Per un nuovo Regionalismo

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Sabatino Nicola Ventura
  15 gennaio 2020 15:33

In Calabria si è alla disperazione: è la prima volta dalla nascita della repubblica antifascista (oramai oltre settanta’anni) che la disperazione e la non speranza si sono impadronite della gran parte dei calabresi. Il Sud arrivò all’unità d’Italia già stremato dalla sottomissione borbonica (il livello di qualità della vita della stragrande parte dei meridionali era d’indigenza; in molte zone gli analfabeti erano oltre il novanta per cento; l’economia fondamentale si basava sull’agricoltura esercitata da contadini e braccianti poveri).  L’unità d’Italia, realizzata dai Savoia, non aiutò il riscatto del Sud; in fondo i Savoia si comportarono molto da conquistatori, ma anche il ventennio monarchico-fascista non rappresentò per i meridionali particolari novità di attenzioni positive. Basta documentarsi per sapere cosa era il Mezzogiorno durante il ventennio. Solo con la nascita della repubblica antifascista il Sud fu concretamente attenzionato dal Parlamento e dai governi della prima repubblica; la Questione Meridionale fu presente nelle politiche nazionali, con scelte buone, altre discutibili, altre anche sbagliate, ma, in ogni caso, si  tentò di recuperare il Mezzogiorno a dignità nazionale. Subì, soprattutto negli anni ‘60/’70 del secolo scorso trasformazioni, anche significative, il lavoro in gran parte divenne terziario e nel pubblico impiego. La Questione Meridionale ebbe fior fiore di studiosi; in Calabria ricordo, fra i protagonisti di allora in un impegno per il suo riscatto, Gullo, Mancini, Bisantis, Miceli, Misasi, Cingari, Mario Casalinuovo, Macrì, Tripodi, Lamanna, Poerio, Mastracci, Aldo Casalinuovo e tanti altri.

Le scelte del Parlamento e dei governi degli ultimi vent’anni hanno, invece, contribuito molto al consolidamento della disperazione dei calabresi. La “Questione Settentrionale” ha sostituito la storica e purtroppo attuale “Questione Meridionale”. L’impostazione “ideologica/economica” propugnata dalla Lega, ha preso il sopravvento: sono messi in discussione lo stato unitario e l’unicità della comunità nazionale. E’ stata cambiata la Costituzione per soddisfare l’ ”ideologia” Leghista e, il “nazionalismo” del Nord. Con la modifica del titolo V della Costituzione si è sancito che gli italiani non hanno, rispetto al luogo di residenza, uguali diritti: oggi gran parte della disperazione dei calabresi nasce dalle conseguenze di quella cattiva scelta. Anche la sinistra, purtroppo, con fare opportunistico (ha pensato di mantenere o recuperare consensi nell’Italia Settentrionale), ha ceduto alle impostazioni del federalismo/scissionistico. Ancora oggi con la proposta in agenda parlamentare, di dare vita alle “Autonomie Differenziate”, le Regioni del Nord tendono a ottenere, con un’interpretazione  forzata della Costituzione, una sostanziale scissione dal Sud. Le conseguenze sarebbero enormi per l’unità del Paese e disastrose per il Mezzogiorno.  La disperazione dei calabresi sarà ulteriormente consolidata, sempre per legge costituzionale.

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Il nuovo governo, giallo/rosso, rispetto a questa proposta strategica per il futuro dell’Italia, come si pone?  Tenta di correggere l’impostazione leghista con qualche blando intervento modificatore, per renderla meno cattiva verso i meridionali. Può essere condiviso e accettato tutto questo? Certamente no.

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Credo, invece, sia necessario e urgente ribaltare l’impostazione leghista e nordista, sotto ogni profilo; anzi bisognerà avere il coraggio, dopo vent’anni, di riesaminare la modifica dell’art. V della Costituzione, avendo costatato le ricadute nefaste che hanno determinato per l’unità del Paese e nel Mezzogiorno in particolare. Bloccare ogni tentativo separatista è, oramai, un obbligo politico, istituzionale e morale.

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Lo stesso regionalismo pensato e voluto, giustamente, dai costituenti, per com’è sancito nella Carta costituzionale promulgata a dicembre del 1947, riguarda la volontà di coinvolgere meglio ogni cittadino nel governo del Paese, anche attraverso le istituzioni locali, ma non separazioni e differenze nell’esercizio dei diritti; semmai il contrario. Il regionalismo dei costituenti è per l’unità del Paese.

Gli articoli della Costituzione, la più bella del mondo, che concernano il regionalismo dovranno essere letti e interpretati, per come ogni altro articolo, tenendo presente la volontà dichiarata: l’Italia è una e indivisibile. Il regionalismo che si è realizzato è diventato, per scelte legislative e per forzature di fatto, un problema per il Paese: ha soppiantato o è andato in contrasto, molto spesso e in modo differente da regione a regione, con la legislazione Parlamentare; ha provocato il “nazionalregionalismo” soprattutto nel Nord; sta spaccando la patria.

Molte delle decisioni e delle attività svolte dalle regioni hanno necessità di ritornare priorità del Parlamento per assicurare uguali diritti ai cittadini. E’ anacronistico il regionalismo che si è realizzato, e che si propone con l’Autonomia Differenziata, perché, fra tante altre cose, fa fare un passo indietro rispetto all’evoluzione geopolitica ed economica che la globalizzazione impone all’Europa e al mondo.

L’Italia, solo se unita, potrà essere sempre più impegnata alla costruzione politica, economica, sociale, culturale dell’Europa dei popoli. Se si persevera a spezzettare l’Italia in tanti statarelli, la stessa giocherà sempre di meno un ruolo significativo in Europa e nel mondo, perché prevarranno gli interessi “nazionali” di ogni singolo statarello che, impropriamente, continueremo a chiamare regione.

Bisogna, dunque, recuperare una contemporaneità al decentramento istituzionale, che dovrà essere in particolare amministrativo e di gestione. Il ruolo politico e legislativo sulle questioni strategiche e d’identità dovrà essere appannaggio del Parlamento e nel tempo, mi auguro, del Parlamento  Europeo. Il futuro obbliga ad avere una visione globale delle politiche e di ogni scelta fondamentale per la valorizzazione dell’essere umano di questo pianeta. Si pone, dunque, all’ordine del giorno una profonda e sostanziale revisione del regionalismo, ma non nel senso voluto dai proponenti la legge sull’Autonomia Differenziata.

Bisogna, ad esempio, procedere all’accorpamento in macro regioni (con una sostanziale parità di residenti e omogeneità territoriale). Dobbiamo recuperare e ripartire dal patriottismo degli italiani, cosa molto diversa dal nazionalismo, che la storia ha dimostrato nocivo per i cittadini e pericoloso per l’Europa. Sul regionalismo  i candidati alla presidenza della Regione,  gli aspiranti a Consigliere Regionali e i partiti hanno l’obbligo di presentare il loro pensiero con la massima chiarezza.

Sabatino Nicola Ventura

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