di TERESA ALOI
La definiscono “silente, ma più che mai viva nella sua vocazione affaristico imprenditoriale”. E ancora una volta ne viene fuori l’immagine di una ‘ndrangheta “saldamente leader nei grandi traffici di droga, ambito in cui sta acquisendo sempre maggior forza e “prestigio” a livello internazionale. Un’organizzazione che continua a far gemmare cellule criminali fuori dalla regione d’origine, tanto che nel semestre è stata giudiziariamente scoperta l’esistenza di un nuovo locale di ‘ndrangheta, questa volta operante in Valle d’Aosta, riconducibile alle cosche di San Luca”.
La relazione della Divisione investigativa antimafia parla chiaro: la mafia calabrese resta la più affidabile e questo perché ha una struttura organizzativa a base familiare, “compatta dall’interno e per questo meno esposta al fenomeno del pentitismo”. Uno dei punti di forza della ‘ndrangheta risiede proprio nella sua capacità di stabilire legami diretti con diversi interlocutori. “Le più recenti investigazioni - si legge nella relazione della Dia - hanno dato prova di come le ‘ndrine riescano a relazionarsi egualmente con le altre organizzazioni criminali del Sud o del Centro del Paese, ma anche con interlocutori di diversa estrazione sociale, siano essi politici, imprenditori o figure professionali in ogni caso utili ai tornaconti delle cosche”.
Ecco perché “esprime un radicato livello di penetrazione nel mondo politico ed istituzionale, ottenendo indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche”.
E’ una “ mafia arcaica nella struttura e moderna nella strategia, capace di creare e rafforzare sempre di più i propri vincoli associativi interni, creando seguito e consenso soprattutto nelle aree a forte sofferenza economica, ma allo stesso tempo in grado di adattarsi alle evoluzioni del contesto esterno, nazionale ed internazionale, tenendosi al passo con i fenomeni di progresso e globalizzazione, anche grazie alle giovani leve che vengono mandate fuori Regione a istruirsi e formarsi per poi mettere a disposizione delle ‘ndrine il bagaglio conoscitivo accumulato”.
Le nuove leve, già. Perché in provincia di Catanzaro "in termini generali nel Distretto di Corte di Appello di Catanzaro, comprensivo anche delle province di Cosenza, Crotone e Vibo Valentia" esiste quella "sorta di staffetta generazionale, una “rigenerazione” forzata, causata dal venir meno di capi e affiliati di rilievo decimati dagli arresti".
Nel territorio compreso tra la costa ionica e la c.d. “montagna”, cioè la zona montuosa della Presila catanzarese e crotonese, ci sono cognomi importanti della ‘ndrangheta storica che cercano di consolidare la propria presenza colmando un vuoto apparente.
La mappatura della criminalità organizzata nella città e nella provincia di Catanzaro non ha fatto registrare significativi mutamenti e consegna nuovamente alla storia la continuazione dell'operatività e la presenza degli zingari attivi soprattutto nei quartieri meridionali, affiancando, nella provincia, la presenza primaria della cosca cutrese dei GRANDE ARACRI, in particolar modo attiva nel settore imprenditoriale.
Analizzando il semestre non poteva non essere menzionata l’operazione denominata “Reventinum” , del gennaio del 2019. L’indagine, condotta dai Carabinieri di Catanzaro, coordinati dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha riguardato 12 persone tutti appartenenti al clan SCALISE e MEZZATESTA, operanti nell’area catanzarese del Reventino, ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e, a vario titolo, dei delitti di estorsione, sequestro di persona, violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso.
Nel territorio di Lamezia Terme si conferma l’operatività delle cosche GIAMPÀ e CERRA-TORCASIO-GUALTIERI nella zona di Nicastro e IANNAZZO-DA PONTE-CANNIZZARO nella zona di Sambiase ed aree limitrofe. Le cosche lametine hanno ancora una volta evidenziato la capacità di proiettare i propri interessi criminali anche fuori regione. Forti, poi, risultano "i legami tra i sodalizi locali e la famiglia MANCUSO di Limbadi (VV) e consolidati i rapporti tra i CERRA-TORCASIO-GUALTIERI con le ‘ndrine di San Luca (RC)".
Per quanto concerne il basso versante jonico soveratese si conferma la presenza della cosca dei GALLACE di Guardavalle, con ramificazioni sia in Lombardia che nel Lazio . Nel periodo in esame la cosca è stata interessata dagli esiti dell’operazione “Last Generation” del 24 giugno del 2019, che ha portato all’arresto di 24 persone, con il coinvolgimento di molte donne ed anche di minori, contigui agli stessi GALLACE, con l’accusa, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (pluriaggravata, oltre che dal metodo mafioso, anche per aver indotto minorenni a commettere il reato) e al porto illegale di armi da fuoco. Oltre a rifornire di stupefacente l’area del soveratese, il sodalizio faceva arrivare importanti quantitativi di cocaina nelle piazze di spaccio del milanese e del maceratese. È stato, inoltre, accertato che i proventi del narcotraffico venivano reimpiegati e riciclati anche all’estero, in particolare in Austria, dove operava un soggetto legato all’organizzazione.
Oltre alla famiglia GALLACE di Guardavalle a Soverato e nei comuni limitrofi continua ad operare la cosca SIA-PROCOPIO-TRIPODI. Nei comuni di Chiaravalle e Torre di Ruggiero, area delle Preserre, risultano operanti le famiglie IOZZO-CHIEFARI. Le famiglie CATARISANO-ABBRUZZO-GUALTIERI-COSSARI insistono sui comuni ionici di Borgia e Roccelletta di Borgia, mentre nella zona di Vallefiorita e aree limitrofe risultano operativi i TOLONE-CATROPPA.
Le famiglie PANE-IAZZOLINO e CARPINO-SCUMACI-BUBBO sono attive nella zona nota come Presila.
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