Regionali. Aspettando l'Umbria, l'incognita degli incroci fra parenti

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  26 ottobre 2019 19:07

Le elezioni in Umbria sono ormai ad un passo. Lunedì i partiti compulseranno dati e percentuali, nella stessa giornata si capirà qualcosa in più sulla data delle elezioni. Se Oliverio, scadenziario elettorale alla mano, scegliesse l’opzione 15 dicembre non può andare oltre il 30 ottobre con la firma del decreto di indizione delle consultazioni. Con queste poche coordinate chiare, ancora sottotraccia restano i nomi dei candidati delle coalizioni sulla carta più forti: il centrodestra e il patto civico “Pd-M5S”. C’è però un curioso incastro. In qualche modo i due schieramenti potrebbero “dialogare”. Se e quando il centrodestra supererà la candidatura di Mario Occhiuto (i toni del veto leghista non ammettono clamorose marce indietro), il nome “forte” di mediazione è quello di Giuseppe Mangialavori, mentre in seconda fila c’è il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo. Sull’altro fronte, invece, da tempo è in piedi (assieme ad altre) la via che porta all’investitura di Pippo Callipo. Il re del tonno e il senatore di Forza Italia sono rispettivamente zio e nipote. Logica vorrebbe che lotte in famiglia, seppure per la presidenza della Regione, non se ne facciano. Quindi, uno escluderebbe l’altro. Con Mangialavori candidato sarà pressoché impossibile vedere come suo competitor lo zio Callipo, e viceversa. A meno che ognuno non “elevi” la rincorsa alla Cittadella come priorità irrinunciabile.

L’opinione che Mangialavori rappresenti un profilo di garanzia per la compattezza del centrodestra è piuttosto diffusa. Sempre in questo scenario, il suo posto in Senato sarebbe poi preso da Antonio Daffinà, vicino agli Occhiuto e quindi in grado di “parare”, in parte, il malcontento cosentino. Semmai è lo stesso Mangialavori che si deve convincere. Dovrebbe rinunciare al comodo seggio a Palazzo Madama per catapultarsi in un’attività di gestione ben più impegnativa qual è quella di un governatore. E la storia recente dimostra che la presidenza della Calabria non è proprio un trampolino di lancio di carriere politiche, anzi. Perplessità che potrebbero sciogliersi quando dall’altra parte del telefono (o del tavolo) ci sono Berlusconi o Salvini.  (g.r.)

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