Separazione delle carriere, Casalinuovo: “Riforma di civiltà per una giustizia terza e imparziale”

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  31 ottobre 2025 11:37

di ALDO CASALINUOVO*

La separazione delle carriere altro non è se non la compiuta attuazione del principio costituzionale del giusto processo, che vuole che il processo si celebri in condizioni di parità tra le parti e davanti ad un giudice TERZO ed imparziale. "Terzo" significa che deve essere distinto, anche sotto il profilo ordinamentale, dagli altri due "attori" protagonisti del processo, il pubblico ministero e il difensore dell'imputato. È una riforma che non ha colore politico e che va a completare un modello di processo penale che è in vigore in Italia da quasi quarant'anni. Si sente dire spesso: ma non migliorerà l''efficienza della macchina giudiziaria.

Si tratta di un argomento francamente molto debole e incongruo, come se la giustizia fosse solo una questione di numeri e tempi ( e dunque di organizzazione) e non, come invece è, soprattutto un insieme di principi e regole che disciplinano, partendo dalla Costituzione,  uno dei settori più delicati e rilevanti della nostra società civile. Un piccolo esempio. Fino agli inizi degli anni '70 l'avvocato difensore non aveva diritto di assistere all'interrogatorio dell'imputato (allora non c'era la distinzione tra indagato e imputato). Quando quella regola obsoleta e ingiusta fu opportunamente modificata ( si ricorderà il bel film di Nanni Loy, con Alberto Sordi, "Detenuto in attesa di giudizio"), nessuno si chiese se quella innovazione avrebbe reso piu' efficiente il sistema giudiziario: semplicemente, si ritenne che fosse giusto introdurre nuove e diverse previsioni in materia in una logica di modernizzazione ed evoluzione del sistema giudiziario stesso.

La separazione delle carriere dei nostri tempi è un altro passo - ovviamente con la "sensibilità" e la cultura giuridica del terzo millennio - verso un sistema più equilibrato, adeguato appunto ai tempi che viviamo e al sentire della società civile in cui esso si inserisce. Evitiamo la caccia alle streghe e gli allarmismi farlocchi, giacché non c'è nessun pericolo per la democrazia, nessun attentato all'indipendenza della magistratura (che rimane un unico ordine giudiziario), nessun pericolo di sovrapposizione di un potere sull'altro. Se così fosse, saremmo tutti contrari!

Avremo, invece, una nuova cultura della giurisdizione, eguale a quella di tanti altri paesi europei, per assimilare compiutamente la quale ci vorranno forse un paio di generazioni, ma che vorrà dire soprattutto, secondo la vecchia definizione radicale, una "giustizia più giusta". Io, da avvocato, da uomo della sinistra riformista e da garantista inossidabile, voterò convintamente Si.

 

*avvocato


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