«La Calabria deve essere messa in grado di proiettarsi verso una nuova stagione di concorsi pubblici per rendere efficiente la pubblica amministrazione in tutte le sue articolazioni. Solo così questo territorio potrà essere messo in grado di gestire e rendere realmente produttivi i fondi comunitari, vincere la battaglia contro la corruzione, il malaffare e l'ingerenza della criminalità organizzata».
Lo sostiene, in una nota, il segretario generale della Uil della Calabria, Santo Biondo. «Per accettare la sfida della digitalizzazione - aggiunge Biondo - questa regione ha necessità di reclutare figure professionali moderne e qualificate da inserire in tutti i settori dell'amministrazione pubblica per migliorare lo sforzo produttivo e amplificare sul territorio le buone prassi di un mondo del lavoro al passo con i tempi. L'amministrazione regionale, invece, sembra scollegata dalla realtà. Il governo regionale, nonostante le promesse fatte all'atto del suo insediamento, non è riuscito a cambiare passo nel campo delle politiche del lavoro ed è rimasto ancorato ad una concezione ormai superata, quella di puntare tutto sulle politiche passive per gestire i frutti amari di una crisi senza precedenti. Soprattutto oggi, in tempi di reddito di cittadinanza, è una scelta di retroguardia circoscrivere il tema del lavoro nella nostra regione a politiche che finiscono per penalizzare il territorio regionale e mortificarne ogni possibilità di crescita economica e sviluppo sociale e non danno ai tanti disoccupati e inoccupati calabresi di costruirsi un percorso lavorativo stabile, duraturo e dignitosamente retribuiti. I dati allarmanti sul lavoro pubblico e privato in Calabria, che provengono da diversi istituti, confermano quanto stiamo dicendo. La Calabria rischia la desertificazione al pari delle altre regioni del Mezzogiorno che stanno subendo un'emorragia generazionale senza precedenti».
E per Biondo, «il Pil procapite dei cittadini calabresi sta facendo registrare cali a doppia cifra, come rilevato da un'analisi del centro studi "Impresalavoro". Se timidi segnali di ripresa sono stati registrati, in particolare da parte degli analisti dello Svimez, sono legati ad una nuova iniezione di investimenti privati e non certo grazie all'aiuto dello Stato che, in questi ultimi anni, ha frenato la sua disponibilità di investimento nelle regioni del Sud e, in particolare, in Calabria. Lo stesso dicasi sul fronte delle percentuali occupazionali. Nella nostra regione un piccolo scostamento degli indici negativi su questo fronte si è segnalata solo grazie all'aumento dei lavoratori autonomi: occupati senza nessun tipo di garanzia e stressati da una tassazione altissima senza eguali nel panorama europeo. Davanti a questa fotografia che racconta un tessuto economico e sociale fragile, disgregato e incapace di reagire alla crisi, la politica calabrese e il governo regionale non sono riusciti a invertire la marcia ed a mettere a frutto i tanti fondi comunitari messi a disposizione dall'Europa. È mancata in Calabria la definizione di una politica industriale regionale capace di costruire nel settore privato politiche del lavoro e della formazione capaci di sostenere le imprese dinamiche presenti nella nostra regione e favorire e incentivare l'occupazione di tanti giovani disoccupati, frenando così l'esodo ad incentivare».
A suo avviso, «l'avvio di una nuova stagione di concorsi pubblici sia l'unica strada percorribile per riorganizzare la burocrazia calabrese e, allo stesso tempo, stimolare i giovani calabresi a rimanere in questo territorio, a lavorarci e ad accettare questa sfida per rendere effettivamente operativa la pubblica amministrazione calabrese».
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