Rinascita Scott. L’avvocato Stilo racconta di toghe "sporche" e si difende: “Non sono un corruttore”

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Francesco Stilo

Il legale accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e detenuto dal 19 dicembre 2019 racconta di un avvocato che avrebbe corrotto giudici della Corte d'Appello

  10 ottobre 2020 19:21

di EDOARDO CORASANITI

Difesa dalle accuse, episodi raccontati perché riferiti da altri, circostanze di presunta corruzione già presenti negli atti di “Rinascita Scott” spiegate ai magistrati di Salerno.  È Roma la città dove va di scena l’udienza preliminare di Rinascita Scott. A prendere la parola è Francesco Stilo, avvocato, imputato e detenuto da quasi dieci mesi in condizioni precarie di salute. Quello che racconta si divide in due parti: la prima in cui è sottoposto all’esame dei suoi difensori Diego Brancia e Paola Stilo (compone il collegio anche Pietro Chiodo) e al controesame dei pubblici ministeri Antonio De Bennardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso, la seconda in cui rilascia dichiarazioni spontanee.

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L’avvocato Stilo parla al giudice Claudio Paris per oltre cinque ore: allontana le accuse rivolte dai collaboratori di giustizia Andrea Mantella, Bartolomeo Arena e di altri collaboratori di giustizia. In più, aggiunge di essere stato sentito dai procuratori di Salerno in merito a vicende di presunta corruzione che coinvolge un legale del foro di Catanzaro che avrebbe corrotto magistrati. In particolare, il legale davanti a Stilo avrebbe riferito e si sarebbe vantato della corruzione di alcuni giudici della Corte d'Appello

Dichiarazioni che non sono frutto del suo patrimonio conoscitivo ma che fanno già parte degli atti di “Rinascita Scott” e dei verbali del collaboratore di giustizia Andrea Mantella. La ragione per cui Stilo riferisce di questi eventi ancora tutti da dimostrare e senza prove è una: al legale ora detenuto a Civitavecchia, è contestata anche la rilevazione del segreto d’ufficio per favorire Saverio Razionale. In questo quadro e allo scopo di ricostruire la vicenda. Insomma, più che attaccare, Stilo sembra difendersi.
Come fa anche il 25 settembre, quando risponde alle domande di un esame e controesame racchiuso in oltre 180 pagine (mentre le presunte accuse ai suoi colleghi è mezza pagina) e che rappresenta il vero succo di quanto ha descritto. 

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La sua diventa una vera e proprio difesa tecnica, con atti e documenti del processo, per scacciare via le gravi accuse che lo costringono a restare in carcere dal 19 dicembre 2019. Così, Stilo sostiene di non aver mai avallato patti corruttivi tra lui o cancellieri del tribunale di Vibo Valentia. E ancora: “Mai accettato di portare messaggi o pizzini per i membri della criminalità organizzata”. Perché i rapporti con i suoi clienti, e in particolare con quelli di spicco della criminalità organizzata come Giuseppe Antonio Accorinti e Saverio Razionale, “erano di natura esclusivamente professionale”.

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Stilo la preoccupazione di essere intercettato ce l’aveva già da prima di essere arrestato: “Mi avevano informato che ero indagato o un soggetto indagabile. Ne avevo conoscenza perché più persone nel corso del tempo mi avevano avvertito”. 

Con i suoi legali, l’avvocato Stilo nelle scorse settimane è stato il protagonista di una battaglia personale per ottenere una misura cautelare più congrua alla sua condizione di salute: è obeso, con problemi diabetici e di tensione. Un quadro clinico complicato che ha spinto i suoi legali a chiedere più volte la scarcerazione (LEGGI QUI).

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