Operazione "Scott-Rinascita": le mani della 'ndrangheta sul business dei cadaveri dei migranti

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Migranti su un barcone
  19 dicembre 2019 19:16

di EDOARDO CORASANITI

Non scappa niente al mercato della ‘ndrangheta, nemmeno il business dei naufraghi morti a Vibo Valentia che sarebbero stati gettati nelle fosse comuni senza rispettare le norme sul materiale da impiegare. Obiettivo: incassare più denaro.
C’è anche questo nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Scott- Rinascita”, che questa mattina ha portato all’arresto di 334 persone in tutta Italia, e che ha smantellato la cosca riconducibile al boss Luigi Mancuso con collegamenti con politica, massoneria e pubblica amministrazione. (LEGGI QUI TUTTI I NOMI)

E’ anche grazie allo spunto di un collaboratore di giustizia Andrea Mantella che vengono sottolineati i metodi di gestione di cappelle e loculi. Un vero e proprio mercato di cadaveri dei migranti.  Il collaboratore ha specificato che Lo Bianco, d'accordo con Rosario e Carmelo Pugliese e con la complicità di Rosario Francolino.

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 La complessità organizzativa del giro d'affari si articola attraverso l'associazione onlus "Sacra Famiglia", di cui è presidente Orazio Lo Bianco, appartenente all'omonima consorteria, ed alla quale fanno parte come associati, tra gli altri Rosario Pugliese, il quale viene riconosciuto dalla Procura come socio occulto dell'impresa individuale "Lo Bianco Orazio" e di società  operanti nel settore delle pompe funebri.

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Al centro la ditta "Le Steller”, concessionaria delle tumulazioni di quelle salme dei migranti sbarcati a Vibo Marina, che avrebbe commesso delle palesi irregolarità nella fornitura di quel servizio, omettendo di impiegare il materiale previsto per legge. Attraverso questi raggiri avrebbe incassato un pagamento superiore rispetto al servizio ed al materiale reso, in danno del Comune di Vibo Valentia, con un danno erariale per quelle casse comunali.

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Tramite questa ditta gli indagati ristrutturano le cappelle e i loculi di defunti di cui non ci sono più familiari superstiti, seppellendo nelle fosse comuni i resti delle ossa e rivendendole al prezzo di 50 mila e 60 mila euro.

Poi arrivano i controlli dopo alcune segnalazioni dei cittadini che hanno notato il cattivo odore proveniente dai loculi in cui erano custodite le salme dei migranti sbarcati nel porto di Vibo Marina.

Per la Dda, i fatti integrano un'ipotesi di frode in pubbliche forniture “dal momento che i soggetti, consapevolmente hanno violato il regolamento di polizia mortuaria, utilizzando mattoni forati anziché pieni”.

E ancora: la "frode" degli indagati, come descritta nei capi di imputazione, si ravvisa nel comportamento doloso degli indagati volto a far apparire come "regolare" (ovvero, rispettoso del regolamento di polizia mortuaria) l'adempimento dell'appalto commissionato.

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