Una ragione di opportunità. E di buon senso. Perché se è vero che l'"effetto coronavirus" può fare più danni del virus stesso - spesso in questo momento di grande paura - è pur vero che le prescrizioni dettate in materia per chi rientra in Calabria dal Nord sono chiare e non lasciano spazi ad alcuna interpretazione.
"La Regione Calabria invita i cittadini calabresi che in queste ore rientrano dalle regioni del nord interessate dall’espansione epidemica, oltre che dalle altre aree internazionali già definire a rischio, di comunicare alle autorità locali il loro rientro in modo da valutare misure di quarantena attiva volontaria presso il proprio domicilio anche in assenza di sintomi".
Invito che, tuttavia, non da tutti è stato recepito. Tanto che questa mattina è stato addirittura l'infermiere di un ambulatorio dell'ospedale Ciaccio, appena rientrato da Venezia, a tornare al lavoro senza alcuna precauzione. E questo nonostante un medico del presidio avesse tempestivamente segnalato la circostanza del presidio ospedaliero, in particolare al responsabile d'area, Francesco Talarico, che, a sua volta, non pare abbia assunto alcun tipo di precauzione o inviato alcuna comunicazione alla Direzione generale. Nè contattato telefonicamente, il dirigente Talarico ha fornito alcuna risposta, essendo in quel momento impegnato in altro, al contrario del direttore sanitario, Nicola Pelle, che, pur non avendo contezza del caso specifico, al termine della riunione in prefettura, ha spiegato che, in ogni caso, in linea generale, le restrizioni sono state limitate solo agli 11 comuni della zona rossa, ovvero 10 della Lombardia e uno del Veneto (LEGGI QUI). E il dipendente non arriva da nessuno di questi posti.
Tuttavia, i timori tra colleghi e utenti crescono, anche se la raccomandazione è sempre di non alimentare falsi allarmismi.
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