Potere al Popolo: "Diritto alla salute, diritto alla vita in Calabria"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Potere al Popolo: "Diritto alla salute, diritto alla vita in Calabria"

  11 gennaio 2025 18:18

Riceviamo e pubblichiamo:

"Come Potere al Popolo esprimiamo solidarietà e vicinanza ai cari di Serafino Congi, 48 anni, deceduto su un'ambulanza lo scorso 4 gennaio dopo aver passato ore nel Pronto soccorso di San Giovanni in Fiore. Quella di Serafino è la storia di tanti/e vite spezzate a cui è stato negato il diritto alla salute. Serafino doveva essere trasferito nell'ospedale di Cosenza, questo racconta la stampa, ma in quel momento non sarebbe stato possibile sia perché non c'era una ambulanza medicalizzata disponibile, sia perché l'elisoccorso non poteva essere usato causa maltempo.

Banner

Questo accade in Calabria: si muore perché la sanità pubblica è stata smantellata.

Banner

Per chi ha la memoria corta rammentiamo che nell' ottobre 2010, quando Scopelliti era il Presidente della Giunta Regionale, Roberto Occhiuto, attuale Presidente della Giunta regionale, ha sostenuto la scelta della chiusura degli ospedali e spiegava che mantenere più posti letto e 19 ospedali in tutta la regione era uno spreco!

Banner

Era uno spreco riconoscere ai calabresi il diritto di curarsi presso le strutture pubbliche...!!!

Per comprendere la drammaticità della condizione in cui versa il servizio sanitario in Calabria citiamo alcuni dati che danno ben chiara la situazione.

La Ragioneria Generale dello Stato nel suo Rapporto sulla spesa sanitaria in Italia per il 2023, evidenzia che “nel 2023 la spesa sanitaria in Italia è risultata pari a 131.119 milioni di euro, con un tasso di decremento dello 0,4% rispetto al 2022”. 

A livello di singola regione, nel 2023 sono solo la Calabria e l’Umbria a evidenziare valori negativi (-4,3% e -0,6%, rispettivamente). In Calabria si passa da 4.078,8 a 3.904,4 milioni di euro.

Il sotto-finanziamento reale del Servizio Sanitario Nazionale, la crescita delle diseguaglianze, la costante privatizzazione, l’esclusione di milioni di cittadini e cittadine dalle cure e in fin dei conti lo sconquasso della sanità pubblica, si aggrava con la legge finanziaria. 

In quella approvata dalla maggioranza che sostiene il governo Meloni c’è il bluff sugli “stanziamenti record”, e ci sono i tagli del governo sulla sanità pubblica. L’incremento nominale degli stanziamenti (meno di 2,3 miliardi di euro) coprirà a malapena l’aumento della spesa per il personale (il rinnovo dei contratti di medici, infermieri e altro personale scaduti da anni). Ma quell’incremento non coprirà affatto l’aumento dei costi di gestione, dall’aumento dei costi energetici all’aumento dei prezzi dei farmaci e tanto meno l’incremento registrato negli ultimi anni nel mondo degli appalti, specie quelli edilizi e impiantistici.

Quello che conta non è la cifra nominale, ma la percentuale della ricchezza prodotta destinata alla salute e alla sanità, allo stato sociale in genere, invece che alle continue sovvenzioni alla grande industria privata, alle grandi opere nocive e all’industria delle armi. Ed allora vediamo questi conti con le loro grandezze reali: ? la spesa sanitaria sul PIL scende al 6,3%: prima della pandemia (2019) era al 6,4%. ? Nel 2022 era al 6,8%. La media OCSE è del 7%. ? Al sistema pubblico italiano mancano, rispetto alla media OCSE, quasi 900 euro per ogni abitante. Una cifra enorme.

La Calabria registra il dato più basso con 315,9 posti letto complessivi ogni 100mila abitanti, mentre per numero di posti letto nel privato la Calabria, insieme a Lazio e P.A. di Trento, si situa al posto più alto in classifica.

Il tasso di mortalità infantile nel Mezzogiorno è il doppio rispetto al Nord. Infatti, è 1,8 decessi ogni 1.000 nati vivi in Toscana, mentre è più che doppio in Calabria (3,9). 

Nel Mezzogiorno ci sono le peggiori condizioni di salute del Paese. Gli indicatori relativi alla speranza di vita mostrano un differenziale territoriale marcato e crescente negli anni: nel 2022, la speranza di vita alla nascita per i cittadini meridionali era di 81,7 anni (79,5 per gli uomini e 83,9 per le donne), circa 1,3 anni in meno rispetto al Centro e Nord-Ovest, 1,5 nel confronto con il Nord-Est. 

La mortalità per tumore è più elevata al Sud. Il tasso di mortalità (per 10.000 abitanti) era dell’8,8 nelle regioni meridionali (8,2 per le donne e 9,6 per gli uomini), significativamente più alto rispetto alle altre aree del Paese: 7,8 nel Centro (7,4 per le donne e 8,3 per gli uomini) e nel Nord-Ovest (7,2 per le donne e 8,3 per gli uomini), 7,1 nel Nord-Est (6,6 per le donne e 7,6 per gli uomini). 

Tanto per fare un esempio, il dato sulla percentuale di donne che in Calabria hanno ricevuto l’invito a partecipare al programma di screening mammografico è del 16% contro una media nazionale dell’89%17. Proprio in Calabria è stata registrata l’incidenza più bassa di donne che hanno effettuato gratuitamente il controllo nell’ambito di un programma organizzato (11,8%).

Il caso calabrese è emblematico della debolezza dei SSR del Mezzogiorno, caratterizzati da un minore intervento pubblico in sanità e inadeguati livelli di servizi di prevenzione e cura di qualità. Al Sud, più che nel resto del Paese, alla strutturale sotto dotazione di risorse si associano maggiori difficoltà di adempiere ai Livelli Essenziali di Assistenza. In questa direzione è utile ribadire che la mancata copertura finanziaria integrale dei LEA è una questione nazionale, che impatta, per i limiti dei criteri di riparto del fondo nazionale, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.

Hanno inciso anche le cosiddette misure di risanamento finanziario dei Piani di rientro, che hanno consentito di “efficientare” la spesa sanitaria e recuperare i disavanzi ma a scapito di un peggioramento complessivo nell’offerta di assistenza territoriale e ospedaliera, con effetti negativi tangibili sulla popolazione come l’incremento della mortalità e l’intensificazione delle migrazioni sanitarie.

In Calabria il Commissariamento è iniziato, e mai terminato, nel 2009 e il risultato del suo disastro è sotto gli occhi di tutti.

Il monitoraggio LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che offre un quadro delle differenze nell’efficacia e qualità delle prestazioni fornite dai diversi Servizi Sanitari Regionali, fa emergere i deludenti risultati del Sud. Nell’ambito della prevenzione oncologica, il ritardo è particolarmente evidente nei tassi di adesione ai programmi di screening, che riflettono anche le carenze di offerta dei SSR meridionali. 

Per dare la corretta rappresentazione dell’accesso alle cure dei calabresi riportiamo i recenti dati sulla mobilità sanitaria, meglio conosciuta come “i viaggi della speranza”. Essa continua a crescere dopo gli anni più duri della pandemia da Covid. Il giro d’affari secondo i dati 2023 approvati di recente dalla Conferenza delle Regioni sfiora i 4,6 miliardi, in crescita rispetto ai 4,3 mld del 2022. Il fenomeno della migrazione per farsi curare fuori regioni che ogni anno coinvolge quasi un milione d’italiani conferma il suo essere endemico. Il trend, infatti, non cambia: è sempre un esodo da Sud verso Nord. La Calabria è in cima alla lista (-294 mln).

Per le patologie oncologiche, è la Calabria a registrare l’incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di Regioni non confinanti. Seguono Basilicata (25%) e Sicilia (16,5%).

Al Sud, i servizi di prevenzione e cura sono dunque più carenti, minore la spesa pubblica sanitaria, più lunghe le distanze da percorrere per ricevere assistenza.

L’autonomia differenziata in ambito sanitario aumenterà ulteriormente il divario tra le regioni del Nord e del Sud e il diritto alla salute non sarà più garantito allo stesso identico modo in tutte le regioni italiane.

Mentre tutti i dati sulla sanità pubblica italiana ci consegnano la sua distruzione a vantaggio di quella privata, la Calabria rimane sempre più relegata agli ultimi posti per qualità dell'offerta sanitaria a conferma, purtroppo, del disastro perpetrato a danno dei cittadini dalle politiche dei tagli operati da tutti i governi, di centrosinistra e di centrodestra. degli ultimi 30 anni, tanto da negare quel fondamentale diritto dell'individuo che è la tutela della salute. La nostra Costituzione, è bene ricordarlo, eleva questo diritto ad interesse generale della collettività al punto da garantire cure gratuite agli indigenti. 

Negli scorsi giorni però abbiamo avuto la dimostrazione di come in Calabria l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica, a qualche cittadino sia ancora garantito ma sforando il perimetro costituzionale. 

Abbiamo appreso dalla stampa, infatti, che il Presidente della Giunta Regionale, Roberto Occhiuto, agendo come un monarca, ha utilizzato una struttura pubblica, qual è l’Azienda Ospedaliero Universitaria “Renato Dulbecco” di Catanzaro come se fosse di sua proprietà. 

Infatti, il Presidente ha chiamato ad eseguire il suo delicato intervento cardiochirurgico il Dott. Daniele Maselli, medico di fama nazionale, calabrese d’origine. Infatti, Occhiuto ha agito secondo la sua concezione della politica basata sull’arroganza del potere, sul privilegio e su rapporti sociali di classe. 

A lui, che è il Presidente della Giunta regionale, nonché Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di Rientro, può essere riservato un trattamento privilegiato con tecniche all’avanguardia ed esimi luminari del settore, mentre al resto dei calabresi tutto ciò viene sistematicamente negato. 

Siamo difronte ad una ingiusta disparità di accesso alle cure, se consideriamo quelle riservate alla stragrande maggioranza della popolazione calabrese. 

Ma in questa regione, dove si muore a causa dello smantellamento del servizio sanitario, accade che Infermieri ed Oss che hanno salvato migliaia di vite umane, che hanno fatto da “ponte”, infaticabili, tra le famiglie e i loro cari ricoverati in ospedale, ci riferiamo agli operatori sanitari della pandemia Covid-19, vengano licenziati dall’ASP di Vibo Valentia. Una decisione sprezzante, perché non tiene conto della dignità della persona e delle norme di legge che danno a questi lavoratori il diritto alla stabilizzazione.

Lo scorso mese di luglio Occhiuto strombazzava ai quattro venti assunzioni di personale nel Servizio Sanitario Regionale di 2.115 unità e più di 5.500 in 3 anni.

Sovente accade che dopo l’indignazione subentra la rassegnazione, noi riteniamo che la sanità non è un bene di mercato, ma un diritto fondamentale. È il momento di scendere in piazza per difenderla e rilanciarla!".

 

 

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner