“Grave pregiudizio degli interessi della collettività, grave inquinamento e deterioramento dell’amministrazione comunale con perdita di credibilità dell’istituzione locale, 'mala gestio' della cosa pubblica, evidente assenza di legalità nell’azione amministrativa, oltre a concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti degli amministratori con la criminalità organizzata di tipo mafioso”. Questi i motivi alla base dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Stefanaconi, nel Vibonese, pubblicati oggi sulla Gazzetta Ufficiale insieme al decreto presidenziale di commissariamento e alla relazione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
Sul sindaco Salvatore Solano, la relazione evidenzia che - oltre a essere stato condannato per corruzione elettorale in concorso con il cugino Giuseppe D’Amico (condannato a 30 anni per associazione mafiosa, mentre il fratello Antonio è stato condannato a 18 anni) -, la sua figura “appare indiscutibilmente collusa con elementi di spicco della criminalità organizzata” poiché dagli “atti risulta che Solano ha ricoperto un ruolo di primo piano volto a favorire gli esponenti della criminalità organizzata e i loro interessi”, con una “subalternità funzionale di Solano rispetto ai D’Amico e un rapporto di contiguità del primo cittadino proseguito anche con le funzioni svolte in qualità di presidente della Provincia di Vibo Valentia”. Il ministro sottolinea inoltre che “il sindaco di Stefanaconi è coinvolto in diversi procedimenti penali per i reati di peculato e abuso d’ufficio e risulta deferito all’autorità giudiziaria per diffamazione, violazione della normativa ambientale e truffa”. Le forze di polizia hanno poi segnalato che Solano
“intrattiene frequentazioni controindicate, tanto che è solito accompagnarsi con soggetti riconducibili alla criminalità organizzata”. In un solo anno sono stati infine ben 82 gli affidamenti diretti di lavori pubblici senza gara d’appalto, di cui 19 finiti a ditte “risultate contigue ad ambienti mafiosi”
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