Rinascita Scott. Il pentito Arturi sul summit a Nicotera: “Totò Riina voleva coinvolgerci nelle stragi. La ‘ndrangheta disse no”

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images Rinascita Scott. Il pentito Arturi sul summit a Nicotera: “Totò Riina voleva coinvolgerci nelle stragi. La ‘ndrangheta disse no”

  08 febbraio 2021 15:01

di EDOARDO CORASANITI

Nuova giornata di esami dei collaboratori di giustizia al processo Rinascita Scott, in corso nell’aula bunker a Lamezia Terme  e che vede imputati 328 persone. Si inizia con il controesame del collaboratore crotonese Vrenna, sentito la settimana scorsa dalla Procura e oggi oggetto delle domande degli avvocati delle difese.

A rendere testimonianza c’è Umile Arturi, collaboratore di giustizia dal 1997, prima nel gruppo criminale di Cosenza guidato da Francesco Pino.
Arturi racconta di aver fatto parte della criminalità dal 1980, Nonostante qualche divergenza sulla sua permanenza in carcere, i rapporti con il boss Pino sono sempre stati ottimi e di collaborazione.

Così racconta della faida con i Perna-Pranno-Vitelli ma “la meglio non ce l’ha avuto nessuno. Abbiamo fatto una pace per non avere disturbi da parte dello Stato. Abbiamo cessato la guerra reciprocamente”.

Passaggio anche sulle “doti”: Umile era “il Vangelo”, una carica elevata, mentre Pino i “Beati Paoli”, un riconoscimento importante. Per Arturi poche parole per dipingere Francesco Pino, il suo boss: “Il Donatello” della ‘ndangheta di Cosenza”.

Il pubblico ministero Annamaria Frustaci insiste su un incontro in Calabria dopo le stragi di Palermo del 1992. I gruppi calabresi erano stati coinvolti per capire il ruolo che bisognava avere dopo gli eventi che avevano scosso l’Italia: nel Vibonese, in un villaggio, a Nicotera Marina, dove “partecipava l’intera Calabria”, va in scena un summit con 20 persone a cui non partecipano i siciliani. Partecipa anche Franco Pino, accompagnato da Arturi, e incontrano Mancuso a casa sua, a Limbadi.

Da chi era voluto l’incontro? Giuseppe Piromalli, Peppe Pesce, Luigi Mancuso. Su quest’ultimo, Arturi sottolinea che “fosse il capo famiglia della famiglia dei Mancuso di Limbadi. Un uomo che sapeva il fatto suo. Lo riteneva il vero leader”.

Ed ecco l’interessamento dei siciliani (in particolare, incaricati dal boss Totò Riina ma anche la famiglia di Santa Paola) verso i calabresi. Ma per Luigi Mancuso non era un buon affare portare “il casino” dell’isola in Calabria, per due motivi: “Noi non la vediamo in questo modo perché si ferma il mondo e muoiono persone che non c’entrano niente, anche magistrati”.
L’aiuto “stragistico” si sarebbe dovuto concretizzare su 3 o 4 magistrati da uccidere. Ma la platea dei calabresi dice ”no”, rispondendo picche alla Sicilia.

Parola all’avvocato Paride Scinica, che condotto il controesame, ponendo domande e stuzzicando il collaboratore di giustizia, il quale riempie le risposte di “non ricordo” e “non so”.

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L’avvocato Francesco Calabrese sulla riunione di Nicotera, cercando di capire se la ‘ndrangheta ha mai cambiato la decisione sulla non adesione alla proposta dei siciliani. Così anche sulla strutturazione delle cosche cosentine e dei legami con i reggini. Domanda sul Crimine: “Era una riunione una volta all’anno”.

Su riti e affiliazioni, Arturi si lascia andare ad uno sfogo: “Non riesco a ricordare queste cose perché dopo anni mi sono reso conto che erano prese in giro, che ci hanno rovinato la vita. Ora ho cercate di rimuoverle”.  Controesame anche dall’avvocato Francesco Lione.

Partendo dalle doti di ‘ndrangheta l’avvocato Leopoldo Marchese, che chiede come facesse a conoscere che Franco Pino avesse un grado superiore. E anche sull’incontro di Nicotera in cui ha partecipato Arturi, Franco Pino e Mancuso.




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