Scordatevi le Gallerie, la mostra è a casa mia: la nuova tendenza di "abitare" l'arte

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Un'esposizione di quadri di Apollonia
  31 agosto 2019 12:28

Che cos’è una tendenza? E’ una predisposizione collettiva del gusto che influenzerà sorprendentemente le nostre scelte, esprimendo lo zeitgeist, o meglio lo spirito del tempo, persuadendoci a convogliare spesso verso ardite mete, scardinando consuetudini e luoghi comuni. Vi è un nuovo modo di vivere e godere l’ARTE in tutte le sue espressioni.

Portate “fuori galleria” la vostra arte inondate le strade dei vostri linguaggi, abbandonando obsolete abitudini, esponete le vostre opere nei portoni, nei condomini nei giardini, nei garage nelle piazzette- a casa vostra- ! Un discreto numero di artisti e persone ha dato vita in Inghilterra ad un nuovo e crescente fenomeno, in voga ai tempi di Monet Cèzanne… quest’ultimo espose in una galleria d’arte per la prima volta all’età di sessant’anni, riluttante alle formalità di genere e di maniera trascorreva il suo tempo a lavorare fregandosene dei luoghi comuni, esule da compiacimenti divistici com’è oggi in uso, attorniandosi spesso nel suo studio di intellettuali e collezionisti della sua arte. Ne ha beneficiato la sua arte, e la sua nomea ha varcato comunque e dovunque nel mondo consegnandolo nell’olimpo dell’arte. Il fenomeno di cui vi parlo è pratica necessaria oggi per ovvi motivi, datosi che le Gallerie d’Arte sono diventate solo dei “White cube”, e la stragrande maggioranza dei galleristi non fanno storia, luoghi , “stanze”, frequentati dai soliti addetti ai lavori ma carenti di fruitori , di pubblico di appassionati d’arte.

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Allora si è pensato di trasformare gli spazi domestici in Sedi espositive temporanee. Non solo in Inghilterra ma in diverse parti del mondo, anche in Italia il fenomeno sta dilagando. The Guardian autorevole giornale settimanale londinese ha ben espresso il concetto, in un recente articolo, in maniera esaustiva questa sorta di nuovo “ecosistema” piccole mostre vengono allestite nelle singole stanze dell’appartamento, in cucina, in camera da letto, sul terrazzo e perfino nel gabinetto. Il superamento delle difficoltà (costi in primis) di esporre in una galleria professionale, poter presentare il proprio lavoro in un ambiente meno formale e più appetibile, dove sembra più facile confrontarsi sulle proposte artistiche, l’originalità di allestire uno spazio domestico rispetto ai luoghi convenzionali e lo spirito di cooperazione tra le persone coinvolte nel circuito, sono alla base dell’attrazione che sta suscitando questo inedito modello espositivo.

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Al contrario della galleria, in un ambiente domestico c’è il vissuto dell’artista, il suo respiro i suoi tormenti i suoi ripensamenti , i suoi…fallimenti! Si può dialogare davanti alle sue creazioni, senza intermediari, e vivere davvero un’esperienza straordinaria, respirare un’atmosfera che solo un artista può creare attraverso l’energia taumaturgica delle sue opere. Roberto Longhi, uno dei grandi padri della storia dell’arte italiana e organizzatore di mostre memorabili soleva dire: -vero anche è che la singola opera, soprattutto se di alta qualità, si dà da sola, si offre per essere ammirata, contemplata per suscitare emozione, interesse, arricchimento. Quando un’opera si esprime da sé nella sua forza magnetica e misteriosa non necessita di montagne di testi teorici a supporto e né tantomeno di curricula confezionati. Ritengo difficile e improbabile che “certe opere” del contemporaneo possano essere consacrate all’eternità, vi sono opere che conservano la patina accrescendo valore ed interesse collettivo e storico, ed opere che accumulano la polvere…quest’ultime allo stato attuale abbondano , e in futuro non verranno preservate e riconosciute come opere d’arte. L’ arte dovrebbe entrare nel pensiero e nei discorsi quotidiani della gente comune affinchè si impari ad amarla , custodirla possederla e..difenderla! In questa attuale dissoluzione culturale dilagante non possiamo certo sacralizzare tutto ciò che viene professata “arte”.

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Oggi l’arte per sopravvivere ha bisogno di simboli o luoghi identitari? Possiamo ancora parlare d’arte dopotutto?

Apollonia Nanni

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