di MARIA CLAUDIA CONIDI RIDOLA
Il TAR Lazio Sez. I ter ha finalmente messo fine a un’ interpretazione “tarocca” della legge quella dell’art. 48 bis del D.P.R. 29/08/1973 n. 602, per come attuata dal Ministero dell’ Interno a discapito dei collaboratori di giustizia, che di fatto ha coartato la loro capacità contrattuale di autodeterminazione , costringendoli ad estinguere forzatamente i loro debiti erariali, per concludere così “in bellezza” la loro storia a servizio dello Stato.
Infatti è accaduto che dall’Ottobre del 2024 il Ministero dell’interno SCP aveva notificato a tutti i collaboratori ammessi a misure di protezione, tramite personale appartenente alle sezioni Nop locali, su disposizione del Funzionario Responsabile della quarta divisione del SCP di Roma, un atto denominato “Informativa” col quale si sarebbe voluto estendere all’istituto della capitalizzazione delle misure assistenziali tale normativa non prevista per la branca specifica dei collaboratori.
Tale “Informativa” ha di fatto applicato una normativa assolutamente non prevista per l’istituto che ha così neutralizzato nei suoi fini , ovvero ha esteso la norma secondo cui “…..la Pubblica Amministrazione, ove debba erogare somme a qualunque titolo di entità o pari o superiore a 5.000 euro è tenuta preventivamente ad escludere la sussistenza di debiti erariali in capo al beneficiario dello stesso”, costringendo letteralmente i “pentiti” di mafia ad operare una scelta forzata , ovvero quella di “scendere a compromessi “con l’agenzia delle entrate per predisporre un piano di rateizzazione dei loro debiti erariali accumulati nel tempo, anche in forza dei vari maxi processi penali celebrati sulle loro stesse dichiarazioni a tenore collaborativo, e ciò quale conditio sine qua non ,affinché potessero accedere alla loro fuoriuscita di tipo economico dal programma di protezione, riducendo così la loro “capitalizzazione”, a pochi spiccioli, sostanzialmente strumentalizzandolo per l’estinzione forzosa dei loro debiti, così facendo letteralmente transitare i fondi previsti per la fuoriuscita dai programmi di protezione dei pentiti dal Ministero dell’Interno a quello dell’Economia e delle Finanze-
Oggi il TAR Lazio Roma ha finalmente stabilito che non esiste una norma per come l’avrebbe voluta creata ad hoc il Ministero dell’Interno applicabile sia pur forzatamente alla materia relativa al trattamento economico dei pentiti di mafia , ragion per cui la capitalizzazione che è sostanzialmente una sorta di sommatoria risultante dalla moltiplicazione dell’assegno di mantenimento mensile versato dallo Stato ai collaboratori di giustizia , di natura prettamente alimentare, per 24 mesi o per 60 mesi , è INTOCCABILE ,poiché ha come funzione esclusiva quella di consentire il reinserimento sociale del Collaboratore di Giustizia e dei suoi familiari come disposto dall’art.10 comma 15 del D.M. 161/2004 in correlazione con la Legge 82/91 ,essendo una somma di danaro non assimilabile a un flusso di natura lavorativa /reddituale e come tale assoggettabile a trattenute o altri limiti di natura fiscale.
A ben vedere però, l’applicazione coartata di una legge inesistente per un campo specifico che è quello dei collaboratori di giustizia, ha fatto sì che siano stati di fatto sottratti fondi destinati a una funzione specifica quanto assolutamente intoccabile , per alimentare le casse dello Stato a discapito di intere famiglie oggi allo sbando e altresì ha creato una falla in quella parte della popolazione protetta che è fuoriuscita senza più nulla da destinare al proprio reinserimento socio lavorativo, con tutte le conseguenze del caso.
Un potenziale pericolosissimo atto a creare così un innesto di nuova criminalità, per chi si era visto proiettare, senza alcun riserbo, in un futuro incerto senza più alcuna risorsa economica atta a ristabilire una piattaforma di vivibilità sostenibile , dopo un passato fatto di “soldi facili” frutto di carriere criminali poi rescisse per intraprendere la retta via della legalità-
La situazione pertanto ha indotto anche questo difensore a diffidare il Ministero dell’Interno a reimmettere nella disponibilità di quanto sottratto ingiustamente chi ne sia stato privato, in forza di un’operazione sfacciatamente illegittima , al punto da potersi finanche ipotizzare gli estremi di una vera e propria truffa ai danni dei collaboratori di giustizia, con induzione indebita degli stessi a versare danaro al Ministero dell’ Economia così operando una sorta di “compensazione tra debiti e crediti” che poco si addice alla ratio legis di natura speciale nei confronti di chi si sia adoperato per lo Stato , con diritto a rifarsi una vita finalmente libera da ogni compromesso.
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