"Poesie e quadri da calendario", grande interesse per la pubblicazione dell'Accademia dei Bronzi

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images "Poesie e quadri da calendario", grande interesse per la pubblicazione dell'Accademia dei Bronzi

  20 dicembre 2024 13:27

Sono diverse le iniziative culturali promosse in tutta Italia durante le feste natalizie, iniziative che offrono uno “spaccato” variegato sull’arte e la poesia dei nostri giorni perché “arte e poesia, costituiscono da sempre un binomio vincente in quanto, quasi sempre, attingono dalla quotidianità”.

Una iniziativa che da 12 anni coinvolge centinaia di autori italiani e stranieri, con ottimi risultati, è senza dubbio il “Calendario di Arte e Poesia” dell’Accademia dei Bronzi, associazione culturale fondata e diretta dall’editore Vincenzo Ursini, premio della Cultura, a soli 22 anni, della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È una pubblicazione coinvolgente perché il calendario realizzato da Ursini è una vera opera d’arte che ci accompagna tutto l’anno con discrezione, eleganza e senso della misura, ma soprattutto con opere di buona qualità.

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Quest’anno, l’Accademia dei Bronzi ha dedicato le 12 immagini che accompagnano i mesi del calendario al borgo di Petrizzi, piccolo paese della Calabria jonica, prima tappa del percorso “kalabria coast to coast” che da Soverato arriva a Pizzo. “È un omaggio - ha scritto nei giorni scorsi la poetessa Francesca Misasi, vicentina - ad un luogo dove vecchi muri di eterna bellezza e angoli suggestivi, avvolti in una fissità struggente, parlano di storia, di anime semplici, affaticate in perenne cammino per compiere quel ciclo chiamato vita”.

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Ma il calendario, realizzato il elegante veste grafica e distribuito gratuitamente a tutti i cittadini di Petrizzi (cosa di grande prestigio per una pubblicazione del genere), contiene anche diverse poesie di grande spessore, selezionate con cura dall’Accademia dei Bronzi.

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«È un risultato eccellente – ha sottolineato il presidente Ursini – frutto del nostro impegno quotidiano a sostegno della cultura più autentica e viva”.

L’Accademia dei Bronzi ha pertanto assegnato a ciascun autore selezionato un pregevole attestato, con motivazione critica. Questi i poeti premiati, in ordine alfabetico: Angotti Concetta, per “Le stagioni del cuore”: un bel paesaggio autunnale offre lo spunto per una descrizione, che è tanto materiale quanto intima: le foglie cadono lievemente, associandosi all’idea dell’età matura della vita umana; Autunno Ettore, per la lirica “Cioè! Io ti amo…”: poesia che racconta di una dichiarazione d’amore fatta a partire dalla contemplazione della persona amata, del suo sguardo complice che aziona la passione e della beatitudine che permette di potersi guardare riflessi l’uno nell’altra. Se si è costretti improvvisamente a separarsi, allora la temporanea mancanza mette ancora più in risalto la forza del sentimento; Bernio Mariella per “Uomini”: racconto di un’epoca difficile, contrassegnata dalla povertà, dalla fede e dalla dignità, in cui i gesti e la fatica quotidiana del vivere segnano il tempo dell’esistenza. La perdita di una persona cara, ipostasi di questo mondo, diventa un rito di passaggio, per un gruppo di fratelli che si ritrovano catapultati all’improvviso in un mondo di adulti; Bianco Antonietta Angela per “Nei miei sogni”: versi che raccontano lo slancio verso la propria madre che non c’è più e parlano di un affetto che può continuare a esistere oltre la morte, sublimato nella propria sfera interiore, fatta di ricordi e sogni; Bocotti Massimo per “Il mio Amore”: amore potente, capace di darsi incondizionatamente all’altro, senza fare calcoli, ma abbracciando l’umanità intera. È un messaggio di speranza e di apertura alla fratellanza umana: Caione Donato per la lirica “Una luce nel silenzio”; l’autore affronta il tema della guerra, opera di uomini senza scrupoli, che non badano alla distruzione che seminano, nei luoghi resi irriconoscibili, nell’identità dei popoli, stravolta, e soprattutto nella vita dei bambini, costretti a piangere silenziosamente; Calabrese Antonio per “Diritti umani”: un elogio per ciò che i diritti umani rappresentano all’interno della storia umana, in parole semplici, quanto forti, come i concetti che essi trasmettono: l’uguaglianza, la giustizia, il rispetto per l’altro, che permettono a ognuno di vivere libero e di costruire un’esistenza dignitosa; Chiappetta Angelo per “Il poeta”: riflessione sul senso della poesia ci presenta alcuni dei suoi paradossi. La sua funzione è tutta concentrata sulla capacità di evocare sensazioni, creare rituali che però restano inutili per definizione, in quanto le sue verità “non danno risposta alcuna” – dichiara il poeta – “ai perché dell’esistenza”; Colicchio Maria Rosaria per “Canto d’amore universale”: il verbo “vorrei” sancisce in questa poesia una costante spinta verso l’altro, passando in rassegna tutto ciò che si desidera essere per lui. Protesi nel proprio slancio d’amore, per non essere mai dimenticati, si prendono via via varie sembianze: luce, tepore, luna, stelle, fiori portatori di profumo”: Condò Giuseppe per “Al “Fiore di pietra”: lirica che regala un punto di vista particolare dell’autore su Petrizzi, passandone in rassegna la natura e i frutti, al tempo stesso aspri e dolci, così come la sua popolazione, libera e semplice, povera ma dotata della grande ricchezza del sorriso; Crisapulli Paola “Memoria...”: pochi versi che racchiudono l’assenza. Ciò che non è potuto essere, assume una forza che negli anni cresce, fino a farsi un ricordo capace di urlare: è la potenza di un amore tenuto a lungo dentro, che ha prodotto dolori così intensi da non poterli sopportare: D’Amico Francesco per la lirica “Clessidre tra le Stelle”: gli eroi della storia e della leggenda sono qui celebrati in quartine ricche d’immagini, che parlano della loro eccezionalità, così grande da averli fatti ascendere figurativamente in cielo; Dell’Isola Antonio per “Dolce il fruscio del mare”: una scena in riva al mare. La trasparenza delle acque instilla un senso di stupore, spingendo a desiderare che le anime delle persone possano essere senza segreti come la superficie pelagica e ispirando nell’autore il desiderio di potersi fondere coi flutti; Donato Leo con “A mezzanotte”: poesia che è il racconto di una scena semplice quanto tenera: una semplice carezza sul viso è capace di suscitare grandi sentimenti mentre gli sguardi si perdono l’uno in quello dell’altro; Donato S. Bernardo Ciddio per “Un istante speciale”: stupore misto a malinconia si legano a una visione di Calabria mitica, con le sue bellezze e il suo paesaggio brullo, fatto di montagne che digradano a mare, uliveti e rivoli che si tuffano in acqua e paesi abitati da anziani, che resistendo allo scorrere del tempo si fanno custodi della tradizione; D’Urso Marino per la lirica “Quel viale di cipressi”: un viale di un cimitero suscita in chi lo attraversa per far visita ai propri cari un accostamento tra gli alberi e i trapassati: quasi che i primi, testimoni del passaggio delle anime, possano arrecare notizie e messaggi da parte di chi non c’è più, Errico Maria per “Una furtiva lacrima”: poesia che tracia una similitudine tra il cosmo, fatto di stelle, buchi neri, supernove e l’anima, che associa a ciascuno di questi corpi celesti uno stato d’animo; Gabrieli Claudia per la lirica “Verso un mondo migliore”: due situazioni simili anche se apparentemente così diverse: sono entrambe di chi emigra, ma c’è chi lo fa mettendosi a bordo di un aereo, lasciandosi il passato alle spalle, e chi invece ricerca un futuro radioso attraversando i mari in tempesta a bordo di una barchetta. Non importa a quale condizione o razza si appartenga, siamo tutti uniti dall’emozionante anelito a realizzare i nostri sogni; Gerbino Salvatore per “La prova”: un invito a lottare nel momento della prova. Le situazioni di difficoltà possono essere vissute come sfide, occasioni di crescita in cui dimostrare al mondo il proprio valore e la propria eccezionalità. Attingendo al bagaglio della propria memoria si possono trovare preziose risorse, capaci di far superare le avversità e uscire vittoriosi e migliori di prima dalle battaglie che si sono superate; Intermite Maria Rosaria per “Conflitti tra fratelli”: in un linguaggio crudo la poetessa racconta delle divisioni tra gli uomini, descritte ora come gabbie di ferro, ora come porte chiuse o ponti distrutti. Incapaci ormai di provare sentimenti, non si riesce ad andare oltre le brame e la crudeltà e così si è condannati a vivere esistenze grigie; La Moglie Salvatore per “Il treno fischia”: una lirica che in pochi versi immortala un saluto alla partenza di un treno, quando tante azioni ed emozioni si susseguono rapide. Ci si abbraccia, si entra, la vettura comincia a muoversi e guardando dal finestrino i propri affetti dai cui ci si è appena distaccati, si sente la stretta della malinconia; Landro Caterina per “Nelle stanze del mio cuore”: lirica nella quale il ricordo di un incontro amoroso si fa al tempo stesso struggente e melanconico. Ciò che è stato, quanto l’altro abbia saputo riempire la vita, lascia una traccia indelebile; Luchesi Patrizia per “Sorellanza”: l’unione speciale tra due sorelle è qualcosa d’impareggiabile. Tra di esse vi è una complicità che scaturisce da sorgente molto profonda e vale più di mille parole e spiegazioni: è sufficiente guardarsi, sentire che l’altra è vicina per provare sollievo in situazioni spiacevoli e trovare ristoro; Manca Marinella per “Alle porte del tramonto”: lirica che ricorda il dramma dei tanti anziani abbandonati nelle case di cura che desiderano soltanto un po’ di affetto e di attenzioni. Chiunque compie questo atto nei loro confronti dovrà però affrontare le conseguenze delle proprie azioni bieche; Maugeri Giusy per “Sogna bambino mio”: in un modo struggente, si racconta la guerra del punto di vista di un padre: un uomo che desidera che in mezzo al conflitto, il proprio bambino dorma e non oda i rumori delle bombe, che non veda la distruzione che lo circonda e il sogno in cui è avvolto non debba conoscere il risveglio; Misasi Francesca per la lirica “Fratello”: invito a guardare il proprio fratello, in chi attraversa i mari in cerca di fortuna o si trova in strada costretto a elemosinare. Donarsi è un gesto di resistenza contro l’oblio, per ricordarsi della nostra umanità e piantare semi che un giorno porteranno frutti; Nicolazzo Silvana per “Perché?”: poesia che traccia il ricordo di un padre: una persona operosa e che per la propria famiglia ha lavorato un’intera esistenza duramente e da anziano si ritrova incapace di muoversi autonomamente, in un luogo lontano da tutto ciò che è stato suo; Palazzesi Gianni per “Aspettando tempi migliori”: metafora di un fiore che cresce tra le erbacce, sopravvivendo alle intemperie e sbucando dalla neve. Sono le mani di chi chiede l’elemosina, uomini simulacri di ciò che sono stati, in cerca di affetto negato; Panetta Rosita per “Ed io ti aspettavo papà”: una dedica al proprio padre, lodandolo per tutto ciò che ha saputo trasmettere alla figlia, che si chiede chissà come sarebbe diventata senza di lui, cresciuto in tempi duri, tra povertà, freddo e tanto coraggio, ma venutone fuori con un sorriso pronto a superare ogni prova e a donare affetto; Pellegrinelli Monia per “Lentamente scompare”: una scena misteriosa, con la nebbia che avvolge tutto il campo visivo, inglobando i sensi di chi la osserva e percorre nell’incertezza. I giochi di luci e colori donano al mare e al sole sembianze particolari e inusuali, rarefatte; Pometti Pietro per “Quello che sei”: i momenti più bui dell’esistenza sono rischiarati dalla luce che alberga in fondo all’anima. È da questo nucleo, da cui emana un senso di antichità che sgorga la poesia, capace di dare un significato alle cose e di portare la fantasia in lidi ignoti, permettendo alle persone di provare sollievo e di restare fedeli alla propria essenza più profonda; Potenza Francesco per la lirica “Stazione di passaggio”: rime baciate, raccontano di una scena serale, un caleidoscopio di situazioni esistenziali tra le più disparate, catturate dalla mente dell’autore all’interno di un autogrill. La malinconica chiosa, offerta dalla luna che fa capolino, è che l’esistenza stessa sia una “stazione di passaggio”; Ranieri Anna Rachele per “Il peso e la corona”:

le sfaccettature del fardello del dolore sono mostrate nelle anime degli adulti, enfatizzando quanto esse possano essere appesantite su scala relativa, allo stesso modo in cui una bambola è difficile da tenere in mano per un bambino; Raniolo Antonio per “La fanciulla e il fratellino”: lirica che racconta la guerra, tra cieli neri di bombardamenti, uccelli che volano via in cerca di lidi migliori, e un fratellino e una sorellina che corrono in un rifugio per sfuggire alle bombe; Rinforzi Lolita per “La sua terra negli occhi”: la prospettiva della guerra emerge dal punto di vista di una persona, di cui ci viene offerta l’immagine: le sue iridi tracciano il ricordo della sua terra, ne serba in petto il ricordo, dopo essere sfuggito alla morte ma venendo separato dai suoi affetti; Ruscelli Niccolò per “La quotidianità”: poesia che racconta dell’istante in cui l’amore sensuale è capace di rapire due persone, tra il silenzio, l’intimità e la passione del loro incontro; Santoro Cinzia per “Resto immobile in cucina”: tra caffè ancora da preparare, colazione da condividere coi propri cari, liste di cose da fare e non ancora iniziate, si fa strada il desiderio di lasciarsi andare all’ozio, allo stesso modo dei gatti che pensano soltanto ad osservare le linee; in questo momento, emerge spontaneo un improvviso sorriso di stupore e meraviglia: Sicoli Angelica per “Lasciato il velo”: una dedica alle donne afghane, a cui si ricorda che sono libere come il cielo, nonostante i tempi siano avversi. Il loro dolore non è vano, non occorre cercare nel proprio corpo il peccato, o velare la propria personalità, prima ancora dei capelli. Seguendo la propria ribellione interiore, troveranno il germe di un cambiamento e, lasciandosi andare al ritmo della vita, s’immergeranno in una danza vitale che le farà rinascere; Soranzo Aurora per la lirica “Le matite di Giulia”: toccante dedica a Giulia Cecchettin, la cui esistenza viene metaforicamente paragonata alla sua arte, quella del disegno, che qualcuno ha voluto tragicamente calpestare e interrompere. Pur se le sue matite sono state spezzate, la sua opera continua, come una fenice pronta a rinascere; Spagnuolo Sonia per “Germogli di pace”: poesia che racconta la pace come metafora di vento sul campo, che passa leggera. Il paesaggio è ricco di richiami all’armonia: gli uccelli che volano, l’umanità che coltiva dentro di sé sogni di concordia; Spataru Liliana per “Il cammino”: versi ermetici, paragonano il cammino dell’anima – impegnata in una sorta di ascesa, che potrebbe essere verso il divino quanto verso una persona cara – a un percorso misterioso, avvolto da oscurità, pervaso da un senso di vuoto e del dolore, associato alle pietre e frutto delle ribellioni pregresse; Staita Merelinda per “I ricordi”: poesia che attraverso poche parole racconta della lotta della propria anima, contro il dolore che l’assale quando si affacciano i ricordi di una persona cara. Si vorrebbe ignorare ciò che affiora alla mente, ma si finisce per soccombere alle emozioni e sensazioni; Tagliani Caterina per “Miniera”: poesia che racconta la vita mineraria, fatta delle sue asprezze e delle sue fatiche: eroiche, disumane e interminabili, in condizione di rischio mortale. Anche con un elmetto in testa e una visiera, quando si respirano esalazioni tossiche o si rimane intrappolati sotto un crollo, c’è l’eventualità di restare sepolti sotto le pietre, e allora saranno quelle la perpetua tomba, invece della terra di un cimitero; Vespari Marco per “Amore eterno”: una lirica d’amore in cui, utilizzando a volte rime baciate e attingendo a elementi del mondo letterario, si comunica costantemente la passione alla persona cara.

Per la sezione “arte” sono la Menzione di merito è stata assegnata a: Caterina Rizzo per l’opera “Petrizzi: fine corso Umberto I”; Giuseppe Galati per l’opera “Petrizzi: ‘A funtana do’ Timpunedu”; Giovanni Chiarella per “Petrizzi: Colalja”; Ugo Rosanò per l’opera “Petrizzi: ‘A porta e jusu”; Alfredo Leonardo per “Petrizzi: Via Umberto I, zona chiesa Matrice”; Franco Foglia (Fotografo), per “L’incoronazione della Vergine Maria” - Opera di Tommaso Martini che si trova nella Chiesa della SS. Trinità di Petrizzi.

 

 

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