Quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere e due obblighi di dimora.
È quanto disposto dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri nell’ambito dell’inchiesta che ha fatto luce sulla sparatoria avvenuta a Piscopio lo scorso mese di settembre che causò la morte del ventunenne Salvatore Battaglia. Dopo aver catturato e assicurato alla giustizia il presunto esecutore materiale dell’omicidio identificato dalle indagini nel 32enne Antonio Felice, i Carabinieri del Norm e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia hanno allargato il cerchio delle indagini e individuato i presunti favoreggiatori che con il loro silenzio hanno reso più complicata la ricostruzione della vicenda.
All’alba di oggi i Carabinieri di Vibo Valentia hanno quindi eseguito le sei misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti esponenti della ‘ndrangheta di Piscopio. A vario titolo sono accusati di omicidio, tentato omicidio, favoreggiamento personale, porto e detenzione abusiva di arma da fuoco. Reati aggravati dal metodo mafioso.
Le indagini dei Carabinieri di Vibo, oltre a confermare quanto già ricostruito nel provvedimento che ha portato all’arresto di Antonio Felice, hanno permesso di ricostruire il quadro di responsabilità a carico di altri protagonisti che hanno avuto un ruolo nella vicenda. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stato notificato allo stesso Antonio Felice (già detenuto), 32 anni di Piscopio, e a coloro che sarebbero i destinatari dell’agguato: Giovanni Zuliani, 23 anni di Piscopio (rimasto ferito alle gambe nella sparatoria) e Michele Ripepi, 19 anni di Piscopio, rimasto illeso nel corso della sparatoria avvenuta nei pressi della villetta comunale. Entrambi sono ritenuti responsabili di favoreggiamento personale avendo taciuto l’identità dell’autore dell’omicidio e devono rispondere anche di porto e detenzione abusiva di arma da fuoco.
Agli arresti domiciliari invece Michele Fiorillo, 32 anni, anche lui di Piscopio mentre il Gip di Catanzaro ha disposto l’obbligo di dimora nel Comune di Vibo Valentia per i fratelli Antonio e Giuseppe Francolino, rispettivamente 25 e 24 anni. Sono accusati di favoreggiamento personale avendo omesso di riferire quanto a loro conoscenza pur avendo direttamente assistito all’azione delittuosa. Un silenzio necessario a garantire l’impunità all’autore dell’omicidio.
"Ho deciso di collaborare con la giustizia perché temo che a breve a Vibo Valentia scoppierà una guerra di 'ndrangheta e io voglio starne lontano e pensare al bene di mio figlio".
A dirlo è stato Bartolomeo Arena quando, il 18 ottobre scorso, ha iniziato a collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Quarantatrè anni esponente della famiglia Arena-Pugliese i cui componenti, spiega, sono uomini d'onore fin al 1800, Arena ha fornito un supporto alle indagini sulla soluzione dell'omicidio di Salvatore Battaglia ed è considerato vicino al gruppo di un altro pentito, Andrea Mantella, ex boss di Vibo.
Circa 30 anni fa ad Arena fu ucciso un congiunto il cui corpo non è mai stato ritrovato e nella seconda metà degli anni 2000 un altro parente era stato assassinato in un agguato lungo la strada tra Vibo Marina e Pizzo.
Salgono dunque a cinque i pentiti di 'ndrangheta negli ultimi quattro anni. Il primo è stato, nel 2015, Raffaele Moscato, ex componente di fuoco del clan dei Piscopisani, che ha contribuito all'operazione "Rimpiazzo" che ha aperto nuovi scenari non solo nella mappa geo-mafiosa della città ma anche in altri settori che potrebbero coinvolgere i cosiddetti colletti bianchi. Nel 2016 è stata la volta dell'ex boss di Vibo Andrea Mantella che durante un'udienza del processo "Black money" disse: "Ho commesso otto omicidi, quanti ne ordinati neanche me lo ricordo". Quindi Nicola Figliuzzi, terminale armato del clan dei Patania nella guerra con i piscopisani (novembre 2017). Poi Giuseppe Comito, esponente sempre di Patania.
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