di STEFANIA PAPALEO
Nuovo colpo di scena nel processo Six Towns che, all'alba dell'8 ottobre del 2016, portò a 36 arresti tra boss e picciotti della 'Ndrangheta che imperversava in sei comuni della Presila (Belvedere Spinello, Rocca di Neto, Caccuri, Castelsilano, San Giovanni in Fiore e Cerenzia), con propaggini anche in Lombardia. La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso presentato dall'avvocato Pietro Pitari, ha annullato la condanna all'ergastolo inflitta al presunto capo della cosca, il sessantenne Agostino Marrazzo, ordinandone l'immediata scarcerazione.
La sentenza di oggi arriva al culmine di un travagliato iter giudiziario che ha visto l'imputato riportare una prima condanna all'ergastolo emessa con il rito abbreviato, il 6 luglio 2018, dal gup distrettuale di Catanzaro, per l'omicidio di Franco Ionà, avvenuto a Belvedere Spinello l’8 ottobre del 1999. Accusa, quest'ultima, caduta il 17 dicembre 2020 per mano dei giudici della Corte d'Assise d'Appello, che lo condannarono per il solo reato di associazione a delinquere di stampo mafioso a 10 anni di reclusione. La decisione fu subito impugnata dalla Procura generale, che ottenne dalla Cassazione un nuovo processo di appello davanti a una diversa sezione di giudici che, il 26 febbraio del 2024, riportò indietro il nastro del film giudiziario, ribadendo una condanna all'ergastolo per Marrazzo, il quale, senza arrendersi, grazie alla difesa dell'avvocato Pitari ha oggi ottenuto l'annullamento del carcere a vita e la restituzione della libertà.
L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Catanzaro, fece luce su una cosca di ‘ndrangheta egemone su sei comuni della Presila, con la contestazione agli imputati, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsioni, armi, favoreggiamento dei latitanti, fino agli omicidi di Franco Iona e Antonio Silletta ed al duplice omicidio di Tommaso Misiano e Gaetano Benincasa. Determinanti furono le dichiarazioni rilasciate dal pentito Oliverio, che indicò Marrazzo quale mandante dell'omicidio di Franco Iona, sul quale avrebbe anche fatto ricadere la responsabilità dell’incendio di un capannone di Marrazzo in modo da scatenarne il desiderio di vendetta.
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