Le analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna
La “lezione” della Sardegna alla vigilia del voto in Abruzzo.
Pasqualino Mancuso, autorevole componente della segreteria regionale del Pd apre uno “spaccato” sul risultato del voto alle amministrative in Sardegna perché siano di “lezione” al suo partito in chiave regionale e, soprattutto, catanzarese che sta tentando, con buona volontà di uscire dai cunicoli bui in cui da tempo si è infilato. E la nota del dirigente dem nelle considerazioni conclusive pone l’accento sull’ultima riunione tenutasi nel Capoluogo l’altra sera e su quanto è emerso nel corso del dibattito.
Scrive Mancuso: “Con puntualità “svizzera” l’Istituto Cattaneo di Bologna ci ha aiutato a comprendere quanto accaduto in Sardegna ed i cui esiti, per l’effetto non scontato e, per alcuni aspetti, imprevedibili, ad inizio della campagna elettorale, hanno costituito terreno di approfondimento e di “lettura” assai più ampia di quella che, consuetudinariamente, si dedica ad un ordinario risultato elettorale.
Ed è semplice comprenderne le ragioni: la vittoria apparentemente “scontata” del centrodestra, la sconfitta abbondantemente “annunciata” del centrosinistra, giusto per semplificare, pur in presenza di un connotato storico squisitamente “calabrese”, qui, da noi, ora smarrito: l’alternanza costante alla guida della Regione Sardegna.
Si è manifestata la vittoria, anche in questo caso, di quelli “che non ci hanno visto arrivare” e non per una singola ragione; al contrario, sono state molteplici le ragioni di una vittoria inedita e, per l’effetto, ancor più da analizzare nei suoi molteplici dettagli ma, in nessun caso, non definitivi come giustamente indicano gli analisti del Cattaneo.
L’unità della coalizione alternativa al centrodestra senza chiamarla “campo”, ché porta sfortuna ovunque, una campagna elettorale “sarda”, una candidatura a Presidente avvertita come autorevole e credibile, innovativa e che riesce anche a “minimizzare” il danno determinato dalla coalizione di Renato Soru che sottrae elettorato “contiguo” alla coalizione di Alessandra Todde.
Si è molto parlato della “forza” della candidata Alessandra Todde, ed è vero: lo dimostrano i voti “esclusivi”, pari a ben oltre 40 mila voti in più rispetto alle sue liste, che ha ottenuto direttamente e la capacità di attrazione che ha esercitato sui “senza partito” ed anche sulla coalizione di Soru e su quella di Truzzu mentre quest’ultimo non ha “catalizzato”, per nulla, lo stesso trend ed anzi la sua candidatura “risulta un handicap più che un asset per la coalizione” e lo si evince, plasticamente, dai 5 punti percentuali, pari a circa 5 mila voti, in meno rispetto alle sue liste al contrario dello stesso Renato Soru che raccoglie oltre 9 mila voti in più rispetto alle sue liste.
I dati del Cattaneo, riferiti alla comparazione dei risultati delle Regionali con le ultime Politiche del 2022, indicano differenze assai marcate, penalizzanti e riguardano molte forze di entrambe le coalizioni a cominciare da Fratelli d’Italia ( passa del 23.6% delle ultime Politiche al 13,6% delle Regionali 2024), il M5S ( dal 21,8% delle Politiche 2022 al 7,8% delle Regionali 2024), la Lega (da 11,40% delle Politiche al 3,7% delle Regionali 2024), lo stesso PD ( dal 18,7% al 13,8%) che, tuttavia, si afferma, in questa tornata, come primo Partito in numero di voti e seggi mentre il suo maggiore alleato, il M5S, che pure esprime il candidato Presidente vincente, registra un elettorato “volatile e maldisposto a partecipare al voto in elezioni regionali o amministrative”; ritengo, tuttavia, che tale comparazione abbia un limite nella “canonica” e diffusa considerazione, che io stesso condivido, che dati comparati possono avere un oggettivo valore tra eguali competizioni e non tra competizioni di livello diverso.
Di questo, ma non solo, si è parlato anche alla recentissima assemblea degli iscritti del PD della Città di Catanzaro alla quale ho partecipato, grazie ad una wild card concessami dai due bravi coordinatori appena nominati, Antonio Prunestì e Rossana Neri.
La discussione, anormalmente, si è indirizzata sulle “date” e non, come immaginavo, sulle “cose da fare”, necessarie ed utili, per rimettere in piedi un Partito sfibrato e dolente che, tuttavia, può esprimere ancora, se saggiamente guidato e responsabilmente vissuto da tutti e senza eccezione, forza e consenso.
Occorre ritrovare proprio il “senso” della comunità e dell’appartenenza diretta e convinta, nel segno di una partecipazione viva e “decidente” degli Iscritti e non delegante, a terzi o ad esterni; è stato questo il tratto più importante e positivo che ho rinvenuto negli interventi di tutti i presenti al pari che la pur comprensibile “ansia” da Congresso può essere vissuta positivamente senza dimenticare o, peggio, omettere, che la ricostruzione di un Partito, che in questo caso è politica ed organizzativa insieme, affidata ad una gestione certamente transitoria rispetto ai tempi stretti auspicati ma, senza dubbio alcuno, straordinaria rispetto alla, non facile e non felice, condizione politica attuale della nostra comunità politica non può fare a meno di quell’ elemento “naturale”, basico, senza il quale il percorso sarebbe accidentato e pericoloso con la conseguenza della dilazione temporale. Lo ha esplicitato, con cauta leggerezza, il buon Michele Drosi ricordando, alla fine del positivo dibattito, che le regole esistono e che, nel segno della buona politica, possono essere gestite ma solo con saggezza e realtà e senza avventure.
Intanto attendiamo l’Abruzzo; esito non più scontato neanche qui e con una nota a margine che mi permetto di esprimere: Marsilio non è Truzzu.
Ed è per questo che occorre ancor di più battersi fino alla fine; di una cosa, tuttavia, sono assai convinto: non ci saranno più gli oltre 12 punti percentuali di distacco tra i due schieramenti più forti (vinse largamente il centrodestra con lo stesso Marco Marsilio raggiungendo il 43,44% contro Giovanni Legnini che raccolse soltanto il 31,65%) e già questa, per noi, è una buona notizia.”
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