





di VITTORIO PIO
Quando lo stadio Ceravolo festeggiava la prima vittoria dei giallorossi in questo campionato, dall'altra parte della città, Alice era già al quinto pezzo di un concerto emozionante e generoso, che resterà a lungo impresso nella memoria dei presenti. Ma prima di andare nello specifico di queste cosiddette “Master Songs”, è opportuno porre l’accento sulla presenza in cabina di regia audio di Pino “Pinaxa”Pischetola, che ha fatto risuonare questa musica così emozionante all’interno del Politeama, con degli esiti a dir poco sensazionali. L’ingegnere del suono da sempre dietro le produzioni della cantante forlivese, è stato anche il braccio tecnico operativo per tutta la carriera di Franco Battiato, di cui ha poi ricordato con piacere nel backstage, il felice concerto che il padre putativo dei cantautori italiani tenne sempre nel salotto cittadino dieci anni fa e ancora nell’ambito del Festival d’Autunno diretto da Antonietta Santacroce. Quando si hanno le spalle ben coperte e con le stimmate della fuoriclasse che devono essere ascritte alla cantante forlivese, allora la serata parte già con altissime probabilità di successo. E così è stato.
Alla bella età di 71 anni (splendidamente portati), Alice canta meglio che mai, con una perfetta dizione e intonazione, come la discografia seria pretendeva quando si lavorava con passione e mestiere, non consentendo ad alcun fenomeno da baraccone di entrare in questo ambiente. Oggi che non ha più niente da dimostrare in quanto a classe e bravura, si può più che mai permettere di scegliere un repertorio che si adatta a questa sua felicissima vena espressiva, con alcune belle sorprese come “Atlantide” di Francesco De Gregori, prese in prestito da repertori che affronta per la prima volta o che invece conosce a memoria. E così si sono ascoltate con piacere alcune gemme firmate da Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini, Ivano Fossati, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini, di cui ha ripreso “La Recessione”, più che mai attuale, oppure nell’intensa retrospettiva concessa al repertorio di Franco Battiato, di cui Alice resta l’interprete prediletta e definitiva. “Dall’inizio della nostra collaborazione-ha ribadito- ho sempre sentito il piacere di cantare le sue canzoni, anche tenendo conto delle mie possibilità ”. L'affinità tra i due artisti è sempre è sempre stata palpabile, specie quando erano insieme sul palco, dove lo scambio di energie e vibrazioni risultava contagioso ed inebriante.
Adesso che l’insuperabile Maestro siciliano si è congedato dalla sua dimensione terrena, la cantante continua con efficacia a sottolineare l'eloquio della sua creativa genialità: prendiamo 'Veleni,' l’ultimo sprezzante manifesto pensato specificamente per lei, oppure la liturgia di “E ti vengo a cercare”– ancora più solenne rispetto alla potente versione offerta dallo stesso Battiato, poco prima della sua dipartita. “Le canzoni sono state scelte-sottolinea ancora- con un senso di aderenza totale alla sua arte. Per sentirlo ancora presente fra noi, ma è stato anche un modo per conoscerlo ancora di più, trovando nuove sfumature per quelle parole cosi levigate ed efficaci. Mi rendo conto che le persone hanno bisogno di essere nutrite con il bello ,forse perchè sono schiacciate dalla bruttura. Tutto il dolore di questo mondo deriva dall’egoismo e dall’individualità sfrenata, tutta la gioia di questo mondo deriva invece dal desiderio di gioia per gli altri”. E allora Il piano di Carlo Guaitoli (sempre ineccepibile accompagnamento insieme alla violoncellista Chiara Trentin e al chitarrista Antonello D’Urso), ha fatto da contrappunto in riadattamenti di brani mandati a memoria, come la sempre emozionantissima “Prospettiva Nevski”, e ancora “I Treni di Tozeur” “Per Elisa”, che invece segnò l’inizio della loro collaborazione a Sanremo, “Il vento caldo dell’estate” e “Chanson Egocentrique”, con risultati di gradimento e coinvolgimento assoluti: Alice le ha riprese magistralmente in un discorso poetico di straordinaria intensità e coerenza, che ha tenuto inchiodati tutti i presenti, quasi in apnea. Il suo canto è stato chiaro e sobrio, con una complessiva e rapinosa grazia, una dizione perentoriamente delicata e un tocco di lirismo propriamente mediterraneo. Che (inebriante) bellezza.
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