di EDOARDO CORASANITI
E' l'ultimo passaggio cautelare: il prossimo 25 giugno la Corte di Cassazione deciderà sul ricorso presentato nell'interesse di Giancarlo Pittelli, arrestato nell'ambito dell'operazione Rinascita Scott, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, e che ha portato all’arresto di 334 persone e all’iscrizione nel registro degli indagati di 416. Al centro dell’indagine, la cosca di Limbadi guidata da Luigi Mancuso (in passato difeso proprio da Pittelli) e i rapporti tra Stato, mafia e massoneria deviata.
I suoi legali, Salvatore Staiano, Guido Contestabile e Giovanni Aricò, si troveranno davanti ai giudici romani per insistere sulla scarcerazione dell'avvocato catanzarese ed ex parlamentare, ora detenuto a Nuoro.
Nei mesi scorsi il Tribunale della libertà, in sede di Riesame a gennaio (LEGGI QUI), aveva rigettato le istanze e le argomentazioni della difesa. E non solo, perché il rigetto è arrivato anche dal Gip a febbraio scorso, quando i legali dell'ex senatore presentano un’istanza (ex 299 del codice di procedurale penale) per chiedere la modifica della misura cautelare del carcere a quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Il Gip rigetta e la palla passa all’Appello cautelare che a fine aprile ha di nuovo detto "no" alla sostituzione della misura cautelare (LEGGI QUI). E così, non è rimasto altro che presentare il ricorso in Cassazione (LEGGI QUI LE ARGOMENTAZIONI DELLA DIFESA)
I giudici del Riesame a gennaio scorso hanno modificato il capo d’imputazione, configurando il concorso esterno e mettondo da parte l’accusa di partecipazione all’associazione mafiosa (416 bis del Codice penale). Ad essere esclusa è anche l’esistenza di una loggia massonica deviata per come narrata dai collaboratori di giustizia. La misura cautelare, il carcere, però è rimasta la stessa.
Allora si riparte dalla rivalutazione e rilettura degli elementi centrali del caso Pittelli: la vicenda del villaggio Valtur, la presunta estorsione Basile, i verbali omissati di Mantella, l’abuso d’ufficio collegato alle violazioni di segreto istruttorio attraverso il colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli (inizialmente in carcere e poi agli arresti domiciliari). Episodi da studiare e mettere insieme e che, secondo la difesa, porterebbero all’esclusione di responsabilità penali di Pittelli.
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