di STEFANIA PAPALEO
Boss e gregari del clan Bellocco di Rosarno rimessi in libertà in cambio di denaro. "Abbraccio" il nome in codice dell'operazione che nel 2014 travolse il giudice del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, Giancarlo Giusti, che, non reggendo allo scandalo, si suicidò l'anno successivo nella sua casa di Montepaone, senza aspettare il corso del procedimento finalizzato a verificare la fondatezza di quell'accusa. Il Giudice per le udienze preliminari distrettuale di Catanzaro, Carlo Saverio Ferraro, al termine del processo con rito abbreviato, ha già condannato per quella vicenda a 6 anni di reclusione Rocco Bellocco (cl.’52) ed il figlio Domenico (cl.’80), Domenico Punturiero (cl.’65), Rocco Gallo (cl.’53), Gaetano Gallo (cl.’ 54) e Giuseppe Gallo (cl. ’84), figli di Rocco. Ma adesso un nuovo strascico giudiziario è destinato a fare molto rumore in Calabria.
Un avviso di chiusura delle indagini emesso dalla Dda di Catanzaro ha raggiunto un nome importante dell'avvocatura calabrese, Armando Veneto, accusato insieme ad altre sei persone di aver fatto da intermediario tra il giudice Giusti per ottenere la libertà di tre gregari del clan Bellocco in cambio di una somma totale pari a 120 mila euro. In calce la firma del procuratore aggiunto, Vincenzo Capomolla, del sostituto procuratore Elio Romano e del procuratore capo, Nicola Gratteri. Nell'elenco degli indagati anche i nomi di BELLOCCO Domenico classe 1977, PUNTORIERO Vincenzo classe 1954, PUNTORIERO Gregorio classe 1979, ALBANESE Vincenzo classe 1977, CONSIGLIO Giuseppe classe 1970 e MARCELLINO Rosario classe 1973. Tutti difesi d'ufficio dall'avvocato Francesco Santo, del Foro di Catanzaro.
Nello specifico, secondo l'accusa della Dda, in concorso tra loro e con i sei imputati già condannati nel 2016, avrebbero dato o comunque fatto dare ben 120 mila euro (40mila euro ciascuno) al giudice Giusti, per indurre quest'ultimo, in qualità di magistrato componente del collegio del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, quale giudice relatore ed estensore, su sua stessa richiesta in tal senso ai collegi del collegio giudicante, a ribaltare le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria il 10 agosto 2009, così favorendo BELLOCCO Rocco, GALLO Rocco Gaetano e BELLOCCO Domenico. Da qui il reato di corruzione in atti giudiziari, aggravato dall’art. 416 bis .1 cp, a carico degli indagati attuali, che ovviamente potranno difendersi nelle sedi opportune dalle accuse legate a episodi commessi a Reggio Calabria, Palmi, Rosarno tra il 10 e il 27 agosto 2009.
Bisogna, infatti, ricordare che già nella prima fase dell'inchiesta era spuntato il nome di Armando Veneto, ma poi gli inquirenti lo avevano ritenuto estraneo al patto corruttivo finalizzato alle facile scarcerazioni sulle quali, all'epoca, aveva indagato l'allora procuratore aggiunto della Dda, Vincenzo Luberto, a parere del quale l'avvocato Veneto neanche avrebbe fatto valere la propria competenza forense, in vista del Tribunale del riesame davanti al quale aveva difeso i Bellocco.
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