Tra l’emergenza e le nuove opportunità: la UE vira a sinistra. Gentiloni: “Puntiamo al salario minimo europeo”

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Il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni

Un ruolo maggiore dello Stato è auspicabile per la transizione ecologica e digitale

  08 settembre 2020 17:40

di MASSIMO PINNA

Stretta tra le necessità di superare l’emergenza pandemica e l’opportunità offerte dalla transizione ecologica e digitale, nell'Unione Europea si prefigura un ampliamento decisivo ed un ritorno ad un forte intervento dello Stato in economia. Ne è convinto anche Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia.

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Insomma vi è la necessità di accelerare sul salario minimo europeo, anche se “c’è una sorta di scetticismo sia nei Paesi in cui il welfare non è sviluppato, sia al contrario nei Paesi in cui il welfare è molto avanzato”. E l’opportunità di un ruolo maggiore dello Stato, che in Europa non è solo “inevitabile” dopo la pandemia, ma è anche “desiderabile” per orientare l’economia Ue verso la transizione ecologica e quella digitale. Sono alcune delle priorità indicate dal commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni.

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Che durante il Brussels Economic Forum è sembrato imprimere una chiara svolta a sinistra alla linea della commissione guidata da Ursula von der Leyen. Intanto, con la ripresa autunnale la partita del Recovery fund entra nel vivo e il governo italiano si prepara a presentare, mercoledì, la bozza delle linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sei le macro missioni, in linea con quanto anticipato in questi mesi: digitalizzazione e innovazione; transizione ecologica; salute; infrastrutture nel segno della sostenibilità; istruzione e ricerca; inclusione sociale e territoriale.

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“Certamente un ruolo accresciuto dello Stato è inevitabile: pensate solo alle conseguenze sull’occupazione” della pandemia, ha argomentato Gentiloni alla luce dei dati diffusi oggi da Eurostat, in base ai quali nel secondo trimestre il pil dell’area euro è sceso dell’11,8% e gli occupati sono calati del 2,9% rispetto al primo e del 3,1% rispetto al secondo trimestre del 2019: è il maggior calo dal 1995. Numeri che “mostrano quanto forte è l’impatto, malgrado gli sforzi fatti da tutti gli Stati membri e malgrado il programma Sure” a sostegno degli schemi nazionali per la cassa integrazione. Ma un maggiore intervento dello Stato non è solo necessario: “E’ anche desiderabile, se vogliamo riorientare l’economia europea verso la transizione verde e quella digitale”. Che, come è noto, sono le priorità indicate dall’esecutivo Ue e le linee guida su cui dovranno essere costruiti i piani nazionali per la ripresa, da presentare per avere accesso alle risorse del Recovery fund.

 

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