RELAZIONE DIA 2019. La capillare ramificazione delle cosche crotonesi

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Direzione Investigativa Antimafia
  22 gennaio 2020 13:46

di PAOLO CRISTOFARO

Quella che emerge dalla relazione investigativa della DIA di Catanzaro - afferente al primo semestre del 2019 - è una ramificazione capillare della 'ndrangheta anche nella provincia di Crotone. La relazione, tuttavia, è anche testimonianza di un'efficiente attività di controllo e di indagine, svolta con particolare attenzione nei confronti dei rapporti tra i clan e nei confronti dell'estensione della criminalità organizzata calabrese nel nord Italia e all'estero

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Nella provincia di Crotone è confermata l'egemonia della cosca Grande Aracri, al vertice della locale di Cutro, da sempre punto di riferimento di tutte le altre famiglie crotonesi. La stessa vanta "proiezioni operative particolarmente agguerrite nel nord Italia" appunto. Nel capoluogo di provincia è confermata l'operatività del clan Vrenna-Bonaventura-Corigliano, affiancato dalla cosca Tornicchio, nella località Cantorato, mentre nella frazione di Papanice sono attive le cosche Megna e Russelli. A Strongoli sarebbe la cosca Giglio a mantenere il predominio sul territorio. 

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E' del 6 gennaio 2019 l'operazione che, a Isola Capo Rizzuto - dove continuano a coesistere le famiglie Nicoscia e Arena, ha avuto luogo l'operazione della Polizia di Stato che ha tratto in arresto un esponente di spicco dei Nicoscia, appunto, che era sfuggito all'arresto dell'operazione "Tisifone" del 20 dicembre 2018, conclusa con il fermo di 23 persone. L'inchiesta "ha fatto luce sulle recenti dinamiche criminali di Isola Capo Rizzuto, determinatesi all'indomani di alcune importanti operazioni di polizia (in particolare l'operazione "Johnny", del maggio 2017), che hanno portato ad una serie di episodi di violenza, ma anche a stabilire alleanze tra i Megna ed i Nicoscia, nonché a documentare una serie di riti di affiliazione. A Cutro, intanto, sono sempre attive le cosche Mannolo e Trapasso

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In tal senso - per la DIA - assume rilevanza l'operazione "Malapianta", conclusa dalla Finanza il 29 maggio 2019, con l'esecuzione del fermo di indiziato di delitto nei confronti di 35 persone. Tra i reati contestati, associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione, detenzione illecita di armi, riciclaggio, usura, corruzione, favoreggiamento di latitanti, coercizione elettorale e altri reati aggravati dalla modalità mafiosa. Contestualmente era stato eseguito un sequestro di beni di circa 30 milioni di euro. Secondo il rapporto della DIA "nel corso del tempo la consorteria criminale si è distinta nel tempo per l'elevata vocazione imprenditoriale dimostrata in particolare nel settore turistico - comparto di punta dell'economia calabrese - attraverso la gestione di condomini turistici o la realizzazione di strutture alberghiere e di destinazione analoga". 

A Petilia Policastro egemonia del gruppo Manfreda-Comberiati-Garofalo. Il 29 giugno 2019 i Carabinieri hanno eseguito il fermo di indiziato a carico di tre soggetti, uno dei quali estradato dalla Svizzera. Del marzo 2019 è invece un decreto di sequestro, finalizzato alla confisca, emesso dal Tribunale di Catanzaro, a carico di un imprenditore ritenuto contiguo al clan Garofalo, per un valore di 10 milioni di euro. Nella zona di Cirò, invece, è il clan Farao-Marincola quello operativo, toccato dall'inchiesta "Stige", coordinata dalla DDA di Catanzaro.

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