Quando nell’aprile del 2019, a Lamezia Terme, il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto – lanciatissimo verso la candidatura alla presidenza della Regione – parlò di “rivoluzione green” per la Calabria, molti lo presero per matto o giù di lì. In una terra capace di ragionare solo su concorsi pubblici, bandi assistenzialistici, finanziamenti distribuiti a pioggia, numeri di assessorati e presidenze da spartirsi, quella visione che legava strettamente le politiche ambientali a quelle economiche apparve un’idea piuttosto strampalata, una trovata propagandistica, poco più di una suggestione.
Occhiuto vaneggiava di una Calabria “scrigno verde” fatta di mari e di boschi salvaguardati dalla mano assassina dell’uomo, di energie pulite ricavate dal sole, dal vento e dalle maree, di turismo nuovo ed esperenziale, di artigianato digitale, di città rigenerate, di agricoltura affidata ai droni, di medicina a distanza, di nuovi lavori e di nuove professioni, di economia circolare e di economia della conoscenza. E poi parlava di giovani, di nuove generazioni, di “next generation”, si direbbe oggi.
A distanza di quasi due anni, l’opzione “green” è diventata il fulcro del programma di rinascita del Paese affidato a SuperMario Draghi che nelle dichiarazioni programmatiche rese alle Camere ha dedicato il passaggio più significativo – e applaudito – all’esigenza vitale di proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale. Ma, al di là delle dichiarazioni d’intenti, ci sono forti motivazioni economiche. Il 37% delle risorse del Ricovery Fund saranno destinate ad interventi per contrastare i cambiamenti climatici e tutte le azioni che gli Stati membri andranno a proporre dovranno rispettare il principio del “non arrecare un danno significativo” contro l’ambiente.
Non spetta a me fare valutazioni politiche sull’azione amministrativa di Mario Occhiuto, spettano semmai ai suoi concittadini, ma la sua visione “green” del futuro della Calabria, arrivata quasi due anni prima della “svolta verde” del Governo Draghi, credo possa essere uno spunto di riflessione interessante ed utile per tutti.
Io penso che la Calabria possa diventare uno dei laboratori più interessanti e creativi per le politiche green che il presidente Draghi attuerà nel nostro Paese, utilizzando al meglio le irripetibili risorse che l’Europa ci ha gentilmente concesso. Le condizioni ci sono tutte: 800 chilometri di costa, tre parchi nazionali, un’infinità di aree naturali, un clima assolutamente unico che favorisce colture altrettanto uniche, un giacimento inesauribile di testimonianze di un passato glorioso. E poi il sole, il vento, le maree.
C’è bisogno di un investimento epocale per salvaguardare questa ricchezza, per difendere il territorio, per abbattere l’inquinamento marino, per creare nuove occasioni di lavoro attraverso un turismo, un’agricoltura, un artigianato rivoluzionati nelle metodiche e nel marketing. C’è bisogno di più laureati, di più professionisti, di più giovani che abbiano voglia di mettersi in discussione e guardare all’avanzare delle nuove tecnologie.
L’opzione “green”, che il visionario sindaco di Cosenza aveva intravisto già due anni fa, è oggi il terreno di sfida decisivo per una Calabria che ha l’ultima occasione di dimostrare che non è una terra “perduta” e irrecuperabile.
Sergio Dragone
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