Sasà Leotta, l’uomo bellissimo, maestro in tutto

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Sasà Leotta, ex allenatore del Catanzaro
  10 febbraio 2020 15:33

di FRANCO CIMINO
Ho trascorso tutta la mia infanzia e la mia giovinezza tra via Trieste 6 e via Sebenico 10,  a Marina.

Al centro di queste due abitazioni, a distanza esatta ed eguale di non più di centro metri, si trova il numero civico 34 di via Genova, e “ancora più al centro”, di fronte ad esso di pochi metri più giù, vi è il bellissimo complesso edilizio dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, fondato, agli inizi del dopoguerra da padre Semeria e don Minozzi, dove vi era, insieme al convento delle suore Maria Immacolata Concezione d’Ivrea, l’asilo e la scuola elementare da loro stesse magistralmente gestite. Sono stati anni bellissimi e indimenticabili, assai formativi sotto ogni profilo umano e culturale. In quegli anni(è vero, molto semplici ma anche molto tesi idealmente verso le nuove frontiere), si imparava tutto e da tutti. Lungo quella via ci passavo decine di volte al giorno, da solo o in compagnia. Era un percorso obbligato per recarsi nella nostra Agora, piazza Garibaldi, o in qualsiasi campetto, sterrato allora, o spiazzo asfaltato, per tirare due calci a un pallone, a volte inventato da carta di giornali arrotolata.

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Fu in via Genova che un giorno, forse era domenica mattina, da quella palazzina a tre piani, le prime case ad edilizia popolare per insegnanti e dipendenti comunali, vidi uscire sotto braccio alla già ammirata giovane professoressa Lina Chiodo, una specie di principessa della via per la sua austera eleganza e finezza, un uomo molto bello, elegantissimo, signorile, che metteva soggezione solo a vederlo. Non sapevo quanti anni avesse e mai più li ho domandati quando ho constatato che quella figura, nobile e quasi aristocratica, che allora mi sembrava grande, non cambiò mai aspetto restando uguale in tutto per il resto della sua lunga vita. Era Sasà Leotta, il fidanzato della professoressa, che presto sposò formando un sodalizio d’amore, che fu d’esempio per tutti. Un sodalizio sempre più vivo e stretto, da cui nacquero due bambine bellissime, amate doppiamente per l’Amore immenso che ha legato quei due eterni sposi, sempre insieme anche nelle quotidiane uscite. Un amore fisicamente concluso solo ieri mattina alle otto con l’ultimo respiro di Sasà tra le braccia di lei, quale ultimo suo dono. Racconto di questo mio incontro alla vista dell’Amore, per dire che da quel primo momento Sasà Leotta fu un maestro per me e per i ragazzi di Marina. Era uno spettacolo vederlo. Sempre composto, sempre ordinato nella persona, viso rasato e capelli folti, solo un po’ ingrigiti, tra le due ampie tempie libere, in quella testa grande che emanava intelligenza fine e colta. Quando parlava, con quella voce piena e calda e quella dizione perfetta, con la sigaretta tra le dita e quello sguardo dagli occhioni color castano puntato dritto nei tuoi occhi, era sempre una lezione. Parlava con tutti, in piazza e nella via e sul lungomare. Parlava di tutto. Di politica, di problemi del quartiere e della città. Parlava di sport. E di calcio, in particolare. Di più di più, assai di più, del suo amato Catanzaro, la squadra a cui aveva dedicato quasi tutta la sua vita, pur facendo una professione diversa e di buona rilevanza sociale. È stato infatti suo calciatore fino a trent’anni. Un calciatore, dicono chi l’ha visto in campo, anche qui fine ed elegante, dalla buona fattura tecnica. Sempre educato e corretto durante le partite. Ecco, la sua educazione e correttezza, le sue guide comportamentali. Nessuno che lo ricordi litigioso e aggressivo nei confrontati di chicchessia. Paziente anche di fronte alla stupidità e all’arroganza.

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Specialmente, quando, unite all’ignoranza, esse compongono una miscela micidiale. Sasà Leotta, detto tutto attaccato sasaleotta, era educato con tutti. E rispettoso di tutti e delle altrui opinioni. Era anzi un “ pacificatore” degli animi quando in piazza si surriscaldavano troppo per quel rigore non dato alla squadra “ tifata”, o per l’eccessivo sfottò di qualcuno. Per questa sua cultura dell’ascolto egli ascoltava chiunque prendendo e conservando le cose buone apprese. Sdrammatizzava tante situazioni o vi sorvolava con una semplice battuta tratta dalla sua ironia simpatica quanto incisiva. Nella vecchia Marina, ora scomparsa purtroppo, in quel piazzale intorno al bar Passafaro, dove si radunavano a gruppi, sparsi ma ravvicinati, giovani, adulti e anziani, e, dove, quindi, i padri avevano sott’occhio i figli, tutti si aspettava il suo arrivo. Immancabile e puntuale, ogni giorno. Sasà Leotta tornava dallo stadio, dove, quale allenatore in seconda del mitico Catanzaro di Ceravolo, Merlo e, mi pare, anche Albano, per oltre trent’anni contribuì ad allenare la prima squadra dopo un periodo in cui ha fatto l’istruttore delle giovanili. Leotta era bravo, si era diplomato allenatore professionista a Coverciano, in quella scuola dove sono passati i più grandi allenatori d’Italia.

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E, sì, che ne sapeva di calcio! Manteneva le sue teorie sempre un chilometro più avanti di quelle dei tecnici più celebrati. Amava il bel calcio, sapendo coniugare la fisicità e l’atletismo, che poi si impose, con la tecnica e l’uso creativo dei piedi buoni. Allenò, più volte e per brevi periodi, in sostituzione o in attesa del tecnico, il Catanzaro nelle sue stagioni della serie B e della serie A, sempre conseguendo buoni risultati, anche per quel suo buon carattere e quella sana psicologia con la quale sapeva motivare i calciatori. Ricordo con orgoglio le sue apparizioni alla Domenica Sportiva nei dopo partita in cui egli brillava per il parlare corretto, in lingua italiana corretta, e con quella competenza riconosciuta e apprezzata negli ambienti del giornalismo sportivo. Ma, si sa, nessuno è profeta in patria, per cui quell’allenatore bello e bravo, umile e gentile, con la stessa eleganza ed educazione, puntualmente se ne tornava dietro le quinte o a sedere nella panchina di dietro, a poche lire di compenso o forse addirittura niente. Avrebbe potuto allenare in club del calcio professionistico, anche importanti, per le numerose richieste ricevute. Sasà Leotta ha però scelto di fare le grandi rinunzie. Lo ha fatto, senza mai pentirsene, per una sola ragione nella quale radicavano i tre suoi infiniti amori. La ragione è stare qui. E per amore infinito della moglie e delle due figlie, dei giallorossi e di Marina. Tra le tante lezioni, Sasá Leotta ci lascia quella dell’Amore.

’Amore vero, che non ha bisogno di eroismo per essere vissuto, in quanto il coraggio è nella sua stessa forza. Quella che fa vivere felici. Sempre. Fino all’ultimo istante del nostro andare Altrove. Come ha fatto Sasá, Sasaleotta.

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