di EDOARDO CORASANITI
C'è il pubblico delle grandi occasioni oggi in aula: decine di avvocati e giornalisti rispondono presente alla chiamata del controesame dell'avvocato Salvatore Staiano, difensore di Giancarlo Pittelli insieme a Guido Contestabile. Dall'altra parte Andrea Mantella, collaboratore di giustizia dal 2016 e uno dei pilastri principale del processo Rinascita Scott, il maxi processo contro le cosche del Vibonese guidate dal boss Luigi Mancuso.
Un obiettivo chiaro e definito da parte di Staiano : minare e smontare la credibilità di Mantella, boss scissionista di Vibo Valentia, sentito dalla Procura della Repubblica di Catanzaro al processo da metà aprile fino alla scorsa settimana. Fiumi di parole e una sfilza di accuse ad avvocati, giudici, mafiosi, paramafiosi, i famosi colletti bianchi: oggi Staiano in aula ha messo in luce come alcune dichiarazioni e frasi non coincidono con dati oggettivi e documentali. Un'altra puntata, in cui scendere nei particolari di ogni singola posizione, sarà dedicata in un altro momento.
Lo scontro con la Procura, rappresentata dai pm Annamaria Frustaci e Antonio De Bernardo, si materializza appena pochi minuti dall'inizio del controesame. E c'è una domanda che alimenta la curiosità di Staiano: "Visto che ciò che sostiene Mantella è smentito da fatti e documenti, chi glielo ha detto ha mentito oppure racconta cose sballate?".
Il controesame ha la durata di oltre tre ore. Un arco temporale in cui Staiano mette in evidenza la vicenda di Mario De Rito, che avrebbe fatto sponda ad un avvocato per ottenere un dissequestro di beni dalla Cassazione. Mantella riferisce di soldi portati a membri del clan Pesce. Ma il risultato, dice Staiano, in realtà è sfavorevole per De Rito, tanto da uscirne con le ossa rotte: tre inammissibilità e tre annullamenti.
L'avvocato prova a far scricchiolare anche il suo legame con Francesco Scrugli, braccio destro di Mantella e ucciso nel 2016. Il tema è la corruzione di un giudice che, tramite un altro avvocato, avrebbe dovuto scarcerare il boss di Vibo Valentia. Senza però indicare come e dove si sarebbe concretizzata la corruzione. C'è solo una somma: 30mila euro.
Mantella prima di essere arrestato aveva un patrimonio molto ampio e ricco. E' lui stesso ad ammetterlo. Poi arrivano i sequestri e la disponibilità economica finisce. Tant'è che ha bisogno di soldi, giubbotti, qualche migliaia euro dai Bonavota che "si erano messi a disposizione" con milioni di euro/lire.
Sostanzialmente una tranquillità economica che secondo Staiano non si concilia con l’affermazione captata in una intercettazione telefonica in cui afferma, con la fidanzata", che “sono un morto di fame”. Mantella su questo replica dicendo che sapeva di essere intercettato e che i soldi dei Bonavota spesso dovevano essere utilizzati con gli avvocati. "Quali soldi?" chiede Staiano, che in quegli anni è difensore di Mantella, "visto che io ho una lettera in cui parliamo di una somma da fame per la mia liquidazione".
Le dichiarazioni si focalizzano anche su avvocati accusati da Mantella: "Non ho mai avuto riscontri. I mafiosi credevano che nominandoli si potesse arrivare a giudici". Il caso più eclatante è per Nicola Cantafora, avvocato di lunghissimo corso, che il boss vibonese in un verbale precedente etichetta come un canale privilegiato per arrivare al giudice Marco Petrini, già condannato in primo grado a 4 anni e 4 mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari. Ma Mantella smentisce categoricamente che Cantafora potesse in qualche modo servire le cosche per ottenere sentenze o provvedimenti favorevoli.
Altro episodio contestato e fondamentale: secondo quanto riferito dal pentito, il boss di San Gregorio Saverio Razionale avrebbe picchiato o minacciato un giudice perché lo avrebbe messo sotto controllo e dopo sarebbe stato condannato a 8 mesi di reclusione. Episodio smentito: Razionale sarebbe stato condannato per aver reso false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale e non per minacce o lesioni.
E ancora: dalle domande e dalle risposte, Staiano fa sapere che, controlli alla mano dal catasto, non esiste alcuna casa di Giancarlo Pittelli in Austria. E dunque, nessun incontro con Razionale ci sarebbe stato.
C'è un'altra vicenda interessante e che ha acceso lo scontro in aula: la scarcerazione di Gregorio Gasparro, tirato fuori dalle sbarre grazie all'intervento di Giancarlo Pittelli. Però ci sono i nomi che non coincidono. A partire da quello del giudice, che era pm e nessun potere poteva esercitare. Non era Gip o presidente del Tribunale della Libertà. Dunque, la domanda di Staiano dopo che Mantella gli dice di averlo sentito da Razionale: "Gli ha mentito Razionale o se l’è inventato?".
Non può mancare l'episodio in cui Pittelli sarebbe stato malmenato da Giuseppe Mancuso per averlo "venduto" rispetto a Luigi Mancuso. Circostanza riferita da Mantella e sentita dalla bocca di Saverio Razionale. Per Staiano, però, il pestaggio non coincide con ciò che è il risultato: in quella fase processuale entrambi erano stati condannati all'ergastolo.
Anche la scarcerazione di Barba fa discutere accusa, difesa e il collaboratore di giustizia. Perché l'avvocato chiede quale sarebbe stato concretamente il modo di Pittelli di corrompere il giudice. Mantella non lo sa e suscita la reazione di Staiano: il magistrato era uno di primo piano, ritenuto dal legale come l'incarnazione della legalità e quindi tecnicamente e praticamente impossibile che si sia potuto verificare una corruzione.
Altri due sono i temi trattati in aula: un permesso ottenuto dal Tribunale di Catanzaro per uscire dal carcere, ottenuto tramite Pittelli su consiglio di Pittelli e il noto interrogatorio di Mantella alla Dia, contestato per i tempi e orari poco chiari.
La prima circostanza entrerebbe in crisi quando in un verbale Mantella riferisce che aveva diritto, per legge, ad ottenere il permesso. Il pentito però ora enfatizza di nuovo: "premio" arrivato dopo la promessa di Razionale.
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