di SANTO BIONDO*
Novantotto milioni di euro nel 2016, 179 milioni nel 2018 e 213 milioni nel 2019. Sono questi i numeri della voragine economica nella quale è precipitato il Servizio sanitario regionale in soli tre anni. Una voragine dalla quale i vari commissari ad acta, nominati per dare attuazione al piano di rientro, non sono riusciti a tirarlo fuori.
Gli effetti di questa incapacità gestionale, naturalmente, sono impietosamente ricaduti sui cittadini calabresi, di quella grossa fetta di cittadini calabresi che è chiamato, giornalmente, a rivolgersi alle cure del Servizio sanitario regionale. Pazienti che, troppo spesso, per curare le proprie patologie sono costretti a rivolgersi a strutture sanitarie extra regionali. Così i conti della sanità calabrese, che sono cresciuti in tre anni di 123 milioni di euro superando i due miliardi, vengono appesantiti dai quasi 300 milioni di euro della voce saldo mobilità.
Questi numeri ci raccontano un fallimento. Il fallimento della politica e dei manager esterni inviati dalla politica a curare i mali della sanità calabrese, poi, nei fatti smentiti dalla freddezza delle analisi economiche e finanziarie, dalla cronica carenza di personale, dall’arretratezza infrastrutturale dei nostri ospedali dal punto di vista materiale, immateriale e tecnologico.
Questi numeri ci dicono che le norme a sostegno dell’azione di rientro dal deficit sono fallite, non sono più contestualizzate allo stato dell’arte del Servizio sanitario regionale ridisegnato dall’emergenza Coronavirus.
Oggi, non siamo noi a dirlo ma è l’esito delle rinnovate necessità di investimenti palesati dal settore, quelle norme non sono più funzionali a risolvere i problemi della sanità calabrese. In tempi di emergenza, in tempi di lotta al Covid, un piano di rientro lacrime e sangue non ha più ragione d’essere, così come non è più tollerabile il commissariamento della sanità regionale.
Attenzione, però, questo non vuol dire che la palla deve ripassare nelle mani della politica, soprattutto di quella locale che, negli anni precedenti la lunga stagione commissariale, non ha dato prova di grande capacità gestionale e programmatoria.
Oggi, più che mai, la gestione di questo delicato settore deve ritornare ad essere di piena competenza statale. Un passo indietro per farne fare alla nostra sanità almeno due in avanti. L’emergenza Coronavirus, mettendo in evidenza i ritardi del settore, ha detto chiaramente che la sanità regionale, soprattutto quella calabrese, ha bisogno di una concreta dose di investimenti pubblici, come quelli messi a disposizione dall’Europa con il Mes ed il Recovery fund, ma soprattutto di congelare gli effetti del Piano di rientro.
*segretario generale Uil Calabria
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