di EDOARDO CORASANITI
Assolto per non aver commesso il fatto: la Corte d'Appello di Catanzaro ha dichiarato l'innocenza di Armando Veneto, ex deputato e parlamentare europeo, condannato in primo grado a sei anni con l'accusa di corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa per un episodio legato ad un episodio di 12 anni in cui, secondo la Procura del capoluogo, l'avvocato classe 1935 fatto parte della vicenda che ha portato alla corruzione del Giudice del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, Giancarlo Giusti, poi morto suicida.
Tutte ricostruzioni sbagliate, secondo i giudici di secondo grado che hanno aggiunto un nuovo capitolo la parole fine su un caso che, dal primo momento, ha fatto saltare dalla sedia i tanti colleghi di Veneto e che ne hanno proclamato l'innocenza.
Una storia che già una volta è finita all’attenzione di Procura e giudici, ma che ha portato ad una archiviazione nel 2011: non c’erano prove di un’intromissione del noto avvocato reggino, da sempre proclamatosi innocente e completamente estraneo alle accuse. Dopo la decisione, il legale ha sostenuto di essere "sdegnato perché - vedrete- si dovrà pescare nell’ampio bacino delle fantasie per motivare una simile sentenza" (LEGGI QUI LE DICHIARAZIONI DI VENETO).
In Appello, la Procura era ancora convinta della colpevolezza dell'avvocato: ai magistrati giudicanti, il pm aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado.
Dopo la lettura del dispositivo di oggi pomeriggio, i difensori dell’avvocato Armando Veneto, Vincenzo Maiello e Beniamino Migliucci, hanno dichiarato: “Siamo soddisfatti per aver contribuito ad una decisone che ripristina la verità dei fatti”.
La difesa di Armando Veneto durante il processo. I processi sono fatti di accusa e difesa e per avere una ricostruzione chiara è bene accendere i riflettori su entrambe le parte. Gli avvocati di Veneto durante le udienza hanno ricostruito la loro verità, la loro versione alternativa di tutta la vicenda.
Argomentazioni che, dopo il deposito delle motivazioni, sono state riproposte ai giudici della Corte d’Appello di Catanzaro per un nuovo giudizio, per rimettere in discussione la condanna ad uno dei più noti ed importanti della tradizione del diritto, difensore dei diritti e dello Stato di diritto. Gli avvocati durante la frase processuale hanno evidenziato che “Giusti aveva svolto un breve periodo di affiancamento nel suo studio quando era già avvocato, in attesa di prendere servizio in magistratura, ma era stato affidato ad un collaboratore di studio; la sua presenza era stata, dunque, breve e non significativa, tant'è che i due non avevano mai stabilito alcun rapporto; Armando Veneto aveva assunto la difesa di Gallo Rocco su richiesta di alcuni comuni conoscenti, non avendo avuto in precedenza contatti con il suo assistito. E sempre rimanendo nel perimetro del Riesame tanto discusso, dopo il buon esito dell’istanza, Armando Veneto avrebbe maturato il convincimento che l'annullamento dell'ordinanza cautelare fosse dipeso dalla bontà delle sue tesi difensive; in quest'ottica, andrebbe letto quanto riferito da Rocco Gallo nel corso del colloquio del 30 ottobre 2009: "Veneto ha detto a Rocco Gallo che il merito è suo se sono usciti pure gli altri, quindi è convintissimo ... infatti Rocco ha detto che si sono svenati a soldi... pure per gli altri è merito suo" . Uno svenamento che, per la difesa, si riferisce agli erari richieste per l’attività professionale e non per corruttive. Ancora: dopo aver compreso che dietro alle scarcerazioni dei Bellocco potevano esserci risvolti illeciti, l’avvocato Veneto si sarebbe completamente disinteressato della difesa di Gallo, pur non avendo mai formalmente rinunciato al mandato difensivo".
LA SENTENZA DELLA CORTE D'APPELLO DI CATANZARO
Armando Veneto: assolto (primo grado, 6 anni)
Rosario Marcellino (difeso dall'avvocato Letterio Rositano): assolto (primo grado, 4 anni)
Domenico Bellocco classe 1977 (difeso dall'avvocato Gianfranco Giunta): 5 anni e 4 mesi (primo grado, 6 anni)
Giuseppe Consiglio classe 1970 (difeso dall'avvocato Mario Santambrogio): 4 anni e 8 mesi (primo grado, 6 anni di reclusione)
Vincenzo Albanese, collaboratore di giustizia, classe 1977 (difeso dall'avvocato Antonio Capua): 1 anno e 8 mesi
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