di PAOLO CRISTOFARO
SQUILLACE – Torna l’amministrazione, va via il commissario, passano i mesi, arriva un’altra estate, ma gli interrogativi restano, là. Restano là, sospesi tra le chiacchiere della gente, davanti ai bar e negli scaffali impolverati dell’archivio comunale, dove nessuno ha guardato bene, dove nessuno guarda o dove nessuno vuole guardare. Quanto debito ha ancora la città di Squillace? Chi paga per le grandi incompiute dei decenni passati? Chi paga per presunti danni erariali? Chi salda i buchi spaventosi in un bilancio comunale che non è mai chiaro abbastanza? Già, perché fila sempre tutto liscio al momento di presentarlo questo bilancio, ma il sommerso – che pure c’è ed è tanto – non lo menziona mai nessuno. E se in paese si parla di debiti, ci si domanda dei debiti, qualcuno solleva le spalle, altri cambiano argomento, come fosse un film già visto e rivisto, quello dei buchi in bilancio; un film che se un tempo ha fatto scalpore – forse quando tra le scrivanie degli uffici comunali, qualche anno fa, sono stata trovate cimici e microspie – ora annoia quasi tutti.
Ma il problema c’è! Nel 2014, appena insediato, l’allora – nonché attuale – sindaco Muccari scoprì qualcosa di grosso: un’ingente mole di sommersi che lo ha costretto, pochi mesi dopo l’elezione, a dichiarare il dissesto finanziario. La cifra era di circa 6 milioni di euro. Gran parte dei debiti non si è potuto neanche quantificarli esattamente o verificarne le responsabilità relative a quanti li avevano prodotti, data l’assenza, addirittura, della relativa documentazione. Lavori e incarichi – stando a quanto riferitoci – dei quali non esisteva, talvolta, neppure l’incartamento, le autorizzazioni, la previsione di spesa. Qualche mese fa – lo si aspettava con curiosità, dopo mesi di commissariamento – l’amministratore pro tempore, Belpanno, con incarico prefettizio, pubblicava il bilancio. Un bilancio di previsione che, chiaramente, filava liscio come l’olio. Ma i residui passivi? Dopo gli interrogativi insistenti, posti anche dalla stampa, alla vista di quel bilancio, l’Ente ha pubblicato sull’albo pretorio – pochi giorni dopo – un riaccertamento dei residui attivi e passivi. Qui già la situazione era diversa, ma si sapeva.
Ad impressionare, in particolare, l’ancora presente cifra esorbitante di 673mila euro circa attribuibili all’opera del cosiddetto Parco Fluviale, un percorso nella gola del fiume Alessi, ai piedi del colle di Squillace, che seguendo la via degli antichi mulini e del corso d’acqua, avrebbe dovuto accompagnare i turisti in un percorso naturalistico. L’opera avrebbe dovuto essere finanziata con il POR Calabria FESR 2007-2013. Scriviamo “avrebbe” perché, non essendo mai stata realizzata, il finanziamento potrebbe essere – come ci giunge all’orecchio da alcune indiscrezioni – revocato a breve. Eppure, i soldi sono stati già spesi. Già, perché erano iniziati lavori su terreni che – si è saputo dopo – non erano neppure cantierabili. Bisognerà dunque pagare la ditta, pagare i lavori sui terreni e, quindi, rimborsare anche il finanziamento alla Regione, dato che la cosa si è conclusa con un nulla di fatto e che anche la variante al progetto, proposta negli ultimi anni dal Comune, non è stata accolta dai piani alti della Cittadella.
E ora chi paga? Di chi è la responsabilità per quegli errori? Come intende muoversi la nuova amministrazione? Domande che crediamo del tutto lecite e che se quelle alzate di spalle di qualcuno, davanti ai bar o in piazza, continuano ad andare in scena, i cittadini più attenti, magari con discrezione, nel salotto di casa, qualche domanda continuano a porsela, non solo sul Parco Fluviale e sui 673mila euro, ma anche sui circa 213 mila spesi per «il consolidamento dell’episcopio», sui 139mila sui lavori alla Casa delle Culture e su tante altre spese "anomale", su tanti altri buchi che, seppure nascosti dall’ombra dell’indifferenza, rischiano di far cascare dentro – come in una trappola – sia gli amministratori che, come sempre, gli ignari contribuenti.
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