Decreto liquidità/2. La prof dell'Umg Marianna Mauro: "Le imprese in un percorso a ostacoli per superare la crisi economica da Covid-19"

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La docente dell'Umg, Marianna Mauro
  01 maggio 2020 09:43

Nessuna impresa globale sarà risparmiata dagli effetti della pandemia Covid-19 sulla domanda di mercato, sulla redditività e sulla liquidità. Ciò che contraddistingue le imprese italiane, rispetto alle concorrenti europee, è la composizione della “struttura finanziaria”, vale a dire le modalità attraverso cui le imprese finanziano i propri investimenti.

In Italia, dal 17 marzo al 27 aprile 38.921 piccole e medie imprese (pmi) italiane hanno fatto domanda per ottenere una garanzia a fronte delle misure di finanziamento delineate dal Decreto Liquidità, generando finanziamenti per 3,6 miliardi di euro, di cui 450 milioni di euro per le 20.835 operazioni riferite a prestiti fino a 25 mila euro (Fonte: ItaliaOggi, 30 aprile 2020). La già fragile struttura finanziaria delle pmi italiane rappresenta, in molti casi, un ostacolo all’accesso al credito. Un’indagine condotta dall’Associazione italiana dei dottori commercialisti ha sintetizzato le segnalazioni ricevute dalle imprese in merito alle procedure “anomale” per l’accesso al credito, che invece avrebbero dovuto essere semplificate, non essendo subordinate alla valutazione del merito creditizio. La brutale interruzione delle attività economiche rappresenta un unicum nella storia moderna e, pertanto, non è possibile effettuare proiezioni reali e affidabili in merito all’impatto sulle imprese, tanto più che risulta legato alla situazione sanitaria del paese: quanto più lontano sarà il ritorno alla normalità, tanto più grave sarà il suo impatto sulla crescita.

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Già l’anno 2019 si è concluso con una serie di moniti sullo stato di salute delle imprese italiane. Il rapporto sulla stabilità finanziaria delle imprese (Numero 2/Novembre 2019), redatto dalla Banca d’Italia, segnalava una flessione del reddito operativo delle imprese, con una contrazione del numero di imprese piccole e medie che attendevano di chiudere l’esercizio 2019 con una diminuzione del risultato netto; a ciò si aggiungano gli effetti negativi del lockdown, destinato a produrre riflessi sui bilanci 2020. È da sottolineare che l’impatto sull’equilibrio delle imprese sarà molto diverso, anche in considerazione della loro struttura finanziaria. 

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Il Management di un’Azienda, dopo aver quantificato l’ammontare delle risorse di cui necessita, deve scegliere le fonti più adatte per reperire il finanziamento necessario. Il Decreto liquidità affida la ripresa delle imprese italiane all’indebitamento, anche se – come già evidenziato – non sempre si presenta come la scelta più adeguata.

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La situazione delle imprese Italiane, infatti, è molto particolare: la natura del tessuto imprenditoriale, composto da pochissime grandi imprese, poche medio-grandi, e per la stragrande maggioranza piccole-micro imprese, determina un fortissimo sbilanciamento nel reperimento delle fonti di finanziamento, spostato essenzialmente verso il debito, appunto. Le imprese italiane risultavano già nel 2018 “Sottocapitalizzate”, cioè fortemente indebitate, con uno scarso ricorso a risorse proprie per il finanziamento degli investimenti. Questo ha fatto si che nel tempo le nostre imprese si siano progressivamente sotto-capitalizzate, rispetto agli altri principali paesi Europei, fondando le scelte di politica finanziaria sull’indebitamento esterno, che, di fatto, le ha rese più vulnerabili rispetto alle concorrenti internazionali. Infatti, il forte indebitamento porta delle conseguenze in termini di sostenibilità della crescita e di probabilità di sopravvivenza dell’azienda. La piccola (spesso micro) dimensione di molte imprese italiane, associata al carattere “familiare” della struttura proprietaria, conferisce una elevata debolezza finanziaria, che implica la scelta del debito esterno come fonte primaria di finanziamento.

È chiaro che l’impresa indebitata non è malata: il debito è fisiologico se rappresenta il frutto di ponderate scelte di politica finanziaria, che contribuiscano alla creazione di valore. Se, però, il peso del debito è molto elevato – diventando insostenibile -, aumenterà il costo per la remunerazione del capitale ricevuto (interessi), contribuendo ad aumentare il rischio finanziario; in tale situazione di tensione, molta della liquidità aziendale, andrà agli istituti di credito per remunerare il costo del debito. All’aumentare dell’indebitamento, e, quindi, del rischio, le banche potrebbero essere disposte a finanziare le imprese, ma ad un maggiore interesse, innescando una spirale molto pericolosa.

Pertanto, non sempre l’accesso al credito (anche se a condizioni vantaggiose) si presenta come la soluzione più adeguata. La vulnerabilità delle imprese italiane avrebbe richiesto l’individuazione di strumenti di sostegno più complessi ed adeguati, che, da un lato, avrebbero potuto incentivare, attraverso un’adeguata politica fiscale, il finanziamento attraverso risorse proprie e, dall’altro, supportare le imprese per lo sviluppo di piani aziendali di continuità. Pertanto, le speranze per l’individuazione di misure efficaci sono riposte nel “decreto maggio”, che con oltre 50 miliardi di euro promette sostegno delle imprese.

LEGGI ANCHE QUI. Decreto liquidità/1. La prof dell'Umg Marianna Mauro spiega come gli imprenditori potranno rimanere sul mercato nella fase 2

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