di MARIA STELLA FRANCO*
Se da un lato il covid 19, questo nemico invisibile e tuttora imbattuto, ha portato tanto dolore e tanti lutti, dall’altra ci ha spinto a rivalutare la nostra vita e a ripensare a quelle che sono vere priorità a discapito di quelle sicurezze che ritenevamo di avere definitivamente acquisito e che davamo per scontate.
Ma in una tale situazione, qual è la priorità da perseguire e proteggere, oltre la famiglia e la salute? Certamente la Scuola, correlata alle prime due, è un fattore primario, poiché, da sempre, per risolvere le problematiche di natura culturale e sociale, si deve sempre partire dalla scuola.
Essa ha un ruolo fondamentale per il progresso umano e civile, poiché offre a tutti quelle pari opportunità che sono garantite dalla Costituzione.
Purtroppo negli ultimi anni, la famiglia ha inteso delegare molte delle sue funzioni alla scuola, arrogandosi nel contempo il diritto di mettere in discussione il ruolo dei docenti già abbastanza avvilito sia dal punto di vista giuridico e retributivo.
Si tratta di una delegittimazione ingiusta e controproducente e oggi, ci si è reso conto della funzione, fondamentale e insostituibile sia della scuola che degli insegnanti che ne costituiscono la struttura portante.
Non bisogna dimenticare mai che è nella Scuola che i nostri figli si formano, è nella Scuola che crescono, creano e appagano la loro sete di sapere e di conoscere.
Ed è sempre la scuola che, interpretando anche una funzione sociale, consente di affrancarli dalla solitudine e dall’isolamento, formando l’uomo come membro della società civile.
Approfittiamo di questo tempo che ci separa da settembre e ripristiniamo, mettendole in sicurezza, le scuole da troppo tempo chiuse a causa del contenimento della spesa pubblica.
Eliminiamo le “classi pollaio” utili solo a diminuire i costi, ma che in termini di qualità dell’insegnamento ed efficacia dell’apprendimento sono controproducenti. Solo così si potrà restituire alla scuola ed ai docenti quella fierezza e quella coscienza di sé che non nascono dall’ampiezza formativa, bensì dalla sua qualità e dalla sua completezza.
Educare non significa ingolfare con nozioni preconfezionate, ma deriva da ex-ducere che in latino significa “condurre fuori”, aiutare i giovani ad esprimere se stessi, perché come diceva Plutarco “i ragazzi non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere”.
I docenti questo lo sanno bene e sono in grado di riconoscere il talento che ognuno, da qualche parte, seppur recondita e nascosta, possiede, ma per riuscirci devono creare quell’interazione e quell’empatia che solo la presenza fisica può consentire di raggiungere.
Le istituzioni, la politica e tutti coloro che hanno responsabilità devono investire in questa direzione e non devono risparmiare sulla scuola, ma investire su di essa, perché solo essa può dare una risposta valida a questa sfida, che ora più che mai, non può essere rinviata.
.*Docente di Catanzaro
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