di NICOLA SABATINO VENTURA
Con l’On. Rosario Olivo, mio caro amico, siamo stati domenica scorsa a Palazzo Braschi – Museo di Roma- per visitare l’interessante e commovente esposizione in onore del parlamentare e Segretario del Partito Socialista Unitario, Giacomo Matteotti, trucidato cento anni fa da criminali fascisti. L’iniziativa: VITA E MORTE DI UN PADRE DELLA DEMOCRAZIA è promossa da Roma capitale – Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
La mostra riattraversa la vita, il percorso politico e la terribile fine del grande eroe socialista, patriota e internazionalista. Ripercorre gli esordi giovanili e le esperienze nazionali del leader riformista, impegnato per l’affermazione della democrazia, e la ferma opposizione al fascismo.
Siamo stati presi da sensazione intensa, tenerezza alla vista dei pregevoli materiali, anche inediti, dai toccanti documenti, dalle fotografie, dai manoscritti (con penna a inchiostro su quaderni riempiti in ogni centimetro di pagina); dai libri d’epoca, oggetti, riviste, articoli di giornali, brani musicali, film, documentari (molto interessante il film, il delitto Matteotti di Florestano Vancini, e il documentario avvincente su Matteotti, facilmente recuperabile su Rai Play, di Sergio Zavoli, presentato tanti anni fa in una puntata dell’allora rubrica, DIARIO DI UN CRONISTA). Consiglio, soprattutto ai giovani, la loro visione. Del lavoro di Florestano Vancini, risalta l’emozionante e famoso discorso, ben rappresentato dall’attore Franco Nero, alla Camera dei Deputati, di Matteotti, il 30 maggio 1924, con il quale denunciò i misfatti dei fascisti: l’uccisione del deputato socialista Piccinini, il clima di violenze, brogli, mancanza di segretezza del voto durante l’lezioni del 6 aprile 1924. Fu l’ultimo discorso prima di essere ucciso.
La mostra riporta con molta attenzione l’aggressione a Matteotti, a Roma sul lungotevere, il 10 giugno 1924, mentre si recava a Montecitorio. Gli aggressori lo colpirono alla testa, lo trascinarono in una macchina, e con vile violenza lo uccisero. I sicari fascisti furono identificati in Amerigo Dumini, Albino Volpi, Augusto Malacria, Amleto Poveromo, tutti appartenenti alla CECA, famigerata organizzazione fascista di repressione.
La mostra documenta il Matteotti, sin da giovane impegnato, in Polesine, a fianco dei braccianti e dei mezzadri. Ma anche la carriera accademica, e il suo pensiero attraverso quanto scriveva su “La Lotta”; e la scelta politica chiara di adesione al Partito Socialista.
La visione di quanto mostrato documenta il suo totale impegno politico nazionale attraverso il continuo lavoro a fianco dei giovani, lavoratori, dei contadini, dei braccianti. Ma l’attività parlamentare e il coraggioso antifascismo è il punto forza della mostra. Il fascismo fu ritenuto da Matteotti, sin dagli albori, un grave pericolo per la democrazia.
La mostra, attraverso la vita di Matteotti, ci presenta il passaggio, violento e doloroso, dell’Italia alla dittatura fascista.
Matteotti fu un simbolo della resistenza al fascismo: quella che si caratterizzò sin dalla nascita delle prime squadracce fasciste, il Suo è stato un continuo ed eroico contrasto.
Matteotti ha lasciato in eredità un alto pensiero ideale e politico tutto proteso all’impegno per il riscatto dell’Italia degli umili, dei sofferenti, e per il socialismo democratico. Matteotti è stato un convinto democratico e un socialista riformista.
Negli ultimi quarant’anni, con un nuovo doveroso impegno, il valore di Giacomo Matteotti è uscito da una sorta di oblio in cui la sinistra, soprattutto radicale, l’aveva relegato. Grazie a Sandro Pertini, Presidente della Camera dei Deputati, che ebbe la sensibilità di raccogliere e pubblicare i discorsi parlamentari di Matteotti, grazie al prof. Stefano Ceretti, che ha recuperato tutto il possibile del lavoro ideale e politico di Matteotti, oggi, sono numerosi i testi su Giacomo Matteotti, acquistabili in libreria È molto importante la raccolta degli scritti di Matteotti, che Ceretti ha reso disponibile con un’apposita edizione.
In tanti, è giusto ricordare, subito dopo la Sua morte, in suo nome, presero la bandiera dell’antifascismo. Nacquero, anche, le “Brigate Matteotti” già in Spagna, nella guerra civile contro la falange fascista di Franco, e poi contro i nazifascisti durante la guerra di liberazione partigiana in Italia.
Ho notizie dell’impegno dell’Amministrazione Comunale di Catanzaro, che ha nominato un’apposita commissione, perché valuti ogni iniziativa volta a ricordare Giacomo Matteotti, eroe dell’antifascismo. Sarebbe molto importante se l’Amministrazione Comunale, riuscisse a realizzare in città la stessa mostra di Roma. Mi permetto di proporre l’installazione di una stele in Suo nome, in un punto di Piazza Matteotti della città.
Colgo l’occasione per ricordare che Piazza Matteotti di Catanzaro, un tempo piazza Indipendenza, fu decisa dal primo Sindaco di Catanzaro, delibera del 10 giugno 1944, dopo la caduta del fascismo, il socialista avvocato Giovanni Correale Santacroce (nominato dal Governo Militare Alleato dei Territori Occupati) che restò in carica sino alle libere elezioni del 1946
Mi piace concludere quanto ho ritenuto di scrivere, riportando una lettera di Giacomo Matteotti inviata alla moglie Velia il 1921 (la lettera è pubblicata in G. Matteotti, Lettere a Velia, a cura di S. Caretti).
“Il ricordo di una notte lontana d’amore mi tiene nei dormiveglia come un sogno che non finisce. Ti sento come un vortice d’acqua che attira per posarsi nel fondo, ma con la volontà di non posarsi mai. Non so se sia il desiderio di sciogliermi in te, di non essere più che in te; oppure di tenerti così che tu non possa essere altro che mia, in tutta l’anima in tutta la persona, geloso di ogni cosa anche dell’aria che ti volesse toccare. Vorrei baciarti così piano che tu non mi sentissi se non quando già ti avessi circondata tutta, fino all’ultima e più profonda sensibilità. Vorrei baciarti così forte da non lasciarti respiro né libertà, nella violenza di una conquista perfetta che nulla abbandona.
E tu dove sei? Mi aspetti? Come mi aspetti? Talvolta ho paura del mio ritorno perché non mi tolga nulla di un sentimento perfetto. Sei così sola nel mio pensiero, che ogni più piccola diminuzione mi turba. So che è male, ma è un male così bello, anche quando fa male, anche quando tiene inerti per delle ore senz’altra forza che quella di sognare”.
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