In una nota, la presidente dell’associazione “Ra.Gi.” di Catanzaro, Elena Sodano, lancia un appello per un cambiamento culturale, sociale, politico, organizzativo a sostegno delle persone con demenze e dei loro famigliari.
“Il sociale e il sanitario - ha detto - sono due anime politiche che, nelle demenze, non possono percorrere strade differenti. Ci deve essere una coincidenza tra il mandato della medicina, il mandato della scienza e il mandato della società. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che occorre fare il più grosso lavoro di cambiamento culturale, perché è nella società che vivono le persone con le demenze e le loro famiglie, ed è in questa società che queste persone hanno il diritto di esistere pienamente, senza essere emarginate o silenziate dopo una diagnosi. Ma questa società non è ancora pronta ad accogliere le persone con le demenze. Perché è una società che ancora isola e separa gli elementi di “disturbo” sociale, affidando ad altri il compito di controllarne il contenimento adottando qualunque tipo di strategia possibile. Questa è una società che non rappresenta gli interessi e la volontà di tutti i cittadini. E le persone con demenza e le loro famiglie sono di fatto cittadini, che però a volte non accettano alcune norme fatte per la loro subordinazione". E ancora: "Abbiamo bisogno di un atteggiamento diverso nei confronti delle persone con demenza. Un atteggiamento che sia insieme tecnico, politico, sociale ed esistenziale. Ma per arrivare a questo, sociale e sanitario devono lavorare insieme sulla logica del cambiamento. Solo così il sociale e il sanitario, che oggi sembrano divisi dal “muro di Berlino”, possono apparire sorprendentemente simili. Solo così capiremo che la separazione di sanità e sociale attraverso la presenza in Calabria di due distinti assessorati regionali non significa che questa stessa distinzione debba per forza tradursi nella separatezza di chi opera al di là della dimensione organizzativa della Regione.Occorre inoltre comprendere con umiltà il valore della testimonianza e delle buone pratiche che in Calabria ci sono sia dalla parte sanitaria che da quella sociale e che hanno dimostrato come l’impossibile può diventare possibile. Sociale e sanitario insieme devono assumersi la responsabilità delle proprie azioni e aiutare l’intera politica e l’intera comunità a capire cosa significa la presenza di una persona con demenza all’interno di una società, una società in cui la medicina stessa potrebbe diventare elemento arricchente nel corpo “sociale” della persona malata. Ma questo può avvenire solo se sanitario e sociale si incontrano ai tavoli tecnici in cui le decisioni devono essere condivise da più attori. Sulle demenze, intanto, ci scontriamo ogni giorno con il pessimismo di chi pensa ancora che non si può far nulla. Ma a questo pessimismo, sia il sociale che il sanitario devono contrapporre una volontà politica ottimista, una politica che riesca ad immaginare, costruire, testimoniare che per le persone con demenze e per i loro famigliari ci possono essere possibilità nuove, lavorando insieme in questa comune ideologia positiva senza usare il potere del proprio ruolo sociale o sanitario. Occorre trasformarsi in un’unica voce del fare per una politica giusta, retta, equilibrata, che non guardi solo verso un’unica direzione. Solo così si creano condizioni istituzionali, strutture organizzative, processi culturali, forme di lotta positive trasformate in ricchezza e forza nei confronti delle persone più fragili".
Chi si occupa di persone con demenze e delle loro famiglie sia da un punto di vista sanitario che sociale, ha nelle mani un pezzo umano di mondo su cui dobbiamo decidere se avere potere o responsabilità”.
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