"Questione di pugni: il mondo politico ha ucciso i giovani", la riflessione di Domenico Bilotti

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images "Questione di pugni: il mondo politico ha ucciso i giovani", la riflessione di Domenico Bilotti

  05 settembre 2023 19:48

di DOMENICO BILOTTI
 
Bob Dylan venne ferocemente contestato per "Political World", una canzone del 1989. Il cantautore sosteneva che si vivesse ormai in un mondo tutto politico, dove perciò la vita non aveva più alcun valore. Da sinistra gli si rimproverava: ma come? Abbiamo lottato due decenni per avere un mondo fatto di politica e ora lo ripudi? E da destra: altro che mondo politico, è caduto il muro di Berlino, è la fine della storia! 
Bob Dylan intendeva (lo ha detto, questo significa il testo, questo vuol rappresentare il lessico inglese americano) per mondo politico un mondo tutto basato sulla assoluta fungibilità delle decisioni, purché qualcuno detenga assolutamente il comando su qualcun altro. In quel (questo) mondo politico, la vita non ha valore. 
Se per politica si intendeva invece la riflessione collettiva esercitata per il tramite delle libertà individuali, quella nel 1989 era finita come cielo comune e si vedrà solo a squarci di luna senza mai rivivere come ossigeno universale.
 
Nella truce uccisione di Giovanbattista Cutolo, giovanissimo musicista napoletano, quale mondo politico abbiamo visto alla prova? Un talentuoso musicante, poco sopra i vent'anni, assassinato per un parcheggio sbagliato nella solita ridda di vociare e parole e azioni che si gonfiano pronte a esplodere. Novello Piero deandreiano, ucciso peraltro da un killer occasionale più giovane di lui, neanche fosse il capitano di vent'anni che fa a pezzi con pompa magna di fanteria tutti gli indiani della fiumara. 
Ma chi lo fa il mondo "politico" in quel senso becero su cui Dylan sputa fango alla fine del Secolo breve? Sicuramente non l'omicida, va detto: ne è immerso e ne è attore, non ne è il creatore. E si badi: l'omicidio è tra i crimini più turpi. Terroristi dell'eversione italiana, sepolti da anni di galera o usciti per uso sapiente della legislazione penale, hanno il coraggio civile di dirlo a chiare lettere: non si diventa ex assassini. Non è uno status da cui ci si dimette. La giustizia può fare una sola cosa, se il colpevole sceglie di attivarne la sua parte: fare in modo che chi ha ucciso non sia più la stessa persona che lo ha fatto, che mediti un ripensamento per cui non uccida più, nemmeno gli si presentasse addosso la stessa identica situazione in cui lo ha fatto per la prima volta. 
Il mondo (reso) politico, dove conta il sembiante della decisione e non la bontà del suo contenuto, è invece già in agguato. Sono i politici sfilata che parlano di bonifica, non facendo nulla per le vittime, se non aizzarne costantemente un superiore valore di dolore e di livore. Solo che il male vuole consolazione ed è facile promettergliela senza dargliene: faremo, agiremo, condanneremo, chiuderemo. Tanto noi saremo sempre assolti, tanto noi saremo sempre aperti. 
Dovrebbero guardare piuttosto quanti giovani meridionali tra i 15 e i 34 anni, secondo le ultime rilevazioni, sfollano le nostre province, avidi di posto al Sole o semplicemente bisognevoli di posto non alla bufera. 
 
Le "bonifiche" fanno coessenzialmente parte del mondo indifferente e decisionista che dovrebbero combattere. Un epistemologo del piglio di Hayek potrebbe addirittura dire che hanno bisogno le une dell'altro e viceversa, in una velenosa spirale. 
Rispetto alle promesse elettoralistiche e pietistiche, torna molto più giovevole il lavoro delle forze dell'ordine, non in quanto corpi istituzionali, ma in quanto corpi personali di chi sceglie il suo impegno secondo criteri di giustizia. 
Quando ci sono i maxi blitz, soprattutto per un certo tipo di reati ormai collocati ai livelli bassi delle organizzazioni criminali, le popolazioni dei quartieri talora insorgono, fanno ostruzionismo. Non è nulla che riguardi chi li pone in essere, in realtà. È il malanimo più profondo che sorge da un ordine che si ricorda della sicurezza sociale soltanto a corrente alternata e soltanto a certe declinazioni. Quando all'opposto nei quartieri estremamente periferici dell'estrema periferia in cui siamo confinati parlano i disagi veri, la marginalizzazione dei prevaricatori solleva: fa sentire la percezione di una cappa, e di un cappio, in meno. 
Le "bonifiche" purtroppo sono la sola cosa che il cappio, anziché allentare, stringono più forte: prese d'atto e d'imperio d'un territorio che ha bisogno di cura. 
Nel mondo politico le bonifiche e la violenza si ricercano senza dirselo, anzi impegnate a dichiararsi esteriormente inimicizia eterna. 
Perché un minorenne non uccida un giovane musicista c'è bisogno innanzitutto che muoia questo "mondo politico": questo mondo che pensa che il pugno di una notte risolva una storia di carezze mancate. Eppure tutti noi ne subiamo l'impronta: quando colpevoli sferriamo il pugno, quando incolpevoli lo riceviamo. 
 

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