di EDOARDO CORASANITI
Il tempo è la misura delle cose. E la misura, nella cava Liperota, in località San Sidero e nella Cava Parisi di Lamezia Terme, è stracolma. Quindici anni di smaltimento di rifiuti senza autorizzazioni, scavando buche di notte e riempendole di qualsiasi cosa, inquinando terreni e contaminando le acque. In mezzo, tra gli affari e l’inquinamento, la salute delle persone che quelle sostanze tossiche le ingeriscono, le mangiano, le bevono, le assorbono.
Questa mattina la Polizia e le procura di Lamezia e Catanzaro hanno fermato il giro di affari che coinvolge società locali e del nord Italia, le quali, secondo l’accusa, non avrebbero avuto scrupoli nel gettare per anni i rifiuti in alcune località della città. Tra cui anche medicinali scaduti, altamente pericolosi per la salute.
Nell'operazione denominata "Quarta copia", sono venti le persone coinvolte, tra carcere, arresti domiciliari e obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e che dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti ed inquinamento ambientale. Tre società interessate, tra cui una di Gizzeria e una di Bologna.
Il sistema utilizzato per provare ad aggirare i controlli è complesso, articolato e fa leva sulle società che si occupano dello smaltimento. Ad accorgersene per primo, in verità, è un cittadino di Lamezia Terme, che quando si accorge di alcune stranezze non ci pensa due volte ad avvertire le forze dell’ordine. Siamo a giugno 2018 le indagini e si concludono oggi.
Il questore di Catanzaro, Amalia Di Ruocco, inizia la conferenza stampa scherzando: “Si sentiva l’esigenza di qualche arresto”. Per poi passare all’operazione di oggi: “Un lavoro di sinergia tra il commissariamento di Lamezia Terme e la Squadra mobile di Catanzaro”.
A rincarare la dose è Nicola Gratteri, a capo della Procura distrettuale di Catanzaro: “E’ estremamente importante, per ottenere il consenso popolare, che le procure si mostrino unite. Oggi dimostriamo la nostra forza e credibilità”.
Il procuratore di Lamezia Terme, Salvatore Curcio, sottolinea come “la tematica ambientale sta molto a cuore ai cittadini perché tocca la loro salute. Dall’indagine emerge una realtà criminale simile a quella che ha anteceduto la terra dei fuochi in Campania.
Purtroppo, assistiamo alla rincorsa del profitto ad ogni costo che, per stupidità, ha determinato l’inquinamento anche dei loro figli”.
Vincenzo Capomolla, procuratore aggiunto di Catanzaro: “l’operazione mette in luce sofisticati strumenti per smaltire i rifiuti con uno schermo legale. Parliamo di oltre 300 tonnellate di rifiuti gettati in siti inidonei con l’unico scopo di ridurre notevolmente il costo di gestione delle aziende che provengono anche dalla Lombardia, Emilia Romagna”.
Soddisfatto il neo capo della squadra mobile, Alfonso Iadevaia: “Raccolgo i frutti di un ottimo lavoro già realizzato su ben 10 province. L’indagine ha permesso di verificare come i rifiuti viaggiavano regolarmente per poi finire in luoghi non adatti allo smaltimento, attraverso aziende legali”.
Alessandro Tocco, il primo dirigente del commissariato di Lamezia, ha ringraziato il cittadino che ha permesso l’indagine. “Invitiamo tutti a farlo” .
I nomi:
I nomi:
Bova Maurizio Antonio, carcere
Romanello Angelo, carcere
Villella Assunta, carcere
Parisi Giuseppe, carcere
Liparota Giuseppe, carcere
Liparota Gianfranco, carcere
Liparota Felice Antonio, carcere
Gabriele Felice, carcere
Sacco Domenico Antonio, domiciliari
Parisi Sarina, domiciliari
Parisi Francesco, domiciliari
Imparato Michelina, domiciliari
Molinari Matteo, domiciliari
Gabriele Pasquale, domiciliari
Leto Giuseppe, domiciliari
Bernardo Domenico, obbligo di firma
Galati Tommaso, obbligo di firma
Benincasa Ferdinando, obbligo di firma
Mancuso Angelo, obbligo di firma
Battipaglia Gennaro, obbligo di firma
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