Riti religiosi e quell'avamposto di legalità che prova a resistere alle ingerenze criminali

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  17 agosto 2019 19:57

di ANTONELLA SCALZI

Mafiosi, ’ndranghetisti e camorristi che portano in carcere la bibbia, bunker nei quali non mancano quasi mai santini e rosari, eppure la guerra della Chiesa alla criminalità non ammette più deroghe. Papa Francesco i mafiosi li ha scomunicati, San Michele Arcangelo era e resta il protettore della Polizia, ma loro, i criminali, non mollano: ne hanno fatto un simbolo dei loro riti d’affiliazione e nella Chiesa vogliono starci da protagonisti. Da qui il braccio di ferro durissimo che ieri in Calabria è riemerso chiaramente con la decisione di annullare la processione di Acquaro, frazione di Cosoleto, nel Reggino. Si doveva festeggiare  san Rocco, ma una trentina di aspiranti portatori della statua, ben il 90 per cento delle persone coinvolte, sono risultati pregiudicati. La sinergia tra Chiesa e forze dell’ordine è scattata immediatamente. Quella processione non si doveva fare e non si è fatta.

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Da cinque anni in Calabria le regole sono ferree. Il caso di Oppido Mamertina fece così tanto scalpore al punto da diventare un vero e proprio spartiacque che ha ricacciato indietro chi prova a sfruttare manifestazioni di culto per aumentare il “prestigio” del boss di turno agli occhi della gente comune. E così, ieri, il parroco di Acquaro, don Giovanni Bruzzì, ha annullato tutto e le disposizioni imposte in tal senso dal vescovo di Oppido - Palmi, Francesco Milito, e dal questore di Reggio Calabria, Maurizio Vallone, sono state rispettate alla lettera. Mai più, dunque, scene come quelle viste nel 2014 a Oppido Mamertina quando la statua della Madonna delle Grazie, con una deviazione non autorizzata del percorso stabilito per la processione, venne addirittura portata sotto l'abitazione del boss Giuseppe Mazzagatti.

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Da allora gli aspiranti portatori delle statue non passano mai inosservati, la Chiesa e lo Stato non si piegano e non si prestano alle ostentazioni di potere della 'ndrangheta e il braccio di ferro continua perché una situazione simile in Calabria si presentò anche l’anno scorso. Dal Reggino al Vibonese, allora fu Zungri il teatro di una prova di forza interrotta dai carabinieri perché tra i portatori c’era il boss Giuseppe Accorinti. Ieri l’ennesimo tentativo, ma la barra resta dritta e le porte sbarrate a chi vorrebbe dare significati decisamente meno religiosi ai riti spirituali.

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