Teresa Sinopoli: "Giulia, nella domanda, che spaventa pure il dolore"

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images Teresa Sinopoli: "Giulia, nella domanda, che spaventa pure il dolore"
Giulia Cecchettin
  27 novembre 2023 21:15

di TERESA SINOPOLI* 

Da moltissimi giorni, in lungo e in largo, si sta parlando di Giulia. Anch'io volevo dire la mia, ma non trovavo parole adatte per esprimere un mio pensiero, come così anche per le altre infinite vittime, prime di questa sfortunata ragazza. Questa volta, però, la laureanda in ingegneria biomedica è stata l'ennesima ingiustizia di una goccia che a fatto traboccare un vaso antico quanto la storia dell'uomo. Si pensi alla ingiusta responsabilità attribuita ad Eva nell'aver spinto Adamo a commettere peccato. Ed in questo momento, nella penombra di qualche lampadina che si sta spegnendo, mi domando se ci possa essere una speranza per il genere umano di evolversi verso un bene che come fiume in piena, possa straripare inondando spazi calpestati da orme umane. Oggi la nostra povera Terra, flagellata dalle divisioni, dall'egoismo o da gravissimi danni ambientali, è ormai agonizzante e pertanto si rende necessario un cambiamento radicale da parte dell'uomo, affinché possa egli trovare risposte nuove, ancora possibili, in un momento storico dove sembra dipendere ancora dalla volontà dello stesso a compiere scelte radicali, per noi e per i figli che verranno. A tale proposito, penso che l'essere umano, dal punto di vista culturale, ancora non si sia evoluto pienamente. Parte di un possibile disegno deve essere ancora compiuto. Ed è proprio in questa consapevolezza di incompiutezza viene ravvisata la possibilità che ancora qualcosa resta da fare. Un fare per il quale è necessaria una cultura nuova che parta anzitutto dal superamento (non biologico) della differenza tra uomo e donna e che venga estesa poi a quella tra gli Stati, le religioni, le lingue e l'etnie che da sempre hanno alimentato guerre e quindi morte. Non basta affermare principi e valori, dobbiamo noi stessi essere portatori di principi e valori, costi quel che costi. Dobbiamo partire, come lo si sta facendo in questi giorni, magari da Giulia, scheggiando il silenzio fino a romperlo definitivamente per liberare dalle catene dell'indifferenza tutti coloro che sono vittime di violenze umane, catastrofi naturali o volute dall'uomo stesso. Ed è proprio a questo punto che si richiede lo sforzo maggiore. Pretendere dalla nostra psiche ciò che, purtroppo, non è ancora in grado, ossia farsi coinvolgere da eventi lontani dal proprio spazio perimetrale. Dobbiamo superare questo anello debole. Dobbiamo provare sofferenza per la morte di un qualsiasi bambino di questo mondo come se ci appartenesse per legame di sangue, provando lo stesso identico dolore di quando ci è capitato per la perdita di una persona che abbiamo amato.
Solo così l'essere umano può trovare la forza e la misura giusta del cambiamento. In quell'appartenersi che non conosce divisioni, odio e quindi la rigenerazione continua di un male che è solo sovrano assoluto delle sofferenze umane.

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*docente di Lamezia Terme

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