno di noi può restare solo una goccia nel terreno dell’indifferenza, oppure unirsi insieme a quella degli altri per creare un oceano di progresso e di un riscoperto umanesimo, il “Neo-umanesimo del terzo millennio”! Solo così l’Italia, l’Europa, possono per la loro storia e le loro origini giudaiche - cristiane, ritornare ad essere un punto di riferimento – nel passato è stata la più grande potenza militare e industriale – oggi lo può essere sul piano culturale; un riferimento per tutti i popoli, ma un’Unione Europea da rifondare in Stati Federati, affinché i valori dei Padri fondatori, oscurati negli ultimi decenni, possano tornare ad essere quelle stelle che hanno orientato la ricostruzione sullo sfacelo causato dalla guerra.
Dovrà essere un “neo-umanesimo” che riporti al centro l’uomo, la dignità di cui ogni persona è portatrice, dove l’amore, la fratellanza, la solidarietà, l’etica, la giustizia sociale, siano garanti di un “patto comunitario globale”, una realtà ove tutti, nessuno escluso, siano chiamati ad essere i protagonisti di una nuova ed eterna primavera! Ma questo possiamo farlo solo se siamo “insieme”, solo “insieme” proviamo possiamo provare e riuscire a ricostruire una “società altra”, le cui radici, forti di una ritrovata condivisione collettiva, possano resistere a qualsiasi tempesta, pur improvvisa che sia.
Sappiamo che solo “insieme” vinceremo il coronavirus. Allo stesso modo solo “insieme” potremmo costruire un “Neo-umanesimo” che ci consenta di scrivere nel libro della storia dell’umanità pagine di progresso economico e sociale e di ritrovata civiltà!
Serenella Pesarin, Sociologa, Psicologa – Psicoterapeuta,
esperta nel settore penale e minorile, Presidente “Consolidal sezione romana”
Luigi Bulotta, Avvocato, Segretario nazionale Consolidal e Vice Presidente “Consolidal sezione romana”
Valentina Pirrò, Psicologa – Psicoterapeuta, Criminologa e Socio Fondatore “Consolidal sezione romana”
Edoardo Genovese, Giurista – Criminologo, Grafologo forense, Socio “Consolidal sezione romana”
Simona Montuoro, Psicologa – Psicoterapeuta, Segretario “Consolidal sezione romana”
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