Pasqua 2020. Riflessione di Antonio Levato: "Buona Pasqua e che non tutto torni come prima..."

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images Pasqua 2020. Riflessione di Antonio Levato: "Buona Pasqua e che non tutto torni come prima..."
Antonio Levato
  12 aprile 2020 12:32

di ANTONIO LEVATO

Verrà giù la curva dei contagi e dei decessi, quella della retorica nazionale no. Quella ci appartiene come il tricolore sul torrino del Quirinale. Tutti a sdilinquirsi e ricordare che “l’antiquo valore ne’ l’italici cor non è ancor morto”. Giusto. Medici, infermieri, personale sanitario da settimane rischiano la pelle propria per quella altrui. Ma ieri? Un mese, un anno, un lustro addietro chi se li filava, a parte ammalati e parenti?  Eppure, tutto è accaduto sotto i nostri occhi: la scomparsa della sanità dal territorio, i medici di famiglia burocrati della ricetta, la concentrazione negli ospedali-azienda della cura e assistenza. Hanno messo il biglietto d’ingresso ai pronto soccorso come nei cinema o nelle latrine delle stazioni. E i ticket per visite ed esami come ai tavoli da gioco dei casinò. Hanno demolito non lo stato sociale ma semplicemente lo Stato, inteso come servizio dovuto ai cittadini. Hanno reso la vita dei malati e delle famiglie un inferno mentre “lorsignori”, governatori, assessori e affini non hanno, per loro fortuna, mai passato una notte in pronto soccorso, mai fatto la coda per un esame, un ricovero o una semplice visita. 

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“Lorsignori” hanno le corsie preferenziali nel pubblico e nel privato e, mal che vada, i denari per le cliniche di lusso in Italia e fuori. Oggi, dinanzi alle terribili immagini delle migliaia di bare si rimane sgomenti solo a pensare il deserto di politiche pubbliche, di sensibilità collettiva attorno alla parola “emergenza”. Da anni la parola “emergenza” c’insegue, usata per qualsiasi situazione. Ma mai che una volta ci trovi preparati e pronti a fronteggiarla. Così oggi scopriamo le nostre strutture sanitarie prive delle scorte minime necessarie nelle “emergenze”. Come vigili del fuoco senza autobotti in un incendio. E tutto è accaduto nell’assenza di una qualsivoglia protesta e ribellione della gente. L’allarme e la paura per il Covid, un nemico letale e sconosciuto in agguato, pronto a colpire ovunque chiunque, potrà forse (dico forse) ripristinare l’ordine del discorso. Ma la retorica infuria e il “tutto tornerà come prima” non è promettente. Meglio sarebbe un “dopo meglio di prima” da auspicare e rivendicare. Il “prima” ci ha regalato il collasso della “migliore sanità” a Milano e in Lombardia, quello stesso “prima” che ha impoverito la sanità pubblica a vantaggio di quella privata.

D’altra parte, se tanti privati cittadini, a Milano o in Calabria, investono i propri denari nella sanità privata, addirittura in catene di cliniche private o di residenze per anziani, non lo fanno per filantropia e beneficienza. Lo fanno perché sono affari sicuri, garantiti da clientela e sovvenzioni pubbliche. Profitti facili e sicuri, al riparo da crisi e fallimenti. I privati nella sanità fanno i loro affari, spesso illeciti, ma fanno il loro mestiere (ci sarà sempre un Salvini pronto con un emendamento per scusarli penalmente). É la collettività che ha rinunciato a fare il suo mestiere, non tutelando più se stessa, smettendo di sentirsi ed essere Stato e perciò pretendere da se stessa la tutela pressoché gratuita e totale della salute di tutti, della vita di tutti, come beni assoluti e innegoziabili. Un tempo non molto lontano nel nostro Paese la ricchezza collettiva era assai minore di adesso, ma la sanità come la scuola era una questione e un tema principale del dibattito pubblico grazie al quale il nostro sistema sanitario viene ancora ritenuto, non so quanto giustamente, fra i migliori in Europa

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É a quel “prima” tradito che varrebbe la pena riandare per dare un senso ai disagi, alle sofferenze e ai lutti di oggi.  “Andrà tutto bene” se non ci si lascerà sommergere dal vuoto della retorica, perché quel tutto, a veder bene, per molti sarà il poco o il niente. Perdita degli affetti, dei legami, del lavoro, delle attività appena costruite, del futuro appena immaginato. Altro che “andrà tutto bene”. Ora, però, urge giustamente pensare la fase 2, l’uscita dall’emergenza. Il come e il quando. Non è semplice e la discussione sulla riapertura s’avvita su varie ragioni. Fra queste spicca quella economica. Come sempre. Il paese non può fermarsi (l’avevamo già sentita), il Paese rischia di non reggere la competizione con gli altri (invece prima…). A confronto le indicazioni e i moniti alla prudenza degli scienziati che avvertono dei rischi di una ripartenza di contagi e decessi appaiono prediche petulanti e fastidiose.

Dopotutto di qualcosa bisogna pure morire. E poi, si sa, viviamo in una economia capitalistica e la produzione di migliaia di bare concorre a fare PIL. O no? Ma oggi è Pasqua e come ha scritto un filosofo ebreo, dobbiamo rifiutarci di accettare una realtà in cui il carnefice abbia in eterno ragione sulla sua vittima. Questo è il senso più profondo della resurrezione pasquale. Che non tutto torni come prima.

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