Ecco perché la Cassazione non ha scarcerato Pittelli: "Non ci sono ragioni per applicare misure meno afflittive"

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images Ecco perché la Cassazione non ha scarcerato Pittelli: "Non ci sono ragioni per  applicare misure meno afflittive"
Giancarlo Pittelli
  10 settembre 2020 19:33

di EDOARDO CORASANITI

Sono 29 le pagine della motivazione della Corte di Cassazione per la lunga, logorante, vicenda giudiziaria di Giancarlo Pittelli, avvocato, ex parlamentare, indagato nell'ambito dell'operazione "Rinascita Scott" e in carcere a Nuoro da 9 mesi. E se per il resto degli imputati l'udienza preliminare inizierà domani mattina nel carcere romano di Rebibbia, il suo processo davanti al Tribunale di Vibo Valentia inizierà il 9 novembre grazie alla richiesta di giudizio immediato (che prevede proprio il salto dell'udienza preliminare). 


Il risultato della Corte di Cassazione è quello già noto alle prime ore del 26 giugno, il giorno in cui i giudici romano rendono noto il provvedimento: annullamento senza rinvio per i reati fine (abuso d'ufficio e rilevazione di segreto d'ufficio) e riqualificazione da concorso esterno aggravato a semplice, per aver agevolato l'associazione ma non nelle sue funzioni apicali. Decisione che aveva fatto ben sperare i suoi difensori, che hanno proposto istanza di scarcerazione al Gip.  Ma il giudice Pietro Carè rigetta l'istanza. Su questo, i suoi legali hanno presentato appello cautelare che si terrà il 15 settembre nel Tribunale di Catanzaro.  Un altro tentativo per tirare fuori dal carcere Badu 'e Carros di Nuoro Giancarlo Pittelli, detenuto dal 19 dicembre 2019, in isolamento e in una condizione di devastazione psicologica e fisica messa nero su bianco dai suoi medici. "Pericolosità non più attuale", continuano a ripetere i suoi avvocati facendo leva sul fatto che dopo quasi nove mesi, la sospensione dall'albo degli avvocati e un'appartenenza alla massoneria deviata che è stata scongiurata e confermata anche dal Tribunale del Riesame, il pericolo di reiterazione del reato è tutt'altro che ipotizzabile (LEGGI QUI).

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I giudici della Cassazione, chiamati a decidere sul ricorso presentato dagli avvocati Salvatore Staiano, Guido Contestabile e Giovanni Aricò a seguito del provvedimento del Riesame, alleggeriscono la posizione ma evidenziano il profilo cautelare, e dunque le ragioni che determinano il mantenimento della misura carceraria: "Si è disvelata la concreta pericolosità del ricorrente, non smentita da deduzioni di segno diverso né con riguardo alla sussistenza delle esigenze né con riferimento all'adeguatezza di misure meno afflittive, comunque da escludersi in ragione del fatto che il ricorrente è stato reputato immeritevole di credito fiduciario in ordine al rispetto di eventuali prescrizioni, correlate alla possibilità di comunicazione con l'esterno". 

In sostanza, per gli Ermellini il Tribunale ha valutato "non solo la vicinanza del ricorrente ad esponenti di primo piano della ‘ndrangheta ma anche l'inclinazione del predetto ad avvalersi di connivenze e contributi extra ordinem di personaggi operanti all'interno delle forze di polizia e dei servizi di intelligence, sottolineando come la sua condotta, pur manifestatasi nel nucleo essenziale nel 2016, fosse stata comunque connotata da quella persistente vicinanza e da contatti destinati ad assicurare indebitamente informazioni riservate, manifestatisi in termini qualitativamente non dissimili anche con riguardo alla vicenda Delfino". 

La Cassazione interviene sui singoli capi d'imputazione. 

Rivelazione segreto istruttorio per la vicenda Naselli: la Cassazione evidenzia come non ci sia stato alcun indebito profitto, patrimoniale o non patrimoniale, riconducibile all'ipotesi della "Rivelazione ed utilizzazione di segreti di uffici" collegata al caso Delfino e della pratica relativa all'interdittiva antimafia della Mc Metalli, di Teramo.

Abuso d'ufficio contestato in concorso con il carabiniere Naselli: dalle conversazioni riportate nel provvedimento impugnato, risulta solo una generica  disponibilità del Naselli e soprattutto non emerge alcun elemento dal quale possa desumersi che effettivamente il Naselli si fosse adoperato nel senso indicato, essendosi per contro segnalato il breve lasso di tempo intercorso tra la conversazione intercettata e la relazione ascrivibile al Naselli e comunque il breve lasso di tempo intercorso fino al provvedimento finale, peraltro contrario agli auspici del Delfino".

Gravità indiziaria che si collega anche al fatto che nell'atto impugnato  "non è stata rappresentata, se non in via del tutto congetturale, una base fattuale idonea a dar conto, con riguardo allo specifico proposito delittuoso, della effettiva direzione della volontà del Pittelli verso l'agevolazione dell'operatività del sodalizio facente capo al Mancuso". 

La Cassazione delinea il profilo del "concorrente esterno" e le condotte riconducibili. Ad eccezione di una, quella della vicenda del villaggio "Valtur" di Nicotera marina: "Deve escludersi, conformemente a quanto prospettato dal ricorrente, che un siffatto episodio fosse idoneo a connotare un contributo specifico e causalmente efficiente, arrecato dal Pittelli alla consorteria".

Verbali del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella: per la Cassazione emerge come Pittelli si sia dato subito da fare per recuperare i verbali contenenti le dichiarazioni di Mantella. "Il Tribunale sulla scorta di tale ricostruzione ha ritenuto che il Mancuso e il Giamborino, grazie all'azione del Pittelli, fossero riusciti ad entrare in possesso se non direttamente dei verbali, almeno di informazioni riguardanti le dichiarazioni del Mantella, che avrebbero potuto gravemente incidere sull'esistenza e sull'operatività della consorteria. A conferma e supporto di tale ricostruzione, il Tribunale ha valorizzato la circostanza che, analogamente, al momento dell'arresto il Pittelli disponeva di un'annotazione contenente gli elementi a suo carico, evidentemente frutto di informazioni riservate da lui acquisite, nonché l'ulteriore circostanza che il Pittelli disponeva di specifiche entrature presso la D.I.A. e presso uomini delle istituzioni". 

Conseguenza che spinge la Cassazione ad evidenziare "la capacità del ricorrente di costituire un valido punto di riferimento, ben oltre i limiti sottesi alla sua qualità di legale e, nello specifico, dalla concreta sua attivazione, in una situazione critica, tale da consentire agli esponenti della consorteria di operare in condizioni di maggiore sicurezza e avvedutezza". 









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