Quando Mancini sconfisse la poliomielite in Italia. Dalla storia ci viene un segnale di speranza in queste ore così buie e drammatiche. Ma anche uno spunto di riflessione sul coraggio e sulla lucidità che devono avere i governanti nei momenti cruciali delle emergenze. Tutto accadde nei primi anni Sessanta. L’Italia era il Paese europeo più colpito dalla poliomielite, la terribile malattia contagiosa che provoca la paralisi e la morte di migliaia di bambini. Nel 1960 erano stati più di dodicimila i bambini italiani colpiti dalla polio, 1626 erano deceduti. L’anno successivo si era registrato un ulteriore e preoccupante incremento. Le regioni del sud, in particolare la Calabria, registravano un numero impressionante di casi.
L’Italia aveva adottato, per contrastare l’epidemia, il vaccino Salk, fatto con un’iniezione. I risultati erano stati disastrosi perché il metodo non era riuscito ad arrestare il morbo. Nonostante ciò il governo dell’epoca, anche per non inimicarsi le industrie farmaceutiche che producevano il Salk, insisteva nell’adozione del protocollo. Anche la comunità scientifica italiana, in buona parte conservatrice e poco incline alle novità, contrastava la potenziale utilizzazione di un nuovo vaccino, messo a punto dallo scienziato – poi divenuto premio Nobel per la medicina – Albert Sabin.
Continuare con il Salk avrebbe significato condannare alla paralisi e alla morte migliaia di bambini italiani. Nel novembre del 1964 la svolta, con l’ingresso dei socialisti al governo. Giacomo Mancini, calabrese e discepolo di Pietro Nenni, viene chiamato alla guida del Ministero della sanità. Decisionista, ostinato, coraggioso, carattere non facile, il leader socialista non perde tempo e lancia la campagna antipolio Sabin, incurante degli attacchi, degli ostacoli e delle polemiche.
Quel che successe lo ricorda in un’intervista lo stesso Sabin venuto a Roma per spiegare il vaccino ai dirigenti dell’Istituto Superiore di Sanità. “Signori – disse Sabin ai medici italiani – se non prendete una decisione, sarete indicati come responsabili della morte di tanti bambini. Gli alti funzionari, evidentemente contrari, si alzarono e andarono via dalla sala. Poi prese la parola il vostro ministro, un socialista, mi pare si chiamasse Mancini, che disse ai presenti “Non sono qui per ascoltare le vostre lagne. Da domani l’Italia adotterà il metodo Sabin”.
Mancini riesce a mettere in piedi una straordinaria organizzazione per l’epoca. A tempo di record indice la gara per la produzione del vaccino in Italia e supera tutti gli ostacoli che i burocrati gli pongono. Come quello dell’impossibilità di reperire sul mercato i congelatori che servono per conservare il vaccino. Mancini sbotta: “Ora mi avete rotto…Trovate i frigoriferi anche in Alaska, ma li voglio qui entro un mese, siano pure frigoriferi per alimenti”. E in effetti il problema viene risolto grazie ad una ditta di Latina che produce frigoriferi per gelati e che ne consegna 300 in un mese al Ministero.
Parte una campagna di sensibilizzazione senza precedenti per l’epoca. Da ridere al confronto dell’impatto odierno dei social, ma pensate a quegli anni. Mancini fece partire centinaia di migliaia di lettere a tutti i sindaci e a tutti i medici italiani, alle famiglie, fece stampare manifesti che invasero tutte le città e i paesi dal Piemonte alla Calabria. Chiamò grandi personaggi del cinema, vicini ai socialisti, che fecero da testimonial, come il grande Nino Manfredi, Sandra Milo, Antonella Luandi. Quello che oggi stanno facendo Fiorello, Amadeus e tanti nomi dello spettacolo.
Un testimone, il dirigente del ministero Raffaele Sganga, ricorda negli atti parlamentari, le notti insonni passate da Giacomo Mancini al ministero, accasciato dalla stanchezza sulla sua scrivania, per attendere i primi risultati della campagna antipolio, finalmente vinta. Migliaia di bambini sono stati strappati ad un destino crudele.
Questo è un racconto di speranza e di incoraggiamento. Le epidemie possono essere vinte, anche se a prezzo di grandi sacrifici, con il destino che affida ai governanti decisioni da cui dipende la vita di milioni di persone.
Sergio Dragone
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