Regionali. Il gioco dei veti nel Pd e nel Movimento Cinque Stelle

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Regionali. Il gioco dei veti nel Pd e nel Movimento Cinque Stelle

  03 novembre 2019 11:37

I postumi del voto in Umbria si sono fatti sentire. Da Perugia a Roma, fino in Calabria. In vista delle prossime regionali, nel Pd si sta consumando una faida pubblica. Oliverio che sperava in una segreteria nazionale più rinunciataria ha dovuto (ri)prendere atto che a Roma non gli accorderanno mai l’utilizzo del simbolo e la ribellione cosentina capeggiata da Guglielmelli è servita soltanto a fotografare quanto già si sapeva prima del trionfo del centrodestra in terra umbra: sul territorio calabrese la presa di Oliverio è forte ma non abbastanza da far retrocedere Graziano, Oddati (e Zingaretti). La debolezza del governatore è che senza una coalizione compatta e allargata non può nemmeno sperare di impensierire il concorrente di centrodestra, quella dei secondi è che non hanno mai presentato un’alternativa altisonante tale da archiviare la stagione oliveriana. Il voto, a questo punto nel 2020, lascia più tempo per trattare, anche se le posizioni sembrano inconciliabili. Così come si è involuto lo scenario, sarà una corsa separata a chi perde meno peggio. Il Pd nazionale deve ancora metabolizzare l’abbandono della schema “civico” con i Cinque Stelle, dove sta andando in scena un analogo gioco dei veti.

In casa pentastellata la sconfitta di una settimana fa è stata rovinosa. Tanto da indurre Di Maio a congelare ogni progetto di repliche del patto con il Nazareno. Cosa che poteva far piacere agli ammutinati ortodossi calabresi, fino a quando non si sono visti chiudere la finestra alla quale avevano puntato. Il capo politico ha infatti bocciato le candidature interne, come quella di Dalila Nesci che ha “polemizzato” pubblicamente con il ministro degli esteri, tanto da definire il comportamento di quest’ultimo “irresponsabile”. A differenza del veto su Oliverio, quello del M5S su Nesci sarebbe dettato dalla necessità di evitare la violazione delle regole grilline, un precedente che Di Maio non vuole inaugurare in Calabria. Le sue parole “abbassare le aspettative”, pronunciate all’indomani della sconfitta umbra, devono essere suonate sinistre a chi prefigurava per il Movimento (compreso lo stesso Morra) un impegno più vigoroso per le elezioni calabresi. Invece le ambizioni non sembrano essere quelle da primo partito calabrese alle nazionali e alle europee, ma piuttosto limitate a superare il magro risultato ottenuto nel 2014, nemmeno il 5% con Cono Cantelmi. Difficile fare peggio, quanto è difficile che i parlamentari calabresi possano accontentarsi di questo gioco al ribasso. (g.r.)

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner