San Sostene, contro una delle maestre cade l'accusa di maltrattamenti sui bimbi: può tornare ad insegnare. Per la collega misura ridotta a sei mesi

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Foto d'archivio
  11 novembre 2019 13:01

Di EDOARDO CORASANITI

Due risultati diversi ma simili e che tendono a smorzare le accuse di maltrattamenti e lesioni nei confronti di due maestra di San Sostene. (Catanzaro). 
Per una, L.E., il Tribunale ha completamente annullato le imputazioni, per l'altra, F.A (difesa dall'avvocato Saverio Pittelli)., rimangono solo i maltrattamenti, riducendo così a sei mesi la sospensione dall'esercizio. 

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“Per le condotte della maestra L.E. non appare il carattere di abitualità di condotte vessatorie, violente e denigratorie nei confronti degli alunni”, spiegano i giudici del Tribunale di Catanzaro che hanno annullato l’ordinanza di sospensione  dall’attività professionale per una delle due maestre. 
Il provvedimento, che trova l’accoglimento delle tesi difensive dell’avvocato Fabrizio Costarella, si traduce in una direzione: la maestra può ritornare ad insegnare, al suo posto, tra i banchi di scuola.
La seconda sezione penale di Catanzaro, presieduta da Giuseppe Valea, ha completamente smontato l’accusa che ha portato lo scorso 18 luglio alla misura che sospendeva L.E. per un anno dall’insegnamento e che ha lungo ha fatto discutere il paese ionico con un eco in tutta la regione.  In più, l’accusa è fondata sull’utilizzo delle tanto invocate telecamere che hanno ripreso dal 28 maggio al 6 giugno 2019 le insegnanti a contatto con gli alunni. Un arco temporale troppo risicato ed approssimativo che, ad ogni modo, non ha prodotto un livello probatorio tale da poter sostenere i reati contestati alla maestra.

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E’ lungo tredici pagine il provvedimento che spiega le ragioni dell’annullamento, da ricercare proprio nei comportamenti della maestra L.E. Viene così sottolineato a più riprese come quasi tutti i bambini manifestavano una esuberanza insolita e che coinvolgeva tutti i presenti, tanto che “avevano oggettivi difficoltà di controllo, anche sotto il profilo della sicurezza”. Una emergenza educativa già rappresentata dalle stesse maestre in sede di riunioni interclasse e dal confronto con i rappresentanti di classe dei genitori. Mai però sono emerse situazioni di violenza o vessazioni nei confronti degli allievi.
E soprattutto, le condotte della maestra, “seppur non adeguata al ruolo ricoperto e alla funzione educativa chiamata a svolgere non si apprezzano, in punto di gravità indiziaria ai fini della integrazione del delitto di maltrattamenti nei termini configurati dall’ordinanza”.
E’ un problema anche temporale. Il giudice, infatti, fa notare che, rispetto a come è stata presentata dalla Procura guidata da Nicola Gratteri e accolta poi dal Gip, gli unici episodi si sono concentrati il 6 giugno, giorno in cui le telecamere degli investigatori riprendono i fatti contestati ad L.E. Poco per mettere al bando un’insegnante che finora non aveva mai avuto guai con la giustizia.

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Il ragionamento fa saltare l’accusa della abitualità delle condotte vessatorie, violente o denigratorie nei confronti degli alunni.

 Anche perché, continuano i giudici, gli stessi continuavano a tenere comportamenti ad elevata vivacità o anche iperattività: in sostanza, non hanno manifestato alcuna immediata conseguenza sul piano psicologico o comportamentale (come isolamento dal gruppo, pianto ecc). Anzi, il contrario.

La conclusione, dunque, che vede crollare il precario castello probatorio della Procura, non può che virare verso una soluzione: per L.E. non sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al contestato delitto di maltrattamenti.
Sulle esigenze cautelari, e quindi di dover mantenere la sospensione: ”Il pericolo di reiterazione non appare rivestire carattere di concretezza e di attualità proprio perché la natura degli episodi conduce ad escludere che la maestra possa compiere ulteriori condotte analoghe a quelle in esame”.
Da oggi la maestra può ritornare ad insegnare.

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