Rinascita Scott. Il pentito Mantella e l'incontro con un senatore per un villaggio turistico

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images Rinascita Scott. Il pentito Mantella e l'incontro con un senatore per un villaggio turistico

  06 maggio 2021 19:23

di EDOARDO CORASANITI

Nel mirino delle domande del sostituto procuratore Andrea Mancuso c’è la famiglia Barba, i suoi intrecci nella criminalità organizzata vibonese e tutto ciò che il collaboratore di giustizia Andrea Mantella dice di conoscere. Anche oggi in aula bunker di Lamezia Terme c’è la voce (e le spalle, visto che i collaboratori vengono esaminati con le modalità per non farli riconoscere) dell’ex boss di Vibo Valentia.

C’è un episodio che spicca nell’udienza di oggi. “Nel periodo dell’inizio del 2005, credo febbraio io e Franco Barba, il costruttore, siamo andati da una persona importantissima, un senatore”.  Viveva in una casa grandissima, sembrava un castello, vicino al mare. Era un senatore che ha fatto parte della Commissione antimafia.
 
"Franco Barba disse che era interessato a comprare un altro terreno per realizzare un villaggio turistico, acquistato sempre allo stesso modo di un precedente terreno in nella società c'era un finanziere graduato, un colonnello, delle parti del Vibonese. Per il senatore questo rappresentava un problema, ma alla fine, dice Mantella, "l’affare si era concluso".

E ancora su Franco Barba: “Era in affari con Pantaleone Mancuso alias "Scarpuni", riciclava denari e titoli, denaro sporco di sangue e violenza. Ecco perché ci cadono i palazzi e le strade, c’è materiale scadente” .

Riflettori puntati anche su Giuseppe Barba. Mantella racconta l’episodio in cui fissa un appuntamento con due ragazzini che pensavo ci volessero fregare. Dicono loro di andare all’acquedotto di Vibo Valentia per andare a prendere dei caschi per fare la rapina ad un’altra ricevitoria. “Andiamo lì e poi io li ho dovuti ammazzare. Giuseppe Barba era uno strozzino, trafficava droga. Era una persona che nella famiglia aveva una voce in capitolo”.

I meccanismi della ‘ndrangheta vengono sviscerati da Mantella. C’è una vicenda che ne fotografa la brutalità, la violenza, la risposta vendicativa che viene offerta.

Pino Tavella, un principiante dei Barba, dà delle sberle a dei Mancuso, erano bambini, all’interno di un bar. Quando i piccoli tornano a casa raccontano quanto accaduto alla famiglia. Dopo, Pino Tavella viene legato in una stalla e arriva Luigi Mancuso, così Pino Barba gli pregano di non toccare Pino Presa, suo nipote (anche lui coinvolto nella vicenda delle sberle),  mentre a Tavella lo massacrano di botte. Perché, come avrebbe detto Luigi Mancuso, anche il più piccolo dei Mancuso poteva riempirlo di pugni.

Politica e voti:  si parla di Vincenzo Barba, che “negli anni ’80 si prodigava per trovare voti, anche per parlamentari e due consiglieri comunali di Vibo Valentia”.

Come nella prima udienza dedicata all’esame di Mantella, si ritorna a parlare dell’omicidio di Filippo Gangitano, ucciso per due ragioni: la sua omosessualità, ritenuta dalla cosca (e in particolare da Domenico Alvaro di San Luca) come un elemento di vergogna per la ‘ndrangheta, ma soprattutto perché i Lobianco-Barba temevano che potesse diventare un collaboratore di giustizia, un pentito, e spifferare tutti i segreti delle ndrine. Ad eliminarlo, nonostante l’iniziale diffidenza, fu proprio Andrea Mantella, che pentito e collaboratore di giustizia ci è diventato davvero a distanza di anni.

Le estorsioni sono sempre al centro degli interessi criminali. E per chi non vuole pagare, si trova il modo per sensibilizzare: “C’era un commerciante che vendeva autoricambi. Veniamo informati che va a pranzare in un locale e organizziamo una Vespetta. Subito dopo pranzo questo commerciante viene sparato al parabrezza, non volevano ucciderlo. Dopo ha iniziato pagare, così si faceva”.

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La seconda parte dell’udienza è stata dedicata anche a Filippo Catania, uomo di vertice della criminalità e che si sarebbe occupato di estorsioni e avrebbe avuto il grado uguale a Paolo Lobianco: la famiglia Lobianco però ha preferito lasciare al vertice Paolo per il cognome. In ogni caso, spiega Mantella, “ciò che faceva uno lo sapeva l’altro”.  Sempre sui Lobianco, l’altra metà della cosca insieme ai Barba, l’esame di Mantella si è rivolto alle presunte responsabilità e ruoli verticistici della cosca: Leoluca, detto “u Rozzu”, Antonio “U lorduni, Antonino detto “Caprina”, e Nazzareno Franzé, Domenico Franzone.

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Gradi, eventi, episodi della criminalità organizzata ma Mantella ci tiene a precisare: “Io non mi sono fatto usare dalla ‘ndrangheta ma io ho usato la ‘ndrangheta”.

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