di STEFANIA PAPALEO
Fotografare bambini in costume da bagno sulla spiaggia non è reato. Ecco perchè questa mattina un sessantenne di Cosenza ha potuto lasciare il Tribunale di Catanzaro con in tasca una sentenza di assoluzione "perchè il fatto non sussiste". In calce, la firma del gup Arianna Roccia che ha processato l'uomo con il rito abbreviato, in accoglimento della richiesta avanzata in tal senso dall'avvocato difensore Giancarlo Pitari.
Al centro del processo, un episodio risalente al 18 luglio 2019, data in cui l'imputato sarebbe stato sorpreso a fotografare numerose bambine tra i 2 e i 7 anni, in costume da bagno, che giocavano sulla spiaggia di Nocera Terinese, dai genitori di alcune di loro che, dopo averlo bloccato e costretto a mostrargli le foto peraltro, a loro dire, inviate tramite whatsapp a un contatto memorizzato come "MIA", avrebbero chiesto l'intervento immediato dei carabinieri. Da lì l'apertura del fascicolo e il successivo processo che si è concluso oggi con l'assoluzione dell'uomo che, in sua difesa, nell'immediatezza dei fatti, aveva ammesso di aver fotografato una bimba solo perchè le avrebbe ricordato una sua familiare.
"Orbene - scrive oggi il giudice nella sua sentenza -, così riassunte le fonti di prova a carico dell’imputato, deve evidenziarsi come le stesse non depongano nel senso della penale responsabilità dell’imputato". E il giudice, carte alla mano, spiega perché: "Ed invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che questo giudice condivide, “oggetto del delitto di pornografia minorile, previsto dall'art.600-terc.p., può essere, secondo la nozione di pedopornografia contenuta nella decisione quadro del Consiglio europeo n. 2004/68/GAI, soltanto quel materiale che ritrae o rappresenta visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica. Resta, pertanto, esclusa dalla sfera di punibilità la condotta di chi, sulla spiaggia, fotografi, insistentemente, alcuni minori in costume da bagno” (cfr. Cass. pen., Sez. III, Sentenza,04/03/2010,n.10981)". E, nel caso di specie, dunque, il giudice fa presente come il reato contestato "non può dirsi integrato, non emergendo in alcun modo la prova del carattere pornografico delle immagini ritraenti i minori, non potendo affermarsi - in assenza di ulteriori elementi - la destinazione delle stesse ad eccitare la sessualità altrui, né la loro idoneità a detto scopo", in quanto le fotografie incriminate non sono state neanche rinvenute sui dispositivi in uso all’imputato, per cui resta il carattere del tutto generico delle dichiarazioni rese dai soggetti escussi che si sono limitati ad affermare che l'imputato avesse fotografato alcune bambine mentre erano al mare, intente a giocare sul bagnasciuga. Circostanza che di per sé "non è idonea ad ascrivere natura pornografica alle fotografie scattate dall’imputato", conclude il giudice, che lo ha assolto disponendo anche la restituzione allo stesso del materiale che gli era stato sequestrato.
Una tesi che è stata portata avanti fin dall'inizio dall'avvocato Pitari, che l'aveva già spuntata sull'originaria tesi accusatoria, inducendo lo stesso pm a chiedere l'assoluzione dell'imputato.
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